giovedì 31 ottobre 2013

C'era una volta un pupo di zucchero!

Se sei di Palermo e sei stato bambino, anche tu almeno una volta hai trovato riposto in un angolo di qualche mobile o sulla credenza della stanza da pranzo, al centro del tradizionale "cannistru" e avviluppato intorno ai piedi di tutto punto, “u’ pupu ri zuccaru o a’ pupaccena” che con la sua presenza sovrastava silenzioso tutto il resto dei dolci che per l'occasione erano stati preparati.
Per chi non lo conoscesse, sto parlando di un baldanzoso pupo di zucchero che raffigura il classico paladino del folclore panormitano, figura eroica dei mitici paladini del teatro popolare e che nella Sicilia orientale è scomparso del tutto, rimanendo invece fiero manufatto dei dolcieri palermitani. 
Secondo la tradizionale, per la festa dei morti, erano proprio i cari defunti, siano essi nonni, zii, parenti prossimi o lontani, a portare doni ai più piccoli di casa. Ricordo anche con quanto entusiasmo la mattina del 2 novembre mi svegliavo sapendo che la nonna che non avevo mai conosciuto durante la notte era passata a lasciarmi un regalo. 
Lo so, a molti potrà sembrare macabro. Penserete che sia una cosa stupida dire a dei bambini che nella notte i morti sarebbero passati a portare doni, tuttavia io non ho mai avuto nessuna paura, anzi vivevo quel giorno meglio del natale. 
L'idea che da lontano qualcuno vegliasse su di me, e avesse a cuore che quel giorno avessi un regalo anche io, mi illuminava. 
Questo periodo infatti evoca tanti ricordi, per me era una sorta di Epifania anticipata ma senza la befana con le scarpe tutte rotte, la casa si riempiva di dolci tipici come la frutta martorana, i biscotti totò e i taralli dolci al cioccolato con quella glassa così buona che se nei giorni successivi li mangiavi a colazione col latte caldo i denti si cariavano anche al pupo di zucchero che ti osservava dal mobile buono del salotto e rigorosamente sottovuoto. Già perchè questi pupi erano commestibili solo in teoria. In pratica essendo delle piccole sculture realizzate con zucchero cristallizzato la sola idea che un bambino li addentasse era se non da escludere, quantomeno da scoraggiare decisamente considerando poi i problemi che l'ingestione di tutto quello zucchero avrebbe potuto portare. 
Rimanevano quindi come una sorta di trofeo, in attesa che lasciassero il posto a quelli dell'anno successivo. 
A far da padroni nella pancia di adulti e bambini sono infatti da sempre, insieme alla pasta reale, i biscotti totò e i taralli, da sempre anche simbolo a mio avviso della personalità della gente di Sicilia.

La glassa esterna, che varia dalla provincia nella quale vengono realizzati, gli attribuisce l'aspetto della durezza, impressione tipica di chi conosce superficialmente un siciliano, mentre l'interno è morbido e tenero come la vera essenza della mia gente, generosa al punto di accoglierti nella propria casa, anche se ti conosce da cinque minuti, e capace di regalare un calore umano, che luoghi comuni a parte, spesso non riscontrabile in altre regioni del nostro paese.

lunedì 28 ottobre 2013

L'ora solare e il ritmo della malinconia

Ormai siamo tutti abituati all'idea che ogni anno, per ben due volte, le lancette dei nostri orologi subiranno un cambiamento. In autunno vengono spostate indietro facendoci guadagnare quell'ora di sonno che poi puntualmente perderemo in primavera quando le lancette verranno spostate in avanti.
Vi siete mai chiesti il perchè?
L’ora legale nasce in Inghilterra e poi si espande nei paesi europei poco dopo. In Italia per la prima volta viene applicata nel 1916, poi per anni saltuariamente abolita per poi divenire definitiva nel 1996. Lo scopo è quello di permettere nei periodi in cui la luce è maggiore, di sfruttarla al meglio avendo così un maggiore risparmio dell’energia elettrica, e per i più ottimisti anche un guadagno dal punto di vista del tempo libero avendo maggiore luminosità da dedicare alle nostre attività ricreative. Ovviamente nel caso in cui foste pimpanti abbastanza da sfruttarne gli effetti dopo una lunga giornata di studio o lavoro.
La mente che per prima ideò questa convenzione fu Benjamin Franklin nel 1784, già proprio l'inventore del parafulmine che sul quotidiano francese "Journal de Paris" pubblicò le sue riflessioni sul principio di risparmiare energia. Egli non ebbe successo e si dovette aspettare oltre un secolo perchè l'idea fosse ripresa dal britannico William Willet il quale trovò seguaci alla Camera dei Comuni di Londra che nel 1916 diede il via libera al British Summer Time, lo spostamento delle lancette un'ora in avanti durante l'estate. Non trascorse molto tempo perchè molti paesi imitassero la Gran Bretagna, avendo tutti a cuore in tempo di guerra il risparmio energetico come priorità.

