lunedì 5 dicembre 2011

QUALCUNO BATTA IL RIGORE, PERFAVORE!

(Da un articolo di Repubblica)
I tifosi di calcio conoscono bene il sentimento di quando la tua squadra sta vincendo e gli attaccanti cominciano a sbagliare gol a ripetizione. Gli avversari sono imbambolati, e quelli continuano a prendere pali e sciupare occasioni. Sulla carta stanno ancora vincendo, ma di fronte a tanti sprechi una specie di inquietudine si impadronisce del cuore di ogni tifoso. Esiste una regola non scritta che va sotto la definizione di “Gol sbagliato - gol subito”. Una specie di nemesi calcistica che quasi sempre colpisce gli sprechi rivoltando la frittata di un risultato che sembrava acquisito. Il tifoso sa che per qualche misterioso motivo questa regola trova rarissime eccezioni. Perciò trema.
Ecco. In questo stato d’animo si trova l’elettore palermitano di centrosinistra. Di qualsiasi centrosinistra compreso fra Italia dei Valori e la buonanima di Rifondazione Comunista: alla base le sfumature sono labili, si colgono solo nel chiuso delle segreterie di ciascun partito. L’elettore-tifoso vede la sua squadra in vantaggio ma pericolosamente propensa a sbagliare gol a porta vuota e a litigare per ogni passaggio sbagliato.
Arriva poi il momento in cui l’arbitro fischia un rigore a favore, e visto l’andazzo a quel punto ti viene una specie di ridarella isterico-scaramantica. Vorresti sembrare spiritoso, ma è una ridarella che confina col panico. Tu, tifoso del Centrosinistra, capisci che la vittoria è a portata di mano, ma anche che i ragazzi in campo stanno facendo ogni sforzo per incasinare tutto. Non sanno decidere chi deve tirare il rigore. L’allenatore sarà stato espulso, o si è addormentato sulla panchina: insomma, c’è poco da fare affidamento su di lui. E il caos prevale.
La lettura dei quotidiani locali in queste settimane è un calvario che somiglia al replay reiterato di ogni occasione perduta. Ti fanno rivedere al rallentatore gli attaccanti che litigano per chi deve tirare il rigore. C’è pure il fermo-immagine di ogni singola mandata affanculo, e tu capisci che anche quel rigore è destinato a finire alto sulla traversa, perché l’eccesso di litigiosità porta al disastro.
Cercare di tenersi aggiornati è una specie di condanna. Se si salta la lettura dei quotidiani per un giorno, poi non si capisce più niente. Dopo un breve viaggio, per dire, non sei più in grado di districare le ragioni e i torti di ciascuno, le appartenenze e i veti incrociati. Si legge e non si capisce. E il fatto di non capire non rappresenta un’attenuante al panico incipiente. Tu sai che al primo contropiede gli avversari sono capacissimi di farti il golletto che serve a pareggiare e poi vincere ai tempi supplementari.
Nell’animo del tifoso non conta più chi tirerà il rigore. Tu avresti la tua preferenza, ma a questo punto non importa: vorresti che tirasse chiunque, purché subito. E con l’appoggio morale di tutta la squadra. Facciano le primarie, o una conta più sbrigativa, tipo Ambarabàcicìcocò o PassaPaperino. Ma smettano di dare questo spettacolo indecente e menagramo. Smettano subito.
Quelli invece continuano a litigare, e nessuno ricorda più perché hanno cominciato. Se anche se lo ricordassero, ai tifosi non importa. Nemmeno vogliono sapere più chi è per le primarie e chi no, per quali differenti motivazioni. Sanno solo che vedono sfumare giorno dopo giorno il vantaggio, logorato da rivendicazioni di bottega o addirittura bassamente personali. Viene voglia di andare via dallo stadio o spegnere la tv per non dover più soffrire.
Di fronte al moltiplicarsi delle faide interne alla squadra del Centrosinistra il disamore dei tifosi rischia di prevalere. Se davvero fosse una partita di calcio basterebbe voltarsi dall’altra parte in funzione d’esorcismo, non guardare, e dall’urlo della folla capire se il rigore è finito in rete o no.
E qui si ferma l’allegoria. Perché in una competizione politica il rigore viene tirato da un singolo, ma sempre con il conforto dei compagni di squadra e dei tifosi. Se ci voltiamo tutti dall’altra parte, il rigore finisce alto di sicuro. C’è bisogno dell’entusiasmo di tutti e di ciascuno, per vincere ogni elezione: e questa in particolare. Panico e disamore fra i tifosi sono un lusso infondato e un rischio che non possiamo permetterci di correre.

La natura è violenza, caos, incesto.

Dacia Maraini: "Il Papa sostiene, con ostinato candore, che si deve difendere la famiglia naturale. Ma cosa intende per natura, viene da chiedere. Ogni normativa sociale, se guardiamo bene, va contro natura. Nel mondo naturale il più grosso mangia il più piccolo, il più robusto schiavizza il più debole, le madri si accoppiano con i figli, i padri con le figlie, i fratelli con le sorelle. In natura non esiste morale, se per morale intendiamo prescrizioni che gli uomini si scelgono per vivere nello stesso Paese, nella stessa città, nella stessa casa, senza scannarsi a vicenda. Proprio per difendere la famiglia artificiale creata dall' uomo, sono state stabilite discipline che impediscono il vivere selvaggio del nucleo originale: l'incesto per esempio, presente in tutte le specie, anche nell'uomo, addirittura ammesso in certe circostanze storiche – vedi gli antichi egiziani – è stato proibito, come racconta bene Malinowski, per permettere alle prime tribù di espandersi, andare a cercare altre tribù, intrecciare rapporti e quindi aprire scambi di idee, di conoscenze, di esperienze."

sabato 12 novembre 2011

Ai posteri l'ardua sentenza

Capisco che la fine di un ventennio carico di conflitti d'interesse, malaffare e malgoverno, metta il sorriso e lasci aperta la porta a nuove aspettative per il futuro, ma addirittura festeggiare come fosse morto il peggiore dei dittatori, scusate, mi pare fuori luogo oltre che completamente inopportuno. Quel che invece mi assale è un senso di completo svuotamento. Con le dimissioni di Berlusconi, sarà anche finita l'epoca delle leggi ad personam e dei mitologici lodi, tuttavia i problemi di questo paese non vengono affatto spazzati via. E di certo all'orizzonte, non c'è nessuna promessa di un chicchessia valido per superare un momento così tragico nel migliore dei modi. Quindi, perdonatemi, ma mi avvalgo della libertà di rimane scettica e dubbiosa. Fino a nuove elezioni, il parlamento "simil-democratico" (per usare un eufemismo) che rappresenta il popolo italiano è ben lungi dal corrispondergli quanto ad esigenze e necessità. Mi ripeto che forse, per prenderla positivamente, dovrei godere di più delle piccole cose. Che insieme al Cavaliere, andranno via ministri e sottoministri, e che ad esempio l'istruzione non sarà più nelle mani della Gelmini. 
Ciononostante, non riesco a non domandarmi come mai di fronte ad una tale vicenda, che rende gli animi, da un lato accesi, dall'altro vibranti di perplessità, una parte pressi per elezioni subito e l’altra per un governo di transizione, e soprattutto che per elezioni subito pressi lo schieramento dato dai sondaggi in caduta libera. E viceversa: per un governo tecnico si schieri invece quel Centrosinistra che, se si votasse oggi, vincerebbe di sicuro.
Non è solo una differente percezione del senso dello Stato, di fronte a un clima finanziario da caduta libera.
Il gioco è anche un altro. Si tratta di stabilire quale governo dovrà gestire le operazioni elettorali. Le operazioni di spoglio, in particolare.
Ricordiamoci quel che successe al Viminale la notte dell’ultima vittoria di Prodi, quando a un certo punto sembrò che i risultati dovessero essere clamorosamente ribaltati.
Ricordiamoci che da quattro anni a Palermo governa un sindaco che non è esagerato definire abusivo, alla luce di comprovati brogli e compravendite di voti.
Cosa aspettare e in cosa sperare allora? Ai posteri l'ardua sentenza...

martedì 8 novembre 2011

Le invisibili morti dell'alluvione

Questi giorni sono stati terribili per tutti quelli colpiti dall’alluvione.
Immagini strazianti di distruzione e morte sono circolate nel web e nella televisione. Tante persone hanno perso tutto, una vita intera di ricordi, i propri cari e anche i propri animali.
E proprio di questi ultimi vi vorrei parlare.
L’informazione che circola online o attraverso la scatola sonora è sempre la stessa, ma difficilmente si parla di animali, di quante vittime ci siano state e di come anche i rifugi-oasi siano stati colpiti dai disastri provocati dall’alluvione.
Gli animali, i nostri compagni di vita, anche nell’informazione sono messi in secondo piano.
Pochi parlano di quanti animali abbiano perso la vita annegati, schiacciati dalle macerie, accanto al loro padrone…
Ascoltando le notizie di questi giorni, il mio primo pensiero è stato: “Chi sa quanti animali saranno morti”…
Ho cercato di pensare a come potrei sentirmi io se qui dove viviamo fossimo colpiti dall’alluvione e Bennie, il mio coniglietto o Luna, la nostra cagnolina, restassero intrappolati o vittime dell’acqua.
Partendo dal fatto che non dovrei pensare alll’impensabile, ma se tutto ciò dovesse capitare, io sarei distrutta dal dolore, perchè ormai sono della famiglia, saremmo distrutti dal dolore.
Anche gli animali sono vittime di questa alluvione, di questo “sfogo” della natura, chi sa quanti hanno perso la vita o stanno lottando per sopravvivere.
Pensate ai canili, alle oasi e  ai rifugi colpiti nei dintorni di Genova, pensate a tutti gli animali annegati o rimasti intrappolati e morti in un modo orrendo…
Alle vittime invisibili di questa alluvione…
Ricordare per non dimenticare, gli animali sono coloro che regalano gioia, allegria, sorrisi incondizionati.
Un grazie a tutte le persone intervenute per aiutare gli animali non umani in difficoltà.

