Era una mattina di marzo di qualche anno fà, come oggi, ma non ero a Trento. Ero nella mia bellissima e calda Palermo e la primavera aveva fatto capolino ormai da settimane. Si sa, da noi il sole riscalda anche a dicembre. Ero andata ai Cantieri Culturali della Zisa con la mia classe del liceo per l'inizio della "settimana di studi danteschi". Partecipavamo con un piccolo spettacolo e fu vicino al capannone Spazio Zero che notai un caos in via di ristrutturazione. Un caos come quelli che incontri spesso per la città ma qualcosa non quadrava. In tutto quello spazio diroccato c'era solo un piccolo operaio del Comune che lavorava. Ecco la stranezza, qualcuno lavorava. L'unico: gli altri erano tutti fuori a fumare.
Quell'anziano operaio si era piazzato proprio al centro dello spazio vicino al capannone. Aveva disposto due cavalletti ad una precisa distanza l'uno dall'altro, e su di essi aveva sistemato una sottilissima bacchetta di legno. Sarà stata lunga non più di una settantina di centimetri e l'operaio la stava dipingendo di rosso con estrema accuratezza.
Intorno a lui il caos era indescrivibile, ma l'operaio stava svolgendo il suo compito con estrema pazienza. Una pazienza zen, pensai. Mentre i suoi colleghi perdevano tempo tra una sigaretta ed un caffè, lui era rimasto al suo posto. Lavorava. Gli avevano dato un compito limitato e lui voleva svolgerlo nella maniera più coscienziosa possibile, indifferente rispetto al caos che lo circondava e sempre più concentrato ad ogni pennellata.
Così, quasi per premiarlo della sua abnegazione, gli chiesi: mi scusi, ma questa asticella dove andrà messa?
In mezzo a quel caos, la bacchetta di legno sembrava l'ultimo pensiero di cui occuparsi, una attività fin troppo prematura.
Lui rispose con un sorriso: no, questa è per casa mia.
hehe... prima di giudicare (anche in bene), bisogna sempre sapere la storia fino in fondo... ;) hehe
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