Oggi, dopo il ritorno dell'ora solare, questo lunedì diventa il giorno improvvisamente più malinconico dell'anno, perchè di punto in bianco adesso arriverà la sera mentre noi, allietati dal tepore estivo che ancora ci accompagna, siamo intenti a fare programmi che sottintendono ancora un margine di luce.
Ma niente, bisogna rassegnarsi. Se è vero che l'autunno tarda ad arrivare, è anche vero che con esso non tardano gli impegni cui siamo tenuti a mantener fede e contenti o meno dobbiamo fare i conti col fatto che col passare degli anni, poi, questa ricorrenza ha assunto un valore allegorico.
E' come quando sei costretto ad accettare la schiavitù degli occhiali per leggere il tempo di cottura degli spaghetti. Stai invecchiando. E l'ora solare così come gli occhiali è lì per ricordartelo. Per ricordarti che per quanto titanica e disperata sia la tua ambizione nel pretendere di prolungare la luce, relegare il buio e rendere più efficiente il tuo tempo, il tempo non può essere domato.
Alla fine è sempre il tempo che doma noi. Che ci piaccia o no.

lunedì 21 ottobre 2013

Il posteggiatore abusivo: un "onesto" lavoratore!

Per chi non fosse di Palermo forse potrebbe risultare un fenomeno del tutto sconosciuto, ma da noi è una vera piaga. Ovunque tu vada, non esistono più zone franche, ogni angolo ha il suo "libero professionista" apposito e appostato. Quando ero bambina mi ricordo, le zone in cui si trovavano simili individui erano ben poche, e solitamente erano quelle con un maggior afflusso di traffico per cui paradossalmente svolgevano quasi un servizio alla comunità garantendo scorrevolezza e velocità nel parcheggio, quasi meglio dei vigili pagati dal comune. Chiedevano in cambio una piccola offerta, a discrezione del tuo "buon cuore". Oggi invece, il confine tra elemosina ed estorsione è decisamente superato a vantaggio della seconda, e ovviamente a svantaggio dei cittadini.
Se vi spostate più volte, come è capitato a me stamattina, ne incontrerete talmente tanti che a un certo punto inizierete a giocare a "indovina dove si nasconde il posteggiatore!". A 50 metri dal Tribunale, in via Nicolò Turrisi, se provate a parcheggiare l'auto e poi ad andare via senza pagare, verrete seguiti da tizi dai volti per nulla raccomandabili che continuano ad urlare "buongiorno!" con tono sempre più forte e minaccioso con l'unico scopo di spaventarvi talmente tanto da farvi pagare. Eppure da li passano costantemente polizia, carabinieri, vigili urbani, guardia di finanza, magistrati, pubblici ministeri e ...ci fosse un "cornuto" che dice qualcosa, tutti a fare finta di niente. Scommetto che nemmeno l'Onorevole Orlando, il nostro carissimo sindaco, ne ha mai visto uno.
Alcuni hanno addirittura la presunzione di affermare che sono utili perchè da lontano ti indicano che qualcuno sta liberando uno stallo e che quindi puoi parcheggiare a colpo sicuro. Beh, scusate, ma se questa è utilità allora perchè non ringraziare anche chi mi ruba il motorino e poi mi chiede solo duecento euro per restituirmelo?
Detto questo, quello che oggi mi ha sconvolto in uno dei miei spostamenti e che non dimenticherò mai è stata la risposta di uno di loro. Ero appena arrivata in via Pindemonte e avevo appena posteggiato. Sto tipo viene fuori da dietro una macchina più avanti e mi domanda due euro. E dico DUE!
Gli domando a che titolo mi stesse chiedendo quei soldi dato che avevo appena posteggiato in zona a pagamento e questo, tomo tomo, mi dice: «Io sono qua a titolo del Signoruzzo, e tu devi stare zitta perché sei femmina e basta».
Mi sono talmente innervosita per la minaccia poco velata che mi aveva appena rivolto sfumacchiandosi la sua sigaretta elettronica che ho dovuto contare fino a nonmiricordochenumero prima di dire qualcosa di azzardato. E alla fine, dopo aver contato, quello che avevo da dirgli gliel'ho detto lo stesso.
"E visto che sono femmina, come dice lei, se non le do i soldi che mi succede? Si livassi ri mmenzu ai piari ca c'iaju chiffari ...o aju a 'chiamari i carabinieri e biremu si sugnu fimmina e m'e stari zitta?"
Preso atto della mia presa di posizione, anche piuttosto sboccata, mi ha guardato con sguardo decisamente mafioso ma impotente e ha voltato le spalle, dirigendosi verso un'altra automobile che stava in quel momento posteggiando. Era giorno e se anche avesse voluto reagire avrebbe avuto decine di persone intorno.
Io, ovviamente, me ne sono andata con cuore pesante, temevo che al mio ritorno avrei trovato qualche sgradita "sorpresa", e invece per fortuna l'omuncolo se n'era già andato e a ricordo non aveva lasciato nessun souvenir sulla mia auto, per la quale forse avrà provato compassione, essendo così vecchia che sfregiarla forse non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione.