lunedì 19 settembre 2011

Cerca alla voce: Amore

L’amore è dare, è la forza sconvolgente e insieme liberatoria di rompere le relazioni di interesse che condizionano la nostra vita.
Barthes definisce l'amore come "Dispendio", una figura mediante la quale il soggetto amoroso mira e al contempo esita a situare l’amore in un’economia di puro dispendio, di perdita “per niente”.
Sarà forse vero?? L'amore non è forse passione e coraggio di realizzare se stessi in qualcun'altro?? O bisogna forse “tornare alla realtà” e ammettere che l'amore è intollerabile?? Che distrutte l'individualismo per ragioni che nulla hanno a che vedere col cuore?? Di una cosa però si può essere certi: l’amore spesso non ha happy ending, spesso non ha fine, altre volte invece ha vita molto breve. Non è assoluto. E nemmeno eterno. Non c’è solo tra uomo e donna. Ed esprime la sua massima potenza in camera da letto...
L'amore è energia di vita quando va tutto bene, quando "dopo" si rimane abbracciati a chiaccherare del più e del meno, di quanto ci si ami e quanto si è soddisfatti della prestazione avvenuta in camera da letto, al punto da andare in giro felici e contenti e raccontare che abbiamo una relazione che ci rende completi e blablabla.
Ma quando invece le cose non vanno?? Non si è mai preparati e nessuno ti dice cosa devi fare per evitare che la situazione precipiti nell'abisso...per evitare quell'imbarazzo che pensi: "sarebbe meglio se mi inghiottisero le molle del materasso!".
E ahimè, tante donne lamentano una tale mancanza. Anzi è stato proprio parlando con alcune delle mie amiche che ho realizzato che forse tacere e incassare non serve. Prendiamo coscienza.
Se, infatti, come abbiamo detto in uno dei post precedenti, esiste una predisposizione genetica dell'uomo e della donna verso un certo modo di relazione, allora bisogna ammettere che esiste senza dubbio una certa costanza nelle problematiche del materasso, sia esso di ultima generazione con fibre in lattice o da rottamare con le sue molle ormai pezzo d'antiquariato.

Vi regalo quindi una rapida spiegazione di quello che viene poi gentilmente tradotto dalle donne, con un: "Oddio!! La prossima volta piuttosto mi arrangio da sola!!!"

1- Il tirocinante:
E' quando l'altro non fa altro che parlare. E' un continuo chiedere. Domandare. Richiedere. Ridomandare. Che dopo un po' si perde anche l'ispirazione e tutti i momenti del caso.
"Ti va bene così?" "Tutto bene?" "Ti piace?" "Ti stai divertendo?" "Come ti senti?" "Vuoi la musica?" "Vuoi da bere?" "Stai bene hai detto vero?" "Dove hai messo i preservativi?" "Ma prendi anche la pillola?" "Hai chiuso la porta?" "Hai caldo?"
E lei: se parli ancora giuro che chiamo un esorcista!!

2-L'archisesso
L'archisesso è maniaco dei centimetri, delle posizioni, degli angoli che devono fare le sue gambe con le tue, della posizione del cuscino sotto la sua testa, dell'angolazione astrale delle stelle in quel preciso momento che quindi porta ad usare una posizione stabilita.
E' tutto un prenderti e ribaltarti e "No, no, così no. Più a destra, più a sinistra, non va bene così, ascolta me devi fare così. FIDATI." Perché loro sono architetti del sesso, e ne sanno a pacchi di centimetri, posizioni e angoli, ma di sesso?? Non ne sanno niente.

3- Il quattro di bastoni.
E' l'uomo immobile. Quello che non fiata. Non parla. Non lo senti. Quello che per attirare la sua attenzione anche in un momento topico come quello del sesso devi simulare un malfunzionamento alla "navicella spaziale": Houston, abbiamo un problema!!! Uno dei motori, il tuo, perde potenza!!!
Sarà il caso di controllargli il polso??

4-Il dosatore smisurato.
E' quello fissato con le proporzioni e le prestazioni del suo oggetto preziosissimo.
Siamo lí insieme e lui si loda e descrive le sue caratteristiche come stessimo parlando di un Bordeaux del 1900. Tutte le donne con lui sono state benissimo. Tutte le donne lo trovano irresistibile. Tutte le donne gli hanno detto che è un master delle evoluzioni in camera da letto. Tutte le donne hanno detto che nemmeno le pile Duracell durano così tanto. Tutte le donne hanno decantato le dimensioni del suo oggetto.
Peccato sia dotato di un fagiolino. E che il fagiolino si sa, scuoce rapidamente. :D

5-L'uomo staffetta.
Egli non si basa sulla durata della prestazione, ma sui movimenti che somigliano più a quelli di un coniglietto in preda ad un attacco ormonale insaziabile. O a quelli di un poveraccio in preda ad un attacco epilettico. O quelli di uno che ha appena preso una scossa elettrica.
E no: non c'è un pulsante per spegnerlo.

6-Il cavaliere di bronzo:
E' colui che si fa pregare. Una volta sí, due sono troppe, tre, c'hai una malattia e devi andare a farti disintossicare. Una volta la mattina e poi niente fino al prossimo giovedì sera alle 23.43 minuti.
Mente: dice che non ha preservativi. Invece ce li ha. Oppure, cosa anche peggiore, vi dice:  "VUOI FARLO ANCORA? Ma se l'abbiamo fatto anche ieri sera!"

7- L'egoista catalettico.
Categoria merdosa. Pensa solo a se stesso. Pensa solo al raggiungimento di voi tutte sapete cosa. Ma solo da parte sua. Che gliene frega a lui se voi vi state divertendo quanto a farvi otturare una carie? Niente.
Raggiunto il suo scopo, cade pure addormentato.
E lui dorme beato, mentre tu gli auguri che le dita dei piedi possano diventargli palmate.

8-Il naturalista.
E' quello contrario ad ogni tipo di precauzione. Il preservativo é il suo peggior nemico: non gli piace, non sente niente, gli fa schifo orrore e ribrezzo, rovina tutto, e poi tanto lui sa quand'é il momento giusto, e poi, soprattutto a cosa serve? Crea stupide irritazioni: sicura di non essere allergica al lattice??
Sicurissima! Come sono sicura di essere allergica a 9 mesi di gestazione causati da un demosciato di tal specie!! Per non parlare delle rarissime forme di demenza sessualmente trasmissibili!

Dormire soli e tranquilli, senza nessuno che vi metta una mano sul culo mentre dormite pacifici e contenti non vi sembra più così triste e deprimente, non è vero?? Già perchè piuttosto che stare con uno di questi, rivalutiamo un sacco l'astinenza o il famoso, e lungimirante, brocardo "chi fà da sè, fà per tre!"

mercoledì 14 settembre 2011

(cit.)

José Saramago, La caverna

Lì rimasero per più di due ore il cane e il suo padrone, ciascuno con i propri pensieri ormai senza lacrime piante dall’uno e asciugate dall’altro, chissà, forse in attesa che la rotazione del mondo rimettesse tutte le cose ai loro posti, senza dimenticarne qualcuna che fino ad ora non è ancora riuscita a trovare il proprio. 

José Saramago, La caverna

Si dice che ogni persona è un'isola, e non è vero. Ogni persona è un silenzio, questo sì, un silenzio, ciascuna con il proprio silenzio, ciascuna con il silenzio che è. 

 

sabato 10 settembre 2011

SIAMO LAGOMORFI E ABBIAMO DIRITTO AL VOLO!!!

So bene che i conigli non sono animali domestici "convenzionali" ma la loro presenza nelle case del mondo è in continua espansione...è il terzo animale domestico dopo il cane ed il gatto, e a dispetto di quello che molti pensano è un mammifero molto intelligente e affettuoso.
Con la petizione che voglio sottoporvi mi sono posta l'obiettivo (come padroncina di un tenero cucciolo di ariete nano e come amante degli animali in genere) di diffondere la notizia circa la difficoltà che i possessori di questi teneri amici dalle orecchie lunghe incontrano frequentemente quando si accingono a viaggiare.
Ci vantiamo di essere un paese civile che promuove l'amore e il rispetto per gli animali, promuoviamo campagne contro l'abbandono e campagne per la valorizzazione dei gruppi di volontariato che curano l'esistenza di molti piccoli tesori a quattro, tre o due zampe e poi però ci scontriamo contro la superficialità di molti privati e aziende.
Da circa un anno, mi sono trovata a dover accudire un coniglietto e con lui a viaggiare soprattutto in aereo e puntualmente ogni volta che devo prenotare il biglietto o devo fare check-in, succede sempre qualcosa che mi fa maledire il giorno in cui "Termini e condizioni di viaggio" sono state posti.
Perchè?? Perchè esiste l'errata convinzione che i conigli siano roditori e che quindi come tali non sia permesso loro l'accesso su aeromobili e compagnia seguitando...eppure però quando si tratta poi di pagare, mi viene detto che un'autorizzazione può essere concessa purchè si chiami preventivamente il call center della compagnia spendendo quindi non solo il costo del biglietto mio e dell'animale ma anche dalle 10 alle 20 euro ogni volta per la telefonata "d'autorizzazione".
Sono convinta però che ogni animale ha il diritto di viaggiare con il proprio padrone e non DEVE subire alcuna limitazione fintanto che rispetti le norme igienicosanitarie e di vaccinazione che lo rendono un animale SANO e NON PERICOLOSO per l'integrità fisica altrui.
Pertanto con questa petizione vorrei diffondere il messaggio che bisogna smetterla di accettare finti compromessi che nuocciono all'integrazione sociale dei nostri piccoli amici e che fomentano discriminazioni insensate ed irrazionali.
I CONIGLI NON SONO RODITORI. I CONIGLI SONO LAGOMORFI.
Inoltre in quanto animali d'affezione hanno pieno diritto come i cani e i gatti, a viaggiare insieme ai loro padroni, purchè ovviamente in regola con tutte le vaccinazioni.Facciamoci portavoce di una evoluzione in tal senso: chiediamo che gli ostacoli che continuamente si presentano vengano superati in via definitiva, perchè se è vero che chi trova un amico-cucciolo trova un tesoro, quello stesso cucciolo (di cane, gatto o coniglio che sia) per il trasporto PAGA comunque UNA QUOTA non indifferente!!!
http://www.firmiamo.it/siamo-lagomorfi-e-abbiamo-diritto-al-volo--

giovedì 8 settembre 2011

Facebook e il cordoglio generazionale.

