lunedì 27 gennaio 2014

...come Senofonte

Non voglio peccare di insensibilità in questo giorno che in molti oggi commemorano e non me ne vogliano coloro che in modo diretto o indiretto hanno conosciuto la tragicità che oggi si ricorda e l'eredità che essa ci ha lasciati, ma proprio perchè bisogna darsi un'occasione per riflettere, non penso di banalizzare alcun dolore se aggiungo una mia personale osservazione.
Oggi si rammenta l'olocausto più 'famoso' della storia, ma nel pieno della nostra vita edonistica, ostentata e tecnologica, ci pensate mai alle scatole nere che rappresentano i laboratori di ricerca biomedica, gli allevamenti e i macelli? Ci pensate mai agli esseri viventi che in essi vengono torturati, annichiliti e sterminati con atti di violenza da cui qualunque essere senziente dovrebbe essere protetto?
Come i bravi cittadini tedeschi di allora, abbiamo le idee chiare su cosa accade in queste Auschwitz e Buchenwald di oggi ma non vogliamo saperne nulla.
E mi permetto di ripetere ancora una volta che non voglio banalizzare il dolore di nessuno, quello di ebrei, disabili, omosessuali, zingari e dissidenti, così come quello di coloro che ancora oggi vengono annientati in molte parti del mondo. Una tra tante la vicina Siria, per fare un esempio.
Oggi tuttavia sappiamo per certo, per quanto istintivamente lo abbiamo sempre saputo, che gli animali possono soffrire esattamente come gli esseri umani, che le loro emozioni e la loro sensibilità sono spesso più forti di quelle umane, che capiscono, riflettono, memorizzano, eleborano schemi di azioni. Insomma non sono solo impulso e mero istinto come molti vorrebbero far credere. Da immemore tempo diversi filosofi e capi religiosi hanno cercato di convincere i loro discepoli e seguaci che gli animali non sono altro che macchine senz'anima, senza sentimenti eppure chiunque abbia vissuto con un animale - sia esso un cane, un uccello o persino un topo - sa che questa teoria è una sfacciata menzogna, inventata solo per giustificare quanto di eticamente ed esteticamente osceno rappresenti prendere un animale senziente, colpirlo alla testa, ucciderlo col gas, sottoporlo a elettroshock, tagliarlo a pezzi o ricavarne da esso borse e pellicce.
Se uno stesso Talmud ebraico recita che chi salva una vita salva il mondo intero, io direi che il bisogno di condotte virtuose è ormai divenuto più che urgente. E a chi penserà che non c'è ragione, non c'è linguaggio in chi al posto delle mani ha un paio di zampe, o due branchie, un paio d'ali o infine ancora due speroncini, rispondo che la questione fondamentale, alla fine del giro di giostra, non è se possono parlare, comprendere o ragionare, ma semplicemente se possono soffrire.

Isaac Bashevis Singer, ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, ha scritto:
"Ciò che i Nazisti hanno fatto agli Ebrei, gli umani lo stanno facendo agli animali. Tra uccidere animali e creare camere a gas come Hitler o campi di concentramento come Stalin, il passo è assai breve. [...] Non vi sarà giustizia fin quando l'uomo reggerà un coltello o una pistola e li userà per distruggere coloro che sono più deboli di lui."

lunedì 13 gennaio 2014

"The Butler. Un maggiordomo alla casa bianca" - tanto buonismo?

Terzapagina. "The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca". La recensione


Un cast stellare carico di volti noti e una storia interessante non sono abbastanza per fare un film straordinario. Uscendo dalla sala dopo aver assistito a "The Butler" la sensazione immediata è esattamente questa, perchè per quanto gradevole possa essere la pellicola e arricchita da una serie di interpreti importanti come Forest Whitaker, Oprah Winfrey o Cuba Gooding Jr., alla fine appare un’operazione americana riuscita solo a metà. Avendo come obiettivo quello di realizzare una meglio gioventù tutta in nero, il risultato poteva essere senza dubbio migliore, magari raccontando entrambi i punti di vista, anzichè limitarsi a narrare attraverso gli occhi della sola comunità afroamericana finendo così per peccare di eccessivo buonismo e, cosa tutt'altro che sorprendente, d'esaltazione per il messagio obamiano e del sogno americano.
A partire dal 1927 fino al 2008, i fatti raccontati si snodano dalla schiavitù, passando per l'arrivo della libertà con tutta la violenza che ne consegue, ma del variegato mondo del movimento per i diritti civili, degli scontri fra non violenti e pantere nere, della componente marxista, della dura scelta di King nello schierarsi contro il Vietnam, dei dissidi fra chi voleva solo un posto nella società e chi invece voleva costruire una società diversa, in questo romanzo popolare da fiction televisiva resta ben poco. Il film infatti finisce per appiattirsi in un aspetto tutto privato del conflitto, condannando la sovversione e rimarcando, attraverso il rapporto fra un padre orgoglioso e un figlio ribelle, che negli Stati Uniti, alla fine, il bene prima o poi trionfa sempre, tanto da diventare detentori di un sistema esportabile perfino nel lontano Sud Africa.
Attraverso il percorso di Cecil, maggiordomo alla casa bianca per ben sette amministrazioni, le cui figure presidenziali sono solo abbozzate e spesso ritratte in aspetti addirittura caricaturali come per Johnson che detta la propria politica seduto su un water, non s’intravede un’accusa forte all’America e alle sue contraddizioni. Appare lampante che il regista non abbia voluto infierire, riproducendo senza dubbio un quadro apprezzabile, ma sminuito ad una presa di coscienza tutta personale senza una critica severa, e seria, al paese e alle sue guide politiche.
Insomma, a mio avviso, nonostante la gradevolezza, nonostante la bravura, lo spessore e il fascino dei co-protagonisti Whitaker e Winfrey, l'emozione che ne viene fuori risulta piuttosto azzerata nella contraddizione di un paese spesso democratico solo nelle intenzioni. Mi sento di dire che sicuramente in buona sostanza risulti un buon film, al quale probabilmente varranno nomination e premi, ma allo stesso tempo un film senza coraggio. E spesso è il coraggio a fare la differenza.