Ora, mi domando e chiedo, è mai possibile che non si faccia nulla per debellare questo fenomeno? Capisco che sia ormai divenuta una figura "etno-antropologica" integrante da decenni, se non addirittura da più tempo, il panorama socio-economico occulto della città. Ma è pur sempre una vera e propria estorsione quella che viene a subire ogni giorno, e spesso anche più volte al giorno, il cittadino costretto a spostarsi coi mezzi privati.
Perchè dobbiamo continuamente ritrovarci di fronte fenomeni di connivenza e mai qualcosa che lasci sperare in una evoluzione culturale e, a questo punto, anche morale?

mercoledì 31 luglio 2013

Cambiamenti

Quando diciamo cose tipo "Le persone non cambiano", facciamo impazzire gli scienziati. Perché il cambiamento è letteralmente l'unica costante di tutta la scienza. L'energia, la materia, cambiano continuamente, si trasformano, si fondono, crescono, muoiono. È il fatto che le persone cerchino di non cambiare che è innaturale, il modo in cui ci aggrappiamo alle cose come erano invece di lasciarle essere ciò che sono, il modo in cui ci aggrappiamo ai vecchi ricordi invece di farcene dei nuovi, il modo in cui insistiamo nel credere, malgrado tutte le indicazioni scientifiche, che nella vita tutto sia per sempre. Il cambiamento è costante. Come viviamo il cambiamento, questo dipende da noi. Possiamo sentirlo come una morte o possiamo sentirlo come una seconda occasione di vita. Se apriamo le dita, se allentiamo la presa e lasciamo che ci trasporti, possiamo sentirlo come adrenalina pura, come se in ogni momento potessimo avere un'altra occasione di vita, come se in ogni momento potessimo nascere ancora una volta.
Ovviamente, come tutte le grandi prospettive della vita, è più facile a dirsi che a farsi. Perchè? Perchè quello che viviamo condiziona il nostro modo di agire tanto quanto la biologia. Se dal momento in cui nasciamo, sappiamo come respirare e mangiare; crescendo emergono nuovi istinti: difendiamo il territorio, impariamo a competere, cerchiamo una tana e, cosa più importante di tutte, cerchiamo un branco. Con un minimo di due membri. E la biologia è una gran rottura a volte, perchè vorrebbe farci credere che siamo quel che siamo in modo immutabile, secondo un codice inciso a fuoco nei nostri geni. Cazzate. La vita ci cambia. Sviluppiamo tratti nuovi, difendiamo meno il territorio, smettiamo di competere, impariamo dai nostri errori, affrontiamo le nostre più grandi paure. Nel bene o nel male troviamo il modo di diventare qualcosa di più della biologia. Il rischio, naturalmente, è che si possa cambiare troppo, al punto da non riconoscere più noi stessi. Ritrovare la strada può essere difficile, non c'è né bussola, né mappa. Possiamo solo chiudere gli occhi, fare un passo, e pregare Dio di riuscire ad arrivarci. 
Perchè spesso non importa quanto ci impegniamo, ci sono ferite che non si rimarginano mai del tutto. Potresti doverti abituare ad un modo di vivere completamente diverso, le cose potrebbero essere cambiate in un modo troppo radicale per poter tornare com'erano prima.
Insomma, crescere è decisamente doloroso e chiunque dica il contrario mente. Mente spudoratamente.
La vita comporta fare delle scelte, agire con motivazione, entusiasmo, passione, progettualità, volontà, determinazione e spirito di sacrificio per raggiungere i propri obiettivi.
Occorre solo trovare l'ambiente relazionale che ci fa stare bene e adattarsi al cambiamento con piena volontà. Imparare a contenere e gestire le paure, le tensioni e le angosce che possono limitare e bloccare il nostro comportamento. Ogni emozione, infatti, non ha di per sé un significato buono o cattivo: siamo noi che, condizionati dal nostro passato, le interpretiamo e le trasferiamo alle nostre aspettative del momento. Esistono delle vulnerabilità per ognuno di noi, automatismi difficili da smaltire.
Il cambiamento fa parte della nostra vita eppure se questo non avviene in maniera graduale ci spaventa e ci sottopone a dubbi e paure, perchè spesso non si è preparati a ciò che comporta: una riorganizzazione del proprio stile di vita da un punto di vista mentale, emotivo e relazionale.
Naturalmente ci sono i cambiamenti "positivi", quelli scelti dalla persona stessa e quindi fonte di atteggiamenti costruttivi e adattivi che danno forza e vigore; e quelli "negativi" quindi non scelti, ma imposti come i lutti, i cambiamenti nello stato di salute o la fine di una relazione importante e che comportano stati momentanei di SHOCK, con conseguente ritiro dalla realtà, agitazione e confusione, momentanea perdita d'identità e malessere.
In questi casi, la razionalità è messa a tacere a fronte di un'emotività forte e incontrollabile.
Cosa fare? Capire che a volte cambiare è una cosa buona, a volte cambiare è tutto perchè ci permette di accettare l'incertezza della vita, scoprire nuove potenzialità e renderci persone migliori.
Insomma, comporta l'allontanamento da uno stato di equilibrio e quindi per forza di cose un atto di coraggio.