E' ormai palese e lampante a tutti che la morte di un personaggio famoso non si attende più ma al contrario si annuncia. Lo abbiamo visto con Mike Bongiorno e Michael Jackson e purtroppo per noi la tendenza continua a dilagare imperterrita poichè in molti ne stanno facendo il loro mestiere primario.
Appena svegli alla mattina, le prime notizie che leggono sul giornale carteceo o virtuale che sia, sono quelle di cronaca nera, giusto per capire se possono essere i primi a dare la notizia agli amici con cui ormai condividono tutto, forse anche troppo. Molti infatti utilizzano il mezzo "sociale" per comunicare anche quante volte hanno mangiato o bevuto durante il giorno. Così, per sport, perchè - ti dicono - condividere è bello.
Sembra quasi che siano diventati i becchini di facebook. 
Ovviamente come in tutte le tendenze che prendono piede, c'è sempre quello che non può essere "pecora" ma "pastore", per cui al comportamento generalizzato di condividere la notizia, sostituiscono un comportamento più empatico. O csì essi credono, perchè immaginano che non limitandosi a dare la notizia, ma aggiungendo anche aneddoti o commenti personali o racconti di vita, possano "fare la differenza" e distinguersi dalla massa.
Ora quello che a me preme di più sottolineare è come tutti credano che solo scrivendo quanto siano commossi possano davvero comunicare come se quella perdita avesse bisogno di lotte intestine a colpi di status per materializzare tutto il dolore comune. Quello che non comprendono è che invece il risultato è un vero e proprio abuso di sentimenti, in modo del tutto sconclusionato, ingiustificato e soprattutto inopportuno.
In quei giorni frequentare facebook è una vera tortura perchè il rischio più evidente è il collasso nervoso di chi, mero lettore, è tartassato da frasi fatte, pagine inventate per l'occasione, video in cui il personaggio è protagonista, insomma qualunque cosa possa trascinare per settimane l'ondata emotiva.  Insomma sembra quasi che nessuno sia più capace di addolorarsi senza sentire l'urgenza di condividere. Per sentirsi parte del gioco "sociale" deve dimostrarsi il più addolorato tra tutti o al contrario dimostrarsi completamente indifferente al gioco delle parti.
Perchè è ovvio che se da un lato c'è chi non può fare a meno di seguire il "fingere comune" in merito alla morte recente, c'è anche chi invece non può fare a meno di prendere le distanze dall' utente addolorato o dall' utente di massa imponendosi come decisamente polemico e altezzoso. 
Ricordo che alla morte di Amy Whinehouse, un paio di mesi orsono, in molti ci tenevano per forza a sottolineare che fosse stata solo una drogata, che la sua musica fosse merda in confronto ai loro gruppi del cuore e che la famiglia "dovesse prendersi le sue responsabilità del caso", come se fosse per loro vitale prender parte alla condivisione globale ma al tempo stesso non volessero essere scambiati per i soliti utenti perbenisti che a prescindere dal soggetto in causa dimostrano solidarietà.  
Risulta pertanto evidente la deriva che si sta attuando senza nessun limite, e sono sicura che se analizzassimo più approfonditamente la questione si potrebbe addirittura costruire una vera e propria tassonomia della becchineria collettiva.

lunedì 29 agosto 2011

EmoAnimal: il regno animale del sangue!


E' stata durante una conversazione in famiglia, una di quelle che si fanno d'estate in veranda mentre si prende il fresco, che giunti (non chiedetemi come) a parlare di nascite, trasfusioni e gruppi sanguigni mi è venuto spontaneo chiedere se anche i nostri amici a quattro zampe hanno come noi il problema o la fortuna di essere donatori o ricevitori universali nelle emotrasfusioni.
E' una domanda che non mi sono mai posta e che invece ho realizzato essere di fondamentale importanza. Ho pensato: "E se i miei due cucciolotti ne avessero bisogno?? Un sangue varrebbe l'altro o servirebbe esattamente sapere a quale gruppo sanguigno appartengono??"
Così a fine giornata, ieri sera, mi sono messa al pc per qualche ricerca e ho scoperto che la natura non perde occasione per sorprenderci e che a noi poveri umani non resta che osservarla con rispetto e reverenza.
E' bene ripassare intanto un po' di biologia umana: i gruppi sanguigni sono determinati dalla presenza di antigeni specifici sulla superficie dei globuli rossi. La determinazione del gruppo sanguigno è un elemento indispensabile prima di procedere a una trasfusione di sangue.
Chi ha un particolare gruppo sanguigno, infatti, può ricevere trasfusioni solo da chi presenta un gruppo sanguigno compatibile.
L'evidenza che l'uomo non potesse donare sangue a chiunque o riceverlo da chiunque risale all'inizio del XX secolo, quando alcuni medici osservarono che molto spesso l'esito negativo di trasfusioni dipendeva dall'incompatibilità dei gruppi sanguigni tra ricevente e donatore. Più precisamente, fu il patologo austriaco Karl Landsteiner nel 1901 a classificare per la prima volta i gruppi sanguigni dell'uomo, scoprendo inoltre che la loro determinazione dipendeva da fattori ereditari in base alla legge di Mendel.
I primi gruppi sanguigni identificati furono quelli del sistema AB0 (A, B, zero) che cataloga 4 gruppi diversi: il gruppo A, il gruppo B, il gruppo AB e il gruppo zero. Solo nel 1940, invece, fu scoperto il cosiddetto fattore Rh, grazie a Karl Landsteiner e a A.S. Wiener.
La scoperta avvenne dopo la trasfusione di sangue da una scimmia Macacus rhesus a un coniglio; i ricercatori osservarono che i globuli rossi del coniglio e della scimmia, invece di rimanere separati , si agglutinavano (cioè, si attaccavano l'uno all'altro). Più avanti, si scoprì che anche la maggior parte degli uomini presentano sui globuli rossi questo fattore agglutinante, che dalla razza della scimmia prese il nome di "fattore Rhesus (o Rh)"
Questi antigeni quindi non sono presenti solo nei globuli rossi umani, ma anche in quelli animali, che come noi pertanto sono più o meno emocompatibili tra loro.
A tutt'oggi è possibile conoscere la varietà ematica di molti esseri viventi.
I bovini ad esempio presentano 11 gruppi sanguigni (A, B, C, F, J, L, M, R, S, T e Z) con molteplici alleli per gruppo, i gatti presentano i gruppi A, B e AB che variano in base al luogo di provenienza dell'animale e alla razza. Tra i cavalli esistono 7 gruppi sanguigni e la frequenza della loro espressione varia in base alla razza.
I maiali presentano addirittura 15 gruppi sanguigni indicati da A a O.
Per quanto riguarda il CANE dobbiamo sapere invece che esistono almeno 12 gruppi sanguigni (denominati DEA 1.1, DEA 1.2, DEA 1.3, DEA 1.4, DEA 1.5, DEA 1.6, DEA 1.7). Il 40% dei cani però è DEA 1.1 positivo e può ricevere trasfusioni sia dal gruppo DEA 1.1 positivo sia da quello negativo. Invece i cani con gruppo DEA 1.1 negativo possono ricevere il sangue solo dallo stesso gruppo.
Negli animali esotici, come furetti e tartarughe, e nei rettili in particolare, i gruppi sanguigni sono stati poco studiati e una completa classificazione deve ancora venire. Nei conigli, finora, sono stati identificati 5 gruppi sanguigni, e si è notato che a differenza di altri mammiferi i loro globuli rossi sono NUCLATI.
Determinare il gruppo sanguigno di un soggetto è un'operazione non solo importante ma anche necessaria perchè permette di salvare la vita a chi corre il pericolo di perderla, per una malattia, per un incidente, per una qualunque eventualità. Per far ciò bisogna analizzare la presenza di proteine specifiche presenti sulla superficie dei globuli rossi, la cui comparsa è determinata da fattori genetici. Solo in questo modo si può essere quasi sicuru che il sangue che andremo a "trasfondere" sia quello compatibile.
Il problema però è che per molti animali, le classificazioni rimangono ancora incomplete e inoltre esistono poche banche del sangue ad uso veterinario, che rimangono peraltro molto costose.
Esiste ad esempio una piccola BANCA DEL SANGUE VETERINARIA per CANI e GATTI, ma, a parte il costo (una sacca di sangue canino testato da 250 ml si aggira sui 300 euro), si deve poi fare i conti con i tempi di spedizione che, nelle migliori delle ipotesi, si aggirano sulle 24-36 ore, tempo troppo lungo per essere compatibile con un’urgenza in atto, e con i tempi di conservazione. Il sangue raccolto non può essere stoccato in eterno, anzi, i tempi sono molto corti e si va dalle 8 ore (preferibili) fino a massimo 30 giorni (57 giorni circa nel coniglio), in quanto la vita media di un globulo rosso varia da animale ad animale. Nel gatto, ad esempio, è di 21 giorni e sarebbe piuttosto inutile trasfonderlo con del sangue tenuto in frigo per 20 giorni, in quanto l’effetto benefico della trasfusione sarebbe di sole 24 ore!!
Se avete dei "piccoli amici" in casa, il mio consiglio è allora quello di conoscere quanto più potete della loro fisiologia e anatomia. Perchè se è vero che chi trova un amico trova un tesoro, chi trova un amico a quattro, due o palmate zampe, ha trovato una ricchezza inestimabile!


domenica 28 agosto 2011

Una questione di mare!

Il vento vira all'improvviso: così, senza mezzi termini. Questa imprevedibilità della natura mi fa sentire piccola, umile, per così dire "al mio posto".
Viviamo in una presunzione che ci fa sfuggire di mano la giusta misura delle cose, ed invece qui, tra il verde ed il blu del mare che si lascia scompigliare dalle onde bianche e schiumose, io mi sento a casa.
Questo vento impertinente mi apre il respiro, ed è come se mi nascondesse al resto della mia vita, mostrandomene il lato migliore.
Vorrei scrivere tante cose, e forse le scriverò: in questi giorni tanti pensieri mi affollano la mente, tante riflessioni, tanta Vita.
Gli ultimi giorni di vacanza per me sono sempre difficili: una difficoltà a tornare alla vita di sempre, a lasciare l'isoletta, a ricordare che l'estate e l'inverno, qui, sono due stagioni molto diverse tra loro, e la libertà che cerco in questo fazzoletto di terra in mezzo al mare devo piuttosto costruirmela nella mia vita quotidiana.
Tante novità mi aspettano(mi ripeto): non solo una nuova stagione, ma una nuova stagione della vita.
E come sempre, la mia mente vaga alla ricerca disperata di nuove mete, nuovi piaceri da ritrovare laddove (in quella città) so che non ci saranno come qui.
E' una questione di colori: è sempre una fatica trovarne tanti nella mia vita di tutti i giorni. Qui, invece, quanti ne voglio.

E poi, è una questione di mare: qui è sempre sotto ai miei occhi, è nell'aria, è a dieci metri da me, è nel respiro, nel cibo, nelle strade.
E più cresco, più mi rendo conto che sono una donna scalza e spettinata: la vita ordinariamente ordinata fa per me solo fino ad un certo punto.

venerdì 26 agosto 2011

Oltre il senso della misura

In un film di Woody Allen a un certo punto c'era una discesa agli inferi. Il protagonista vedeva un'anima in pena, sprofondata fino al collo dentro una pozza di pece bollente e gli chiedeva: — Tu che peccato hai commesso? E il dannato rispondeva: — Io ho inventato gli infissi di alluminio anodizzato. Se così stanno le cose, che pena spetterà a chi ha inventato le fioriere pubblicitarie di Palermo? Le F.P. non sono soltanto brutte. Sono offensive. Talmente orrende da risultare iettatorie. Somigliano ad altrettanti sarcofaghi di cemento. La misura è quella di un sarcofago, l'aspetto è quello di un sarcofago. Per di più questi sarcofaghi si spostano. Spariscono da un angolo e ricompaiono all'altro della stessa piazza. A Mondello ostruiscono il paesaggio marino, ma l'indignazione non fa in tempo a sedimentarsi: il giorno dopo non ci sono più. Qualcuno li ha spostati nottetempo. Oppure la vela pubblicitaria che inalberano serve a farli andare di bolina da un marciapiede all'altro. Sarcofaghi a vela, ecco cosa sono. Questa mobilità però pone un ulteriore problema. C'è da credere che qualcuno per questi sarcofaghi pubblicitari paghi una tassa di occupazione del suolo pubblico. Almeno questo. Ma quale suolo pubblico? Per quale piazza? Per quale angolo della piazza? Bisogna credere che le ditte Alessi e Damir – che orgogliosamente li firmano, i sarcofaghi – abbiano ricevuto una licenza universale di arredare a loro piacimento le strade di questa città, riservandosi di cambiare la disposizione dei suoi sarcofaghi ogni volta che gli gira l'uzzolo. Complimenti alla ditta Alessi e a Damir, complimenti a chi gli ha concesso questa licenza di sfigurare Palermo. Speriamo che una pozza di pece bollente sia pronta ad accogliere anche loro.

martedì 23 agosto 2011

Metti un giorno nel traffico...

Navigare nel traffico palermitano è una delle esperienze più impegnative che conosco. Una di quelle che fanno crescere...già che fanno crescere ogni genere di sentimento rabbioso, anche nella persona più mite, nell'individuo più innocuo. Diventa quasi un momento catartico se affrontato con la docuta considerazione, perchè puoi liberarti di ogni frustrazione scaricandole sugli automobilisti che incappano sul tuo cammino e che ignorano, come te, gli appellativi che riceveranno lungo il tragitto. O meglio fingono di ignorare, perchè in realtà sanno bene che qui, a Palermo, nessuno passa indenne al vaglio del pubblico scorrimento anzi, mi correggo, del pubblico stagnamento.  
Qualche giorno fà, mentre commemoravo quanto appena detto, da un finestrino in lontananza sento un amabile e sensibile automobilista che amorevolmente gridava al suo vicino d'autovettura che gentilmente gli aveva tagliato la strada: "Pezzi i cuinnutu!!!". L'altro rispondeva ancora più amorevolmente: "T'avissiru a siccari i jargi biaccu!!".
Fu in quell'attimo che rimasi ancora una volta e sempre più affascinata dalla creatività lessicale che il mio popolo dimostra di possedere da secoli. Solo qui infatti ogni termine assume magiche e variopinte sfumature. E sempre in quell'attimo realizzai gli innumerevoli utilizzi che il termine Cuinnutu assume e le locuzioni cui prende parte. Eccovene una esemplificazione:
  • Coinnutu: individuo a cui sono spuntate due escrescenze ossee di forma conica sulla parte frontale del cranio causate da rescissione del contratto amoroso di una delle parti all’insaputa dell’altro. Questo epiteto viene generalmente rivolto a: datori di lavoro scassam…, arbitri ciechi, medici incompetenti, vigili urbani che prendono percentuali sulle multe fatte, automobilisti scaltri e a chiunque ti faccia un torto.
  • Va rumpiti i coinna: preambolo contenente insinuazioni sulla fedeltà del compagno altrui e successivo invito a lesionarsi da solo la prova di tale tradimento.
  • Coinna rure: persona di abilità talmente straordinarie che, nonostante sia stato invitato innumerevoli volte a lesionarsi tali escrescenze, queste gli sono rimaste intatte. 
  • Coinnutu e vastuniatu: non solo il tuo compagno/la tua compagna di vita si sta sollazzando con qualcun altro/a alla facciazza tua, ma una volta scoperti, lui/lei ti prende pure a legnate perché sei stato/a troppo assillante. 
  • Travagghiare comu un coinnutu: lavorare tanto come bestie da soma.
  • Si chiù coinnutu ri na cascia ri babbaluci, u toru in confronto a tia è tignusu: similitudini sicule verso animali dotati di corna affinché sia chiaro all’interlocutore la sua situazione amorosa, nel caso gli sia sfuggito il senso.
  • Coinnutu tu e tutta a to razza: La modificazione genetica dovuta ad un relazione amorosa flessibile unilaterale (dal lato sbagliato) si tramanda per generazioni. se tuo padre o tua madre è stato/a coinnutu/a, ci sono statisticamente maggiori possibilità che anche i figli posseggano nel proprio DNA il famoso cromosoma cornuto "Y"

lunedì 22 agosto 2011

Palermo ha la sua nuova Cala!!!



Passando dalla Cala qualche giorno fà, non ho potuto fare a meno di notare come i lavori fossero finalmente terminati (o quasi). La prima cosa che mi è saltata all’occhio gettando uno sguardo dal sedile della moto è stata l’invasione dei palermitani nei confronti di questo nuovo spazio. I cittadini dimostrano ancora una volta di avere “sete” di luoghi pubblici da vivere. Incuriosita dalla cosa, decido di fare inversione a piazza XIII vittime e torno indietro.


La prima impressione è sicuramente positiva: la nuova Cala è bella. Già questa di per sè è una cosa abbastanza anomala per una città dove i soldi pubblici vengono continuamente sperperati dall’ignavia della politica locale, offrendo solo cose brutte o incomplete (e credo che ne abbiamo avuto ulteriore testimonianza il 6 agosto dopo la consegna del parco d’Orleans). Superato il primo impatto e cominciando a passeggiare le sensazioni si fanno più intense, e si coglie veramente la potenzialità del posto.

Quella che durante i lavori non mi sembrava altro che una banale ri-pavimentazione esterna, si dimostra adesso un lavoro all’altezza, dove piccoli interventi mirati ma ben congegnati hanno letteralmente fatto rinascere uno spazio totalmente abbandonato a se stesso.

La presenza delle numerose panchine sicuramente è un fattore positivo e, mi duole dirlo, a Palermo purtroppo non è una cosa scontata (quante panchine vedete in giro?). Già il semplice fatto di potersi sedere e ammirare il porticciolo durante il tramonto è un buon motivo per recarsi sul posto.

Il verde è essenziale ma ben curato (almeno per ora). Pochi elementi decorativi, come le varie ancore sparse qua e là, ma di notevole impatto.

Qualche dubbio riguardo i dissuasori in cemento, che a parer mio sono troppo distanti tra loro e non impediranno di certo che i soliti furbetti entrino con gli scooter all’interno dello spazio pedonale. Non credo che la cosa sia casuale, dato che all’interno della struttura in legno in fase di terminazione saranno ospitati bar e altri luoghi di ritrovo; emerge quindi un primo tasto dolente.

Non ci metto molto a trovare il secondo… saltano all’occhio le prime cartacce sul prato e mi rendo conto che non ci sono cestini nei dintorni. Questa è la solita mossa stupida alla palermitana a cui purtroppo siamo abituati, in quanto dubito che la gente sia disposta a tenersi un fazzoletto in mano per ore prima di trovare un contenitore utile allo scopo. Ma dico, è così difficile prevedere la cosa a tutela dello spazio che stai costruendo?! Purtroppo, ciò che per noi è ovvio…evidentemente non lo è per tutti.

Al di là di questo, la struttura è esteticamente rilevante e si sposa bene con lo spazio che la circonda. Non ci vuole molto a capire che la Cala diventerà uno dei punti di riferimento della movida palermitana di qui a breve, grazie anche alla vicinanza di molti locali nei dintorni, e grazie soprattutto alla presenza del mare che, specialmente d’estate, crea molta atmosfera. Ho notato inoltre che vi è una scala d’accesso alla terrazza della struttura, che sicuramente garantirà una vista mozzafiato di tutto il porticciolo. Un po’ di rammarico per il fatto che ancora una volta sia stata esclusa una destinazione di questi spazi a scopi differenti da quelli commerciali. Personalmente avrei preferito spazi culturali; spero che in futuro qualche amministratore illuminato possa tenere anche solo minimamente in considerazione questa ipotesi.

In conclusione, trovo che la nuova Cala sia tutto sommato un ulteriore passo avanti verso la restituzione del mare alla città. Certo, restano ancora un bel po’ di problemi, come l’assenza di cestini, quella barriera stradale che taglia fuori il waterfront dal contesto cittadino, l’assenza di spazi ricreativi per i bambini e spazi culturali.
Un ultimo pensiero alla mentalità e senso civico dei nostri concittadini, e subito una domanda sorge spontanea: quanto durerà?
















giovedì 11 agosto 2011

Ecologici anche tra le lenzuola...

Avevate mai pensato che si può essere ecologici anche fra le lenzuola?
I comuni preservativi presenti in commercio sono in lattice, in poliuretano o altri materiali sintetici.
Il lattice normalmente usato è ottenuto dal caucciù, dunque a prima vista si potrebbe pensare che sia un prodotto naturale. In realtà durante il processo di lavorazione viene sottoposto ad una serie di interventi che prevedono l’utilizzo di additivi chimici, per cui non è più biodegradabile. Ciò vuol dire che tutti quei preservativi gettati per terra nei posti più appartati resteranno lì per centinaia di anni, contribuendo all’aumento dell’inquinamento ambientale.
Produrre preservativi ecologici potrebbe rappresentare un’ottima fonte di investimento per l’ambiente e per l’economia locale (considerate che il lattice proviene da Paesi con alti tassi di infezione da HIV).
Stamane leggevo un articolo che riportava il progetto dell'azienda brasiliana Natex’s Condoms, da anni impegnata nella produzione di preservativi in lattice di gomma naturale, ricavata direttamente dagli alberi. Questa azienda sta dando un notevole incentivo all’uso delle risorse locali, favorendo l’aumento dell’occupazione e mantenendo una politica aziendale volta al rispetto della natura.
Vi sono però anche altre iniziative poco pubblicizzate come quella di Talia Frenkel, ad esempio, ex fotografa della Croce Rossa, che ha fondato la società Love Begins With L. dove si producono preservativi green controllando anche le emissioni di gas serra e realizzando confezioni a partire da materiali di recupero. In più ogni preservativo acquistato servirà a donarne un altro a 3 paesi africani.  
Ecologia dunque e lotta all’AIDS.
Diverso è invece l’impegno della French Letter, un’azienda britannica del circuito commerciale equo-solidale che produce profilattici lavorando il caucciù della Fair deal trading, una filiera equo-solidale asiatica.
Non mi resta quindi nel rendervi partecipi di questa nuova fetta di mercato in espansione, augurarmi che il prossimo vostro acquisto sia green più del solito!