sabato 23 marzo 2013

FORSE NON FACCIO TESTO

Non so perchè, ma da quando l'ho visto non riesco a pensare ad altro che a quanto sia diverso questo Papa. Dissimulazione? Tattica diversiva? Strategia psicorelicomitologica? Boh. Sta di fatto che a parte pochi rari nemici della contentezza, questo nuovo Papa sembra proprio piacere alla gente. Magari è il sollievo di scoprire che viaggia in autobus (!) e paga l’albergo come tutti (!!). Oppure è il paragone con la rigidezza teutonica del predecessore. Ma insomma: piace.

Certo, finora i giudizi si basano solo sull’anamnesi della sua vita, le premonizioni dei vaticanisti e i pochi segnali che ha cominciato a dare. E ovviamente non bisogna pretendere che risponda a tutti i nostri criteri di giudizio: è il papa dei cattolici, faccia il papa dei cattolici. Ok, non è femminista. Ok, su famiglie e anticoncezionali non lascia intravedere nessuna apertura. Ok, forse (ma forse) a un certo punto è stato vicino alla dittatura militare argentina.
Ma che deve fare un povero papa?
Lui si rivolge a un segmento di mercato che è formato dai cattolici credenti. I battezzati che credono nel magistero della Chiesa. Sì o no? Se ci credi, devi accettare quel che decide il papa, anche se non ti piace: e stop. 
Vero, anzi verissimo è che le fisime del Vaticano influenzano profondamente anche chi cattolico non è, specialmente in Italia, perchè intervengono in operazioni legislative che toccherebbero ad un parlamento che la costituzione vuole laico e quindi non sottomesso a credenze religiose particolari. 
Ma è anche vero che non si può pretendere che la Chiesa cattolica cambi sulla base dei nostri desideri.
Personalmente posso fregarmene, questo sì. Fare la mia vita a prescindere da quelli che vorrebbero prescrivermi un comportamento piuttosto che un altro.
Ma acclarata questa felice strafottenza, concedetemi di trovare papa Francesco simpatico, a pelle.
Trovo che assomigli a Stan Laurel e inoltre quel suo accento spagnolo promette divertimento. 
Chissà che all'eucaristia non si distribuisca sangria d'ora in avanti. 