1200 dollari per un posto su un gommone

Ali è un ragazzo di 26 anni, sudanese, giunto in Italia vivo per miracolo. È uno dei tanti arrivati dal mare. Dopo essere stato 60 giorni nel centro di prima accoglienza a Lampedusa e 30 giorni nel centro di permanenza temporanea di Agrigento, è stato espulso dall’Italia senza la possibilità di chiedere asilo.  Una volta giunto in Inghilterra, nel rispetto della Convenzione di Dublino, gli hanno spiegato che doveva presentare richiesta di asilo nel primo paese europeo in cui era stato. Ora, con un permesso per motivi umanitari, che finalmente gli è stato concesso dalle autorità italiane, sogna di fare il fornaio, il mestiere che gli ha insegnato suo padre.  

Come è iniziato il tuo viaggio per l’Italia?Scusa se insisto ma promettimi di usare un altro nome per l’intervista. Mia madre non sa nulla di quello che ho dovuto passare per arrivare qui. Le ho solo detto che è andato tutto bene, che il viaggio è stato tranquillo. Lei non voleva che io partissi e così ho preferito rassicurarla: non deve sapere che suo figlio ha conosciuto da vicino la morte. Il mio viaggio per arrivare in Italia è iniziato in un tir: eravamo in 105 stipati uno vicino all’altro, ognuno con il suo posto pagato 100 dollari per attraversare il deserto fino in Libia. Il viaggio è durato una settimana, il cibo era poco e l’acqua meno. Ci facevano sgranchire le gambe una volta al giorno per cinque minuti.

Una volta arrivato in Libia cosa hai fatto?
Sono stato due mesi a Tripoli prima di poter partire per l’Italia. Non sapevo bene come fare a contattare chi organizza i viaggi, ma ci ho messo poco a capire a chi mi dovevo rivolgere per lasciare la Libia. Ho incontrato un gruppetto di sudanesi che mi hanno messo in contatto con un tizio, anch’egli sudanese. Poche parole, niente convenevoli: 1200 dollari è il prezzo di un posto su un  gommone per un viaggio che - mi dicevano - “dura al massimo 12 ore: in questo periodo non c’è da preoccuparsi,  il mare è calmo e non c’è vento”. Il 1 agosto del 2004, un giorno prima della partenza, sono stato avvertito che l’indomani all’una di notte mi sarei dovuto trovare in una spiaggetta nascosta non molto lontana dal porto. Oltre a me quella notte c’erano altre 16 persone ad aspettare. Eravamo tutti giovani uomini sudanesi tranne un ragazzo e una coppia di coniugi ghanesi. Il marito si era offerto di guidare il gommone e per questo non aveva pagato la sua quota. Sapevamo che il viaggio doveva durare un giorno e avevamo con noi un panino a testa, un pezzo di formaggio e una bottiglia d’acqua per tutti. Ci avevano detto di non portare nulla perché sul gommone non c’era spazio per i bagagli. In realtà non c’era spazio nemmeno per diciassette persone, eravamo tutti molto stretti uno vicino all’altro. Comunque pensavo che dodici ore le avrei sopportate abbastanza facilmente.

Come è andata? Sei riuscito a sopportare queste dodici ore di viaggio?
Ci abbiamo messo sei giorni ad arrivare. Cinque di noi non ce l’hanno fatta. Un vero incubo: dopo 25 ore di navigazione entrava acqua nel gommone e avevamo finito cibo e acqua da bere. Abbiamo avuto un barlume di speranza quando è comparsa all’orizzonte un’enorme nave bianca. Ci siamo avvicinati per chiedere soccorso. Dalla nave ci dicevano di allontanarci, che non ci avrebbero fatto salire. Vedevamo la nave allontanarsi insieme all’unica possibilità di salvarci tutti.  Dopo altri due giorni così ormai eravamo esausti, pensavo di morire, che non ce l’avrei fatta e che era stato tutto inutile. Durante la notte tra il quarto e il quinto giorno quando l’acqua ormai ci arrivava al collo, abbiamo deciso di tentare il tutto per tutto, tanto ormai non avevamo più nulla da perdere. E così abbiamo staccato il motore dal gommone per alleggerirne il peso e inoltre abbiamo buttato in acqua le taniche di benzina che avevamo a bordo. Quattro di noi hanno deciso di mantenersi a galla con le taniche vuote, abbondando per sempre l’imbarcazione che era inservibile. Io e gli altri non ce la siamo sentiti di seguirli e così siamo rimasti tutti vicini uno sopra l’altro appoggiati alla parte anteriore del gommone. I quattro che avevano scelto di affidarsi alle taniche vuote, spinti dalla corrente, non sarebbero mai arrivati in Italia.  

Come siete giunti in Italia?
Al sesto giorno eravamo tutti consapevoli che non avremmo visto la notte. Un’onda più grande delle altre ci ha buttati tutti sott’acqua per circa venti interminabili secondi prima di riemergere. È stato terribile. Siamo stati travolti dall’onda in tredici ma siamo riemersi solo in dodici: la moglie del ghanese non ce l’aveva fatta. Il marito non aveva il coraggio di guardare. Ormai non c’era più niente da cercare o da raggiungere, anche le nostre vite erano perdute. Dopo qualche minuto abbiamo avvistato una nave ma ormai eravamo sicuri che neanche stavolta ci avrebbero aiutato. A questo punto credo di aver penso i sensi. Mi sono risvegliato su una barca con delle persone che mi davano da bere e mi tenevano la fronte.  

Fa male ricordare?
Certo fa male. Ma quello che fa più male è sentirsi chiamare clandestino e sentire le notizie al telegiornale di quelli che muoiono. Nessuno dice che siamo disperati, che siamo disposti a morire pur di lasciare i nostri paesi distrutti dalle guerre. Nessuno immagina cosa significa arrivare vivi in Italia. Nessuno sa quanta gente specula sulla nostra vita.

lunedì 8 agosto 2011

Sicilia

[O terra di sole e di mare
di polvere e vento
di luce e silenzio
in Te io trovo la nostalgia del mio tempo
e in essa il potere del sentimento.
Di te lontana mi scopro spesso pentita
ma il tuo sapore conservo tra le dita
e nel mio cuore custodisco il tuo colore;
Perchè Tu, dai variopinti profumi arricchita,
hai generato il grembo
che mi ha dato la vita]

giovedì 4 agosto 2011

Caro candidato sindaco di Palermo...

Le elezioni si avvicinano ed ho deciso di scriverti.

Non ho la pretesa con questa lettera di rappresentare la mia categoria, affido le mie parole ad un blog in modo che i miei concittadini e lettori di passaggio possano condividerle o meno.

La prima cosa che volevo dirti, caro candidato, è che se vuoi il mio voto, non mi devi parlare di lavoro.

Compito del sindaco, e di tutti gli amministratori pubblici in generale, non è creare posti di lavoro, ma amministrare la cosa pubblica nel migliore dei modi (il che include, ovviamente, il rispondere celermente alle istanze delle imprese su autorizzazioni / concessioni e procedure burocratiche oltre che ripulire la città dalle immondizie, dai disservizi e dai non-servizi, già quelli che vi ostinate a creare ad hoc per contentare genitori e figli che vi promettono il voto in cambio di uno stipendio fisso, ignorando l'inevitabile morte sociale di ogni buona opportunità).

Spiegami piuttosto, caro candidato, come intendi risolvere il problema delle società ex. municipalizzate, come intendi evitare che fondi originariamente destinati alla costruzione e manutenzione di infrastrutture, che creerebbero ricchezza per la città, vengano utilizzati per la spesa corrente (ovvero per pagare stipendi e anche uova di pasqua ai dipendenti della provincia), senza essere linciato dalla rabbia dell’emergenza sociale che ne deriverebbe.

Lo so caro candidato, non l’hai creata tu questa situazione; a me non interessa di chi è la colpa, ma vedere un piano per risolvere il problema.

A proposito di infrastrutture, caro candidato, sarebbe bello avere notizie di un paio di quelle di cui non si parla, ma che sono fondamentali per la città.

Sono nata e cresciuta a Palermo e non a Venezia: vorrei sapere in che stato è la nostra rete fognaria?? ci sono o sono previsti lavori di restauro e messa in opera attiva?? sono stanca di bagnarmi i piedi ogni volta che piove o vedere la città allagata ai tg e le macchine ferme sotto i ponti della circonvallazione.

Anche dell’anello ferroviario non ho più aggiornamenti da molto: come farai a sbloccare i lavori del primo lotto, dove troverai i fondi per appaltare il secondo? Quando costruirete una rete che connetta l'intera provincia in modo adeguato e utile per i cittadini?? Della rete della regione, chiederò al "caro" Lombardo...

Ci sono poi, caro candidato, una raffica di domande la cui risposta forse è stata inghiottita da un buco nero e potresti non essere in grado di sapere neanche tu:

Quante ere geologiche aspetteremo per l’approvazione del piano del traffico (che nome orrendo, chiamarlo così e non “piano per la mobilità sostenibile”. E' come chiamare un piano per la sanità “piano per la malattia”)?

E per la pedonalizzazione del centro storico? E quando le poche, anzi rare piste ciclabili smetteranno di essere assaltate da ciclomotori, autovetture in parcheggio e autobus che rifuggono dalle loro corsie preferenziali "occupate"?

Come e dove vengono trattati i rifiuti differenziati e depositati nelle apposite campane?

Esiste un piano per l’erogazione di servizi via web (magari che preveda l’utilizzo di software libero e standard aperti) o dovremo continuare ad usare il portale dei “MAIA”, col rischio che smetta di funzionare l’anno prossimo a dicembre?