venerdì 15 marzo 2013

"Un amore pronto a sudare" (da 'Lettere d'amore nel frigo' di L.Ligabue)

Un amore che comincia d’estate
è un amore in salute
è orizzontale
seminudo
si abbina all’allegria di canzoni furbe
mentre qualcun altro
porta il cane
a pisciare
sul lungomare degli astronomi
tutto quel sudore
lo fa scivoloso
ma quando cade
sa ridere di sé
si toglie gli anni
tiene aperte tutte le finestre
informa il mondo
se il sole avesse
solo un po’ di humour
gli riserverebbe l’occhiolino
del nonno al nipote sveglio
un amore che comincia d’estate
non ha paura
del cancro alla pelle
non ha paura
fa comodo anche agli altri
che possono così
chiamarlo stupido
fatuo passeggero virale
di basso profilo
di cattivo gusto
possono tenere gli specchi
dentro le federe marroni
quelli che si fingono
più a favore
lasciano che si sappia
il loro compatire
mentre dicono
una vita ce l’abbiamo tutti
non è che gli abissi cambino
nemmeno l’idea di fortuna
né del suo contrario
fa solo prima a spogliarsi
toglie un po’ di lavoro a san lorenzo
prende cura di sé
lasciandosi andare
alla barba che non si fa
al trucco che non si mette
un amore che comincia d’estate
si è perso la primavera
ma non lo si vedrà mai
pensare
all’autunno
imminente

martedì 5 marzo 2013

Lascia che la vita ti spettini!


Bardottini, vi è mai capitato di svegliarmi la mattina e non sapere come mettere in ordine i capelli che vi ritrovate in testa? Cercare di dare forma a quel cespuglio che invece durante la notte ha deciso all'unanimità di vivere una vita tutta propria infischiandosene dei vostri impegni e dei vostri bisogni? E che quando decide che deve stare ritto neanche la piastra di Moira Orfei può domarlo!
Già, lo sapevo. Siamo tutti stati vittime almeno una volta nella vita di phon e spazzola. Eppure si dice che dai capelli possiamo capire molto di una persona. Lunghi, corti, ricci, lisci, con le meches, lo shatush, rossi, verdi, azzurri, fucsia, fluenti, radi, a bonbon stile Marie Antoinette, con la coda di cavallo, lo chignon, a spazzola, oppure nulla, con tutto il cuoio capelluto che splende nelle giornate di sole. Ogni capoccia ha la sua innata personalità. C'è chi li arrotola se è nervoso, chi li mastica mentre parla durante un esame o un appuntamento e chi non è mai contento della piega che prendono. Ci sono quelli che vorrebbero nascondere il loro biondo sfolgorante quando camminano in mezzo ad un mare di neri e altri che invece i loro capelli non sono mai abbastanza corti o abbastanza lunghi per fare la differenza, altri ancora che non vogliono arrendersi all'idea che se anche non mangiano castagne la caduta dei capelli è inesorabile e neanche il parrucchiere più bravo del mondo riuscirà a farli sentire meno adeguati. Le cose non cambieranno, la tua donna ti lascerà comunque preferendoti una parrucca, perderai il lavoro e la tua identità. Ed un giorno, quando avrai fatto pace con te stesso, forse, ti guarderai allo specchio e ripeterai “Perché io valgo”. Senza essere nemmeno pagato per farlo.
Si dice anche che quando la vita cambia le donne cambiano taglio di capelli o colore. Vero o falso che sia, nel mio caso vi posso assicurare che i miei capelli sono talmente autogestiti che neanche la tinta è riuscita a indirizzare il loro flusso di cambiamento. Negli ultimi sei mesi avranno cambiato colore almeno tre volte in completa autonomia prima di decidermi di affidarmi alle mani di una "esperta". Anche lì però mi sa che fosse solo voglia di rivalsa. Avevano deciso di inviarmi un messaggio già da tempo e poichè le mie orecchie rimanevano sorde all'appello nonostante fossero molto vicine a loro geograficamente, hanno pensato bene che l'unica possibilità rimasta fosse proprio cambiar pelle e magari darsi una bella abbronzata!



E' per questo che ho deciso di ascoltarli di più, e considerato che oggi del pettine non volevano proprio saperne mi è sorta spontanea una riflessione che già da tempo attendeva di essere accolta. Perchè non vivere la vita con maggiore intensità lasciando che ci spettini?
Il mondo e' pazzo, decisamente pazzo. Se ci pensate bene, funziona tutto al contrario. Le cose buone, ingrassano. Le cose belle, costano. Innamorarsi, spezza il cuore. Cantare sotto la pioggia, fa venire la bronchite. Il sole che ti illumina il viso, fa venire le rughe. E come se non bastasse tutte le cose veramente belle di questa vita, spettinano...volete qualche esempio?
Fare l'amore, spettina. Ridere a crepapelle, spettina. Viaggiare, volare, correre, tuffarsi in mare, spettina. Togliersi i vestiti, spettina. Baciare la persona che ami, spettina. Giocare, spettina. Cantare fino a restare senza fiato, spettina. Ballare fino a farti venire il dubbio se sia stata una buona idea metterti i tacchi alti stanotte, ti lascia i capelli irriconoscibili.
Ecco perchè ho preso una decisione. Da oggi in poi, ogni volta che mi vedrete, avrè sempre i capelli spettinati...già perchè così come la montagna andò da Maometto, voglio che la felicità venga nella mia vita. E' una legge universale di cosmogonia applicata: sarà sempre più spettinata la donna che salirà sul primo vagoncino delle montagne russe di quella che sceglierà di non salire!
Tuttavia, può essere che talvolta io mi senta tentata di essere una donna impeccabile, pettinata ed elegante dentro e fuori, perchè questo mondo esige bella presenza:
pettinati,
mettiti,
togliti,
compra,
corri,
dimagrisci,
mangia bene,
cammina diritta,
sii seria...e forse dovrei seguire le istruzioni. Il problema è che se aspetto che mi ordinino di essere felice, rischio di ingrigirmi e ritrovarmi vecchia a quarant'anni. Forse non si rendono conto che per risplendere di bellezza, bisogna sentirsi belli. Bisogna guardarsi allo specchio e lì scorgere la persona più bella che potete essere, una persona meravigliosa. 
Perciò, eccovi la mia raccomandazione, che diventa anche un po' speranza.
Abbandonatevi, mangiate le cose più buone, baciate, abbracciate, ballate, innamoratevi, rilassatevi, rilassatevi, viaggiate, saltate, andate a dormire tardi, alzatevi presto, correte, volate, cantate, fatevi belle o belli, mettetevi comodi, ammirate il paesaggio, godetevela e soprattutto lasciate che la vita vi spettini! 
Perchè il peggio che può davvero succedervi, sorridendovi allo specchio, è che dobbiate pettinarvi di nuovo!

giovedì 3 gennaio 2013

Auguri di cuore! (ancora una volta)