Come vedi, caro candidato, gli interrogativi sono tanti, ma ho già usato troppo spazio, perfino per una pagina su internet.

Ti lascio con una preghiera.

Spero caro candidato, d’ora in avanti di vederti più partecipe alle discussioni, che non userai internet solo per diffondere comunicati stampa o aprire blog dove postare senza leggere ma invece rispondere ai commenti; perché un candidato che non risponde oggi ai cittadini, non mi fa immaginare nulla di buono per quando sarà eletto.

Il tempo delle tv e della comunicazione unidirezionale è finito quando si è determinato il risultato di un referendum anche con una campagna sul web.

Per ora ti saluto, caro candidato, augurandoti buona campagna.

La tua potenziale futura elettrice.

martedì 2 agosto 2011

Quando l'estate non faceva notizia...

Ma è cominciata, l’estate? Lo chiedo perché il tipico fenomeno stagionale dello smottamento delle minchiate verso le pagine interne dei giornali tarda oltre ogni consuetudine.
Notizia numero Uno: il ministro Tremonti mette in fuorigioco gli accusatori sostenendo di essere troppo ricco per rubare. Se ne ricava che il Codice Penale resta in vigore solo al disotto di una certa fascia di reddito (specificare quale, eventualmente).
Notizia numero Due: il neo ministro della Giustizia Nitto Palma sostiene che gli effetti del cosiddetto “Processo Lungo” non saranno rilevanti. Dovendo indossare giacca e cravatta anche in luglio, i cronisti parlamentari hanno troppo caldo per domandargli allora quali erano i presupposti di urgenza e rilevanza che hanno spinto il governo a chiedere la fiducia per un provvedimento così privo di effetti, tanto più in un momento in cui l’Occidente viaggia spedito verso un muro di cemento, con l’Italia all’avanguardia.
Malgrado l’estate, non occorre arrivare a pagina venti: le minchiate resistono saldamente in prima pagina.
Ridateci le vacanze dei Vip e i consigli per fronteggiare il caldo, per pietà.

giovedì 28 luglio 2011

Il buono è cattivo e il cattivo è pessimo!

Ormai è una specie di riflesso condizionato: ogni volta che muore un povero cristo di soldato italiano in missione all’estero, la Lega Nord prende le distanze dallo stesso governo di cui fa parte.
Giustamente il Ministro della Difesa La Russa ormai ci ride sopra, come dovremmo fare tutti, se poi le posizioni più strampalate non si consolidassero in rendite elettorali.
La Lega di lotta e di governo in questo modo prepara il terreno alle prossime tornate elettorali, in cui potrà contemporaneamente gestire la clientela che deriva dalle cariche ministeriali e presentare le proprie credenziali di forza d’opposizione.
Il calcolo è presto fatto: Bossi non pretende certo di diventare maggioranza, nemmeno nelle regioni dove è più forte.
Ma un quindici per cento di popolazione italiana che metta assieme deficienti, razzisti, e analfabeti, anche quelli in uscita dal cosiddetto Popolo della cosiddetta Libertà: questo sì che è un obiettivo abbondantemente alla portata.
Il fatto purtroppo è che all’interno del quindici per cento di elettori, chiamoli "stronzi", che pure hanno diritto a una rappresentanza parlamentare, c’è forse un due per cento di molto stronzi che possono essere dragati grazie alla franca mascalzonaggine dei sopradetti.

sabato 16 luglio 2011

Un pasticcio da depasticciare: Cammarata senza "babaluci"!

Non c’è estate palermitana senza Festino di Santa Rosalia. Una tradizione che non può essere interrotta per alcuni, un inutile dispendio di denaro che sarebbe più proficuo destinare alle reali esigenze della città per altri.  
Comunque vadano le cose, la Santuzza va ricordata, sempre.
E quest'anno, è stata proprio un'occasione perduta per il sindaco della città. Dopo essersi battuto per farne approvare il bilancio, Cammarata non si è presentato lasciando da sola la Santuzza dai capelli dorati. Ed è mancato poco così che non si facesse più nulla.
Alla fine invece ne è venuta fuori un’edizione stortignaccola, che però ha garantito la continuità della tradizione. I giornali hanno parlato di un festino “sotto tono”. Non importa. La gente era lì, come ogni anno. C’erano i soliti venditori di “calia e semenza” e di “babbaluci”, accompagnati dai “colleghi” palloncini e zucchero filato, che sono una delle tradizioni del 14 luglio che rendono felici i più piccoli.
Quel che non era riuscito al quasi illuminista viceré Caracciolo nel bene, è riuscito al sindaco Cammarata, nel male.
In altri tempi sarebbe avvenuta una rivolta popolare, già di fronte all’ipotesi di un Festino in tono minore. Ma, considerata la narcosi di questi anni, la vera svolta poteva essere rappresentata solo da un annullamento totale. Che non c'è stato.
Il salto del Festino sarebbe stato un evento da tramandare ai posteri. Unico trauma che potesse generare una presa di coscienza da parte della cittadinanza palermitana che sembra ormai abituata anche alle cartoline della città con la, ormai-onnipresente, monnezza.
L'elettorato di questa città sembra quasi un gatto che continua a fare la pipì dove non dovrebbe.
E l'unica soluzione sembrerebbe quella di strofinargli il muso laddove ha sporcato.

Dilemmi.

giovedì 14 luglio 2011

Chi muore giace e chi vive?? Beh, si compiace!

Forse è sempre successo, ma succede con sempre maggiore frequenza, quando muore qualcuno. Un amico, una persona pubblica. Le commemorazioni non è che non siano sincere, ma appaiono fuori fuoco. Il fuoco dovrebbe essere sul morto, no?
E invece sono quasi sempre i superstiti a spostare la messa a fuoco su se stessi. Ogni memoria pubblica è sempre idealmente intitolata “IO e lui”.
In forma orale, e molto più spesso scritta, l’elogiatore funebre riesce a fare sempre una gran figura. Raccoglie il sospiro delle ultime parole, ne interpreta il senso, rievoca l'amicizia, spiega con un sorriso fra le lacrime la grandezza del defunto, ma sulla base di aneddoti di cui il narratore stesso è protagonista.
Questo è vero egocentrismo: affermare la prevalenza dell’ego sulla morte (degli altri).
Quando scoppia l’applauso alla bara, fuori dalla chiesa, il popolo dei superstiti sposta idealmente la telecamera verso di sé, esprimendo oltre al lutto, un malcelato sollievo per averla scampata anche stavolta.
L’esibizionismo che si nasconde dietro l’applauso all’uscita della bara, o certe commemorazioni funebri nelle quali si celebra soprattutto l'oratore medesimo, sono altrettanti esorcismi. Funziona un po’ come le foto incorniciate alle pareti di certe trattorie, dove il proprietario è ritratto assieme a un attore (un calciatore, un pugile) che guarda ignaro verso l’obiettivo, chiedendosi magari chi è la persona con cui lo stanno fotografando. Magari c’è anche una mano sulla spalla dell’ignaro, a evidenziare una dimestichezza che non c’è.
Più vicini dimostriamo di essere stati al morto e più possiamo idealmente ostentare la nostra valentia di scampati.
Come il torero, che sfida la morte sotto forma di bestia, lasciandosela passare a pochi centimetri dal proprio corpo. Tanto più bravo quanto più vicina mostra di averla fatta passare.
Ma tanto una cornata prima o poi arriva per tutti.

E' meglio uno scilipoti oggi o uno domani??

Sono mesi, ormai, che guardo Scilipoti in televisione o nelle fotografie e non riesco a concentrarmi su ciò che dice o fa. Qualsiasi cosa mi pare genericamente grottesca, ma non riesco a indignarmene veramente.
Quello che Scilipoti fa e dice adesso mi interessa fino a un certo punto. Non mi importa davvero il suo presente. Mi appassiona molto di più il suo passato. Gli odierni simpatizzanti di Scilipoti, se esistono, non leggono queste righe, e di sicuro non possono condividerle. Per quanto riguarda gli altri: convincere i già convinti è del tutto inutile.
Allora mi pare molto più costruttivo chiedermi: ma Scilipoti era Scilipoti anche prima, o è diventato improvvisamente Scilipoti da quando ha voltato gabbana?
Cioè: quando è stato messo in lista, e quindi automaticamente eletto con Italia dei Valori, era già Scilipoti? La sua stabilità mentale era stata valutata dai vertici del partito? Sul territorio non c’era nessuno che figurasse meglio, come testimonial dell’oltranzismo morale propugnato dal partito di Di Pietro?
Capisco che oggi la questione Scilipoti, nel Centrosinistra, può sembrare obsoleta. Ma siccome gli Scilipoti abbondano, mi pare il caso di sollevare il problema del reclutamento del personale politico. Guardando al passato, per evitare future stronzate.

martedì 12 luglio 2011

La lotta dei cuscini

"Pillow fight" è il nome originale di questo gioco nato a San Francisco, ma praticato già da qualche anno, soprattutto come sport femminile, nel nord America. Si, avete capito bene, si tratta di prendersi a colpi di cuscino fino allo stremo delle proprie forze o fino a quando il partecipante non dichiara la resa incondizionata. Sicuramente un modo divertente per scaricare un po’ di stress accumulato in famiglia o sul posto di lavoro. Così, dopo avere attraversato le maggiori capitali europee il “pillow fight” è giunto anche a Roma. Dopo un “tam tam” con sms e via internet, armati di cuscini, centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze si sono dati appuntamento e giù cuscinate. Indescrivibile lo stupore dei passanti e della polizia intervenuta a mettere ordine, ma senza problemi di alcun genere. Dopo la “feroce” e innocente battaglia, i contendenti hanno lasciato la piazza ricoperta di piume che ancora svolazzavano per il cielo di Roma.