I giornali, le strade, le case, la tv e persino i numerosi post che invadono facebook da qualche giorno brulicano di frasi del tipo “Anno nuovo, vita nuova!” oppure “Col nuovo anno…” e si spera che tutto, magicamente, in virtù di una non ben chiara e indefinita forza esterna, possa iniziare a girare in maniera differente, e ovviamente migliore. Per molti, forse involontariamente, è sufficiente questo: sperare che tutto cambi, veder evaporare le afflizioni e gli affanni della vita quotidiana, sciogliersi tutti quei nodi insoluti che da tempo ci si porta dietro. La fine dell’anno in fondo non è altro che una cesura netta e definitiva col passato, un brusco voltar pagina senza soluzioni di continuità.
La sera di San Silvestro infatti si attende la mezzanotte, speranzosi, ognuno col proprio fagotto di desideri, di illusioni, forse irrealizzabili ma che in quel momento si denudano parzialmente di quel velo di impossibilità da cui sono solitamente coperti. Inizia il conto alla rovescia: Tre, due, uno… buon anno! L’euforia è alle stelle, ma non sappiamo il motivo. Il mondo, la natura, infatti è insensibile ai capodanni, non percepisce il cambiamento che, in fin dei conti, rimane un’invenzione semplicemente umana, convenzionalmente definita: sono solo gli uomini a sentire questo mutamento, nel loro intimo.
Tant'è vero che siamo al terzo giorno dell’anno e questo non riluce più come il primo e nemmeno come il precedente: è già vecchio, passato, ordinario e introduce alla triste slavina verso la fine delle festività. Un’espressione delusa si dipinge sul nostro volto, come a seguito di un’ingiustizia subita e ci si rende conto che il cambiamento che tanto aspettiamo deve avvenire prima di tutto dentro di noi, non può scaturire da altra fonte: solo noi possiamo cambiare la nostra esistenza; se non cambiamo la vita, essa non si cambierà mai da sola. Forse proprio questo è il motivo per cui l’uomo ha deciso di segnare questi confini temporali: per poter fare ogni anno un bilancio della vita passata, tracciare una linea e ricominciare, con più vigore di prima. Abbiamo bisogno di questi momenti. Ci servono, perché viviamo nel tempo, nella storia, e necessitiamo di questi appigli (che alcuni chiamano con disprezzo “illusioni”). Non tutto dipende da noi, lo sappiamo bene; ma abbiamo il dovere di allestire quantomeno le premesse affinché le nostre speranze si realizzino.
In fondo, il passaggio da un anno all'altro non è forse la metafora di un sempre più rinnovato viaggio?
Ci siamo noi con i nostri bagagli carichi di sogni, aspettative, pensieri, progetti, gioie e perfino dolori; consapevoli che all'imbarco ci attende l'ignoto ma non possiamo fare a meno di salire a bordo. Oramai abbiamo pagato il biglietto e non c'è rimborso che tenga.
Ecco quindi che a questo punto vale la pena mettere dentro tutti noi stessi e partire perché – se non lo facessimo – non vivremmo veramente, non godremmo, non ci supereremmo, non ci innamoreremmo, a volte forse non respireremmo neanche. E non si può decidere di viaggiare leggeri o pesanti, non siamo noi - in questo viaggio - a scegliere cosa mettere in valigia, al massimo possiamo decidere, una volta che vi abbia fatto apparizione, di eliminare quello che si rivela superfluo o addirittura ingombrante.
L'importante è comunque ricordare che a prescindere da quanto "pesanti" possano essere gli anni che ci portiamo dietro non ne esiste nessuno che non abbia salutato il precedente e che non ci sono storie di vita che non nascano da altre storie di vita o amori che non siano frutto di un amore più grande. Alla fine, siamo sempre chiamati a guardarci indietro per un attimo, così come in quella fatidica mezzanotte, per ripensare a come abbiamo vissuto veramente, a ciò che ci ha aiutato a crescere, ai passi indietro fatti, alle realizzazioni raggiunte e alle sconfitte subite, alle questioni aperte e agli amici, siano essi persi o ritrovati. Badate bene, non si tratta di azioni malinconiche, né di autocompiacimento o per piangersi addosso, ma semplicemente un buon modo per fare un bilancio, sistemare l'inventario dei ricordi e ripartire con nuove energie iniziando da quanto si è costruito e, se necessario, persino dalle macerie. E' come quando camminiamo; abbiamo sempre bisogno di un piede ben saldo per terra che ci faccia da perno. Allo stesso modo i resoconti sono cartine al tornasole del nostro passato e dunque uno strumento per rilanciare il nostro futuro.
Accettato tutto questo, e dato il momento che sto vivendo, ho deciso di festeggiare questo nuovo anno proponendomi cinque propositi o sogni o impegni o per qualcun'altro follie.
Ecco il primo: Voglio conservare la capacità di commuovermi davanti alla realtà che mi circonda, accettare il mio presente aldilà del dolore che questo possa provocarmi e trovare sempre la forza di essere grata per quanto ho finora ricevuto. 
Il secondo è questo: Voglio gustarmi gli affetti a me più cari e scoprirne sempre di nuovi con i piedi per terra e lo sguardo al cielo, perchè soltanto in quei momenti in cui le nuvole ci fanno da orizzonte si può assaggiare un istante di eternità.  io sarò, saprò, vivrò, piangerò, gioirò, amerò.
Direttamente legato al precedente, il terzo è: Alzare gli occhi al cielo sempre più spesso, guardare al di là delle nuvole e cercare un bagliore che mi accechi, mi illumini e soprattutto mi trafigga! Di strappi al cuore il 2012 me ne ha dati parecchi, per cui vorrei che questo nuovo anno mi dia nuovo stupore, la capacità di conservarlo e infine di donarlo a chi mi vuole bene.
Il quarto: Crescere. Si, avete capito bene. Voglio passare dall’emozione alla meraviglia, dalla meraviglia al desiderio, dal desiderio all’affezione, dall’affezione alla comunione, dalla comunione all'amore, dall’amore al devozione…e infine non avere paura di ricominciare di nuovo come la prima volta, come ogni volta. Perchè di prime volte non ne ho da troppo tempo.
Il quinto lo tengo ben stretto per i momenti di silenzio e di riflessione: Non voglio lasciare scappare i miei sogni, non voglio farmeli strappare dalla banalità e dall’indifferenza, non voglio abbandonarli per paura o per stanchezza, non voglio sotterrarli senza averci almeno provato, non voglio tenerli solo per me ma condividerli con chi può esserne fiero e camminare insieme a me. Non voglio dimenticare che i sogni hanno le ali e che si muovono col battito del cuore, con la spinta dell’intelligenza, con la leggerezza dell’umiltà, con la dinamicità degli affetti, con la prospettiva della speranza, con il coraggio delle idee e con la certezza della fede.
Infine, sempre consapevole che nel libro della vita di ognuno di noi, vi è uno spazio bianco a lato ad ogni pagina, proprio laddove non ci è concesso scrivere, penserò sempre che non c'è modo migliore di vivere una storia che raccontarla a qualcun'altro, qualcuno che sorridente si abbandoni dolcemente e ci lasci nella sua vita essere protagonista.
Auguri di cuore! (ancora una volta)