Ah, se si potessero dirimere in questo modo contese d’altro tipo. Però che bello tornare bambini per pochi minuti e scaricare la tensione. Queste iniziative dovrebbero essere più frequenti, non vi pare?

venerdì 8 luglio 2011

A bocca aperta

Quando nelle foto vieni con la bocca aperta i casi sono due: o sei molto felice, o sai che ti stanno fotografando.
È bello immaginare, quando poi le rivedi, che fossi puramente e semplicemente felice. Così come sarebbe bello immaginare le settimane più calde dell’estate come un puro e semplice sfogatoio festivo/festoso; di quelli che lasciano, appunto, a bocca aperta.
Nelle fotografie delle vacanze anche noi, come le persone famose, veniamo spesso così: a bocca aperta. Le code autostradali, le sfumature marroni del mare, i conti pompati del ristorante, il condizionatore rotto, i vicini d’ombrellone rumorosi, l’afa, le meduse, le zanzare: tutto quel che risulta di sgradevole resta sempre tagliato fuori dall’inquadratura.
Esiste, per fortuna, una forma di edulcorazione preventiva delle vacanze, una maniera per gonfiare le aspettative e godersi intanto quelle, in attesa che si concretizzino. Specialmente in questo periodo dell’anno, quando le vacanze vere sono sul punto di cominciare, e ci troviamo a vivere un prolungato Sabato del Villaggio. Metà luglio e agosto sono una lavagna pulita dove ancora dobbiamo scrivere un sacco di cose...belle.
Poi, di ritorno dalle vacanze, faremo vedere le nostre foto agli amici per dimostrare che anche noi ci siamo divertiti, anche noi abbiamo spalancato la bocca di fronte a queste settimane di felicità collettiva. Al limite, si tratterà solo di censurare le fotografie dove la nostra dose annuale di sfrenamento non sarà venuta bene come avremmo voluto. Questo hanno di bello le vacanze: poi ognuno è libero di farne una bella copia e conservare nella memoria solo ciò che gli conviene.

martedì 5 luglio 2011

Manus manum lavat ....ma lo sporco rimane!

Vi racconto una barzelletta. Sintesi stupefacente delle differenze che, a parità di corruzione, intercorrono fra Nord e Sud Italia.
Allora.
Un ministro leghista invita un suo collega PdL eletto in Sicilia. Ammirato dallo splendore della sua villa, il ministro sudista gli chiede come faccia a permettersi un tenore di vita così alto. Il leghista gli risponde:
- Vedi quell’autostrada laggiù?
- Sì.
- È costata 150 milioni di euro. L’impresa l’ha fatturata 155, e mi ha versato la differenza.
Un anno dopo il ministro meridionale ricambia l’invito. E stavolta è il leghista a rimanere esterrefatto dal lusso smodato della villa del collega.
- Non capisco. L’anno scorso ti sei sorpreso per la ricchezza della mia casa. Ma la tua è cento volte più bella. Com’è possibile?
- Vedi quell’autostrada laggiù?
- No.
- Appunto.

Bus Root: l'autobus al verde!!!

Bardottini cari, ve lo ricordate il post in cui raccontavo di un eccentrico cinema ecologico ricavato da una vecchia roulotte?? Beh, a quanto pare la creatività dell'uomo sembra non avere proprio confini e talvolta sa essere davvero sorprendente. Tant'è vero che i giudici della Designwala Grand Idea Competition hanno premiato sebbene col secondo posto il “Bus root“.

Di cosa stiamo parlando? Si tratta di un autobus verde, ma non per il suo colore nè per l’utilizzo di energie rinnovabili, ma per la presenza di un giardino sul tetto.
Finora l’architettura sostenibile ci ha già presentato progetti simili rivolti ai tetti degli edifici e molte città hanno accolto entusiaste la proposta, tanto che Toronto ne ha persino imposto l’obbligo per tutte le nuove costruzioni.
L’idea del Bus root nasce invece come tesi di laurea alla NY University per opera del designer messicano Marco Castro Cosio. Questi ha stimato come grazie ai 31 cm quadrati di giardino sul tettino del bus, una città come new York guadagnerebbe circa 14 ettari di verde, considerato l’elevato numero di mezzi pubblici.
Il primo prototipo denominato Biobus e coltivato a piante grasse è stato già messo in circolazione e per cinque mesi ha viaggiato fra New York e l’Ohio, circolando per fiere ed esposizioni. E’stato dotato di pannelli solari, una turbina eolica e un motore alimentato dagli olii di scarto dei ristoranti.
I benefici spaziano dall’aumento della qualità dell’aria, al miglioramento estetico dei mezzi di trasporto e della stessa città, offrendo un aspetto più green.
Tuttavia, nonostante il progetto sembri interessante e sfizioso, qualcuno non ha tardato nel far notare come la presenza di un giardino inevitabilmente determini un aumento del peso e di conseguenza un maggior consumo di carburante e quindi fuoriesca da quel circolo virtuoso che si vorrebbe attivare...

venerdì 1 luglio 2011

E i sentieri che si biforcano...

Alice era arrivata ad un bivio e lo Stregatto si mise soltanto a sorridere quando la vide.
"Sembra di buon umore, - ella pensò; - ma ha le unghie troppo lunghe, ed ha tanti denti," perciò si dispose a trattarlo con molto rispetto. 
Stregatto, - cominciò a parlargli con un poco di timidezza, perchè non sapeva se quel nome gli piacesse; comunque egli fece un sorriso più grande. "Ecco, gli è piaciuto," pensò Alice e continuò: Vorresti dirmi quale strada devo prendere? 
— Dipende molto dal luogo dove vuoi andare, — rispose il Gatto. 
— Poco m'importa dove... - disse Alice. 
Allora importa poco sapere per dove devi andare, - soggiunse il Gatto. 
—...purchè giunga da qualche parte, - riprese Alice come per spiegarsi meglio. 
— Oh certo vi giungerai! — disse il Gatto, non hai che da camminare.

Morale: Pochi sanno dove vogliono andare e nessuno sa dove sta andando. L'importante è imboccare una strada e percorrerla. La meta è dietro l'angolo, pronta ad essere raggiunta.

sabato 25 giugno 2011

Piccolo, brutto e cattivo. (in questo post non si fà cenno alla statura del Ministro Brunetta)

Di tutta la vicenda Brunetta vs Precari della pubblica amministrazione colpisce non tanto il diverbio in sé, quanto la replica videofilmata del ministro.
In apposite maniche di camicia, Brunetta lancia un proclama autodefinito di controinformazione che nemmeno la buonanima di Osama bin Laden avrebbe avuto il coraggio di realizzare. Risulta persino convincente, in certi momenti.
Esiste solo un problema: la realtà. E il fatto che della realtà esistano immagini filmate che sono di pubblico dominio.
Brunetta afferma di aver detto “siete la parte peggiore del paese” dopo essere stato spintonato. E invece lo dice subito, appena la donna che stava per fargli una domanda inizia a presentarsi. Brunetta parla di spintoni, e gli unici a prendere spintoni sono i suoi interlocutori.
Sarebbe questione da liquidare come puerile (Hanno cominciato loro, signora maestra), se non fosse che un intero Paese, un Paese con altri gravi problemi, invece si occupa di una tale ridicoleria.
E poi c’è un sintomo importante: non è la prima volta che la televisione smentisce la versione ministeriale della realtà. Successe anche a La Russa, quando si lamentò dei calci di un giornalista che lui aveva scalciato.
Anche lì furono le immagini televisive a ritorcersi contro la parte politica che aveva fatto della televisione il fondamento delle proprie fortune. Anche questo è un segnale.

martedì 21 giugno 2011

Riflessioni in movimento

Che io fossi una famelica di telefilm, chi mi conosce anche solo da lontano, lo sa molto bene. Fosse possibile, trasformerei questa mia passione in mestiere perché è una attività che mi rende, come la lettura, capace di "immergermi" nel circostante o di allontanarmene a dismisura quando ho bisogno di una "fuga".
Una delle mie ultime scoperte è "Being Erica", un telefilm di madre canadese dai risvolti inaspettati. Personaggio chiave della serie è Erica Strange trentenne single, con una carriera universitaria brillante ed una lavorativa che rasenta il fondo, che vive un presente opaco, che non sa immaginarsi un roseo futuro e neppure cicatrizzare le ferite del passato. Improvvisamente però diventa la paziente perfetta per una terapia che le sconvolgerà la vita. Viaggi nel tempo, per rivivere e cambiare tutti quei momenti ed errori che per Erica rappresentano un scoglio duro da superare: affrontare il passato per comprendere il presente e costruirsi un futuro migliore.
Esuberante e dall'anima fricchettona, Erica Strange diventa il riflesso di tutte le ragazze della porta accanto, di quelle ragazze che hanno ferite che non lasciano sanguinare, che conservano un sogno nel cassetto ma non si ritengono all’altezza per concretizzarlo, che talvolta parlano troppo e talvolta troppo poco, e che in fondo sperano d’incontrare un Dottor Tom che le aiuti a tirare le fila della loro vita perché «dal passato puoi scappare, oppure imparare qualcosa.»
Stamane, proprio guardando uno degli episodi, uno degli aforismi del Dottor Tom mi ha colpito e fatto riflettere. C.S Lewis diceva: la frase con cui di solito comincia un’amicizia è qualcosa del genere: “Come? Anche tu? Credevo di essere l’unica...”.
Ho realizzato che in fondo l'amicizia è – ma non lo dico in senso peggiorativo – il meno naturale degli affetti naturali, il meno istintivo, il meno organico, il meno biologico, il meno indispensabile perché quando due persone diventano amiche è come se si allontanassero, insieme, dal gregge. Eppure questa qualità, per così dire, "innaturale" è l'unica tra tutti gli affetti, a sembrare capace di innalzare l’uomo a livello degli dei, o degli angeli...
Niente è più lontano dall’amicizia di una passione amorosa. Gli innamorati si interrogano continuamente sul loro amore; gli amici non parlano quasi mai della loro amicizia.
Gli innamorati stanno quasi tutto il tempo, fianco a fianco, assorti in qualche interesse comune. Ma soprattutto, l’eros (finché dura) lega necessariamente due sole persone. Il due invece, lungi dall’essere il numero distintivo dell’amicizia, non è nemmeno il più congeniale a questo tipo di legame...
In ciascuno dei miei amici c’è qualcosa che solo un altro amico sa mettere pienamente in luce...
Da ciò consegue che l’amicizia è il meno geloso degli affetti (quando è sincera). Due amici sono ben lieti che a loro se ne unisca un terzo, e tre, che a loro se ne unisca un quarto, a patto che il nuovo venuto abbia le carte in regola per essere un vero amico. In questo senso, l’amicizia rivela una piacevole “vicinanza per somiglianza”, accresce il godimento che ciascuno ha di se stesso.
L’amicizia nasce dal semplice cameratismo quando due o più compagni scoprono di avere un’idea, un interesse o anche soltanto un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ciascuno di loro considerava un suo esclusivo tesoro (fardello).
E mi è chiaro adesso che il marchio della perfetta amicizia non è il fatto di essere pronti a prestare aiuto nel momento del bisogno (anche se questo si verificherà puntualmente), ma il fatto che, una volta dato questo aiuto, nulla cambia.
L’amicizia, quella vera, non è mai inquisitrice perché in essa ci incontriamo come sovrani di stati indipendenti, fuori del nostro paese, su di un terreno neutrale, svincolati dal nostro contesto...
Da ciò deriva il carattere squisitamente arbitrario e l’irresponsabilità di questo affetto. Non ho il dovere di essere amico verso nessuno, e nessuno ha il dovere di esserlo nei miei confronti. L’amicizia in quanto tale è superflua, pertanto quando due o più persone finiscono col rimanerne, tramite d'essa, legate quel legame è ancora più significativo.

martedì 31 maggio 2011

Le vittorie fanno vincere...forse!

Come un sacco di gente diceva e scriveva da tempo, la Sinistra vince schierando personalità drastiche ed eccentriche, rispetto agli apparati di partito.
Addirittura stravince dove, come a Napoli, i funzionari di partito avevano fatto fino all’ultimo gli schizzinosi.
A quanto pare, in attesa che i vertici del Partito Democratico si destino dal loro sonno millenario, gli elettori hanno deciso di portarsi avanti col lavoro.
Adesso è facile prevedere che, rotto lo specchio di casa Berlusconi, andrà a pezzi rapidamente anche la realtà virtuale che in questi anni ha prevalso in tutto il Paese.
Resta un problema: per le elezioni nazionali manca tutto il tempo che serve ai Begli Addormentati per sabotare nuovamente tutto.

lunedì 30 maggio 2011

The story of stuff


Carissimi abitanti del mondo occidentale,

oggi ho un video ed un sito internet da sottoporvi. siamo nell'era di internet, quindi è una cosa consueta. Meno consueto è il messaggio contenuto in questo video/sito. In effetti dice una cosa sola: l'umanità o cambia o ci possiamo anche salutare qui. Non è catastrofista, anzi. Forse è il messaggio di vita più limpido e propositivo degli ultimi 50 anni.
Non voglio, però, star qui a trarre conclusioni prima che vediate il video (e il sito). E dato che è una cosa molto importante, l'hanno anche tradotto in italiano. Metto comunque tutti i link vari sotto.
Buona visione (dura circa 20' ma li vale tutti).

Il video in inglese (è di un'americana) lo trovate sul sito http://storyofstuff.com/ insieme a tutta una serie di altri video. La sua traduzione in italiano su http://www.youtube.com/watch?v=fZdGPRThjrA&feature=share

Mi raccomando, guardatelo perchè diventerà sempre più fondamentale nel vicino futuro. E sopratutto nel presente di domani.

martedì 24 maggio 2011

Contro la sindrome della prova costume acuta!!

“Qualche tempo fa, sulla vetrina di una palestra, comparve un manifesto che rappresentava una ragazza spettacolare,accompagnata dalla scritta: '”Quest’estate vuoi essere sirena o balena?” Si dice che una donna, di cui non ci è pervenuta la tipologia fisica, ha risposto alla domanda in questi termini :
'Egregi signori, le balene sono sempre circondate da amici (delfini, foche, umani curiosi), hanno una vita sessuale molto vivace ed allevano dei cuccioli che allattano teneramente. Si divertono come pazze coi delfini, e si strafogano di gamberetti. Nuotano tutto il giorno e scoprono posti fantastici come la Patagonia, il mar di Barents o le barriere coralline della Polinesia. Cantano benissimo e registrano talvolta dei CD. Sono impressionanti e sono amate, difese ed ammirate da quasi tutti. Le sirene non esistono. Ma se esistessero farebbero la fila dagli psicologi in preda ad un grave problema di sdoppiamento della personalità (donna o pesce?).
Non avrebbero vita sessuale perché ucciderebbero tutti gli uomini che si avvicinano (e del resto come farebbero)? Non potrebbero fare neanche bambini. Sarebbero graziose é vero, ma solitarie e tristi. E del resto chi vorrebbe vicino una ragazza che puzza di pesce? Non ci sono dubbi, io preferisco essere una balena.
P.S. : In quest'epoca in cui i media ci mettono in testa che solo le magre sono belle, io preferisco mangiare un gelato coi miei bambini, cenare con un uomo che mi piace, bere un vino bianco coi miei amici. Noi donne prendiamo peso perché accumuliamo tante di quella conoscenza, che nella testa non ci sta più e si distribuisce in tutto il corpo. Noi non siamo grasse, siamo enormemente colte.
...ogni volta che vedo il mio sedere in uno specchio penso: 'Mio Dio, come sono intelligente!”

Quello che avete appena letto, è un divertente link che oggi mi è capitato di leggere sulla bacheca facebookiana di una amica. Link non solo divertente, ma che dà spunto ad alcune riflessioni. Cosa significa oggi essere bella per una donna che non si lascia influenzare da alcun bombardamento mediatico?
Sembra che le donne abbiano acquisito una maggiore consapevolezza di se stesse, che, insomma, si piacciano di più rispetto a ieri.
Le donne di oggi, sempre più divise tra una frenetica ripartizione di ruoli: madri, mogli, amiche, lavoratrici (e chi più ne ha più ne metta), guardano se stesse con occhi diversi rispetto al passato e il 50% di loro giudicano “svilente” il modo in cui il corpo femminile viene presentato dai media. Sedurre è sempre piacevole, ma con un valore aggiunto: la donna ha compreso bene che per sedurre un uomo, bisogna prima sedurre se stessa.

lunedì 23 maggio 2011

Sussurrando come una balena

Ultimamente è proprio facile per me sentirmi col morale sotto il talloni. Non so forse è la primavera, forse i mesi che passano senza trascinarmi insieme a loro ma al contrario lasciandomi in disparte, in una specie di limbo in cui mi sembra di non andare nè avanti nè indietro. Mi sento come una balena arenata sulla spiaggia...
Vorrei che questi ultimi due anni fossero andati diversamente, che i tanti dolori che mi hanno accompagnato non mi avessero influenzato in maniera così profonda. Un tempo ci riuscivo, a tenermi distante, o meglio ad affrontarli ma senza lasciarmi trasportare con loro nell'abisso. Prima riuscivo a rimanere in superficie, a guardare in basso sotto il livello dell'acqua ma a spingere con le gambe in direzione del cielo. Mi sembra, adesso, di stare ferma a contemplare ciò che accade attorno. Io che ho sempre pensato che il destino ci rende artefici di noi stessi, oggi è come se sentissi amplificate le voci di quelli che mi dicevano di prendere ciò che viene dalla vita, che tanto la vita aggiusta tutto. Ma io, dove sono?? che fine ho fatto?? dove mi sono persa?? e soprattutto in quale momento del cammino ho iniziato a non saper più interpretare la bussola che avevo in mano??
Ero una combattente, andavo e prendevo ciò che volevo tornando vincitrice, anche di un risultato non esattamente voluto, ma comunque vincitrice di un risultato acchiappato. O sto invecchiando o sono in una fase di stallo totale.
Aspetto un'illuminazione interiore, una risposta, ma sotto sotto so che devo decidere io stessa, senza aspettare niente dall'esterno. Concludere questi benedetti studi e laurearmi e....superare i mille pensieri e preoccupazioni che mi frastornano la mente, talvolta addirittura annebbiando obiettivi su cui avevo riflettuto e che consideravo sicuri.
Forse è stupido da parte mia desiderare una coperta di protezione, come quella che da bambina vedevo sempre in mano a Linus, quando leggevo Snoopy...e quindi sussurro, sussurro a me stessa che la balena prima o poi emergerà per respirare, e saluterà la tempesta di passaggio.

L'armatore

Eccola. Guardi all'orizzonte, tra le distese infinite di mare e i suoi riflessi blu-azzurrognoli, spume disorientanti e tendendo l'orecchio per udire stormi di gabbiani riuniti, in cerca di terra e alla fine la senti. Non la vedi; la terra arriva con un urlo: "terraaaaa".
Per qualche tempo si chiamava "Americaaaaaa", ed è stata meravigliosamente raccontata da Baricco in Novecento, per cui oso una rispettosissima citazione.
Tu continui a veleggiare con gli occhi già pronti al futuro che si prospetta, ma man mano che si avvicina, la terra che arriva ha un non so che di selvaggio. Ti si aprono quindi due strade. Sulla prima, ci sono le provviste, un certo periodo per raccoglierle, e puntare la nave verso altri lidi; magari anche quelli natii, più sicuri perché già provati e rassicuranti perché lì hanno navigato le generazioni precedenti. Il futuro sarà forse più certo ma stantio.
Nella seconda c'è il rischio, l'avventura, dolore e fatica; ma soddisfazione e futuro. Un futuro incerto, ma che vale la pena vivere.

L'Italia ha da sempre percorso la prima strada. Con la Prima Repubblica, trainata dalla Democrazia Cristiana che aveva un fascismo incostituzionale a destra (il fascismo non poteva e non può governare) e un comunismo interrotto a sinistra (dipendeva in tutto da Mosca; caduta quella, il comunismo italiano divenne vagamente anacronistico fino ad oggi). La DC quindi rimase al potere per 52 anni, e con il potere assicurato, decise per l'Italia una posizione marginale nel mondo. Sia dal punto di vista politico, nonostante i moti studenteschi che speravano per propri figli un futuro migliore; sia dal punto di vista di crescita, decidendo, per esempio, le sorti della Olivetti che inventò il computer ben 10 anni prima dei colossi americani. Distrussero la Olivetti perché l'Italia non poteva essere superiore agli USA. Fu una scelta.
Oggi Berlusconi e il governo, prevalentemente mafioso (visto che le proposte per risollevare il Paese crollano quotidianamente; vedasi, per esempio, le proposte per ridurre il vitalizio pensionistico di 3000€/mese facendo solo 5 anni di lavoro), ereditando questo disfattismo, consegnano il Paese ad una mandria di vacche magre. E i giovani, molto meno di quanto dovrebbero essere (come viene detto su questo articolo de La Stampa), abbandonano saggiamente il Paese. Quell'isola è troppo selvaggia per popolarla; ce ne saranno di sicuro altre meno complicate e più vivibili. L'Italia è un paese così complicato che lo potevano affidare solo agli italiani. Oltretutto, gli italiani sono sempre più vecchi: l'Italia può in effetti diventare ospizio d'Europa.

L'Italia ha, invece, bisogno del secondo Risorgimento; anzi del primo. Vero e giusto. Almeno per una volta.