mercoledì 2 gennaio 2013

Amor che nella mente mi ragiona

Un altro anno è iniziato. Ci aspettano altri 365 giorni pieni di eventi, persone, luci, colori e soprattutto passioni.
Qualcuno si è già dato da fare la notte di capodanno cercando l'anima gemella, altri hanno preferito rimandare a momenti sicuramente più tranquilli e meno "brilli".
Se siete uomini, e come molti dei miei amici, state cercando una donna da amare, oggi mi sono ripromessa di condividere con voi alcune tecniche elaborate dal Professor Josephson che in questo campo ha fatto storia. 
Le regole non sono molte ma tenetele bene a mente se volete che funzionino.
Innanzitutto madre di tutte è sicuramente la regola del "FREQUENTA LE DONNE". Josephson ricorda l'aneddoto del famoso ladroWillie Sutton che alla domanda sul perchè rapinasse le banche rispose: "Perché è lì che stanno i soldi". Allo stesso modo, quindi, se volete una ragazza andate nei luoghi che queste frequentano. Sembrerebbe la cosa più ovvia, ma fidatevi, molti se ne dimenticano.
"SIATE PACATI". Molte donne di fronte a uomini estremamente travolgenti tendono non soltanto a attribuirvi una buona dose di insicurezza ma finiscono per irrigidirsi e proteggersi.
"TENETE A MENTE LA DIFFERENZA TRA ATTRAZIONE E APPARENZA". Se cercate una donna che valga la pena di essere conosciuta e soprattutto se cercate una relazione stabile, distinguete bene ciò che appare da ciò che è. Come dice il buon vecchio detto "non è tutto oro ciò che luccica"!
La quarta regola, soprannominata dell'"OSSITOCINA" consiglia di non insistere mai per fare l'amore. Alle donne è meglio far capire che c'è desiderio ma lasciare che siano loro a decidere quando concludere. Vedrete, andrà tutto meglio.
Regola, secondo me, più importante di tutte è poi "AVERE BUONA MEMORIA". A noi donne piace molto, e sicuramente a ragione, essere non solo notate e osservate ma soprattutto ricordate. Nessuna prende mai sul serio uno che si ricorda perfettamente della sua migliore amica.

Infine, ma da non sottovalutare, vi è la regola del "SAPERSI VENDERE". Non serve raccontare balle per fare colpo. Le donne, ed io ne sono un esempio vivente, hanno ottima memoria, pertanto sapranno al volo riconoscere una fesseria se non siete bravi a rimanere fedeli alla storia che avevate raccontato. E purtroppo per gli uomini, questa è una dote che non gli appartiene. Siate quindi onesti, prima ancora che con la donna che avete di fronte, con voi stessi e mostrate le vostre migliori qualità. La schiettezza è uno degli afrodisiaci più potenti al mondo.

Detto questo, se sarete capaci di seguire questi piccoli e facili consigli, sono sicura che presto troverete la donzella che fa per voi. Vi faccio quindi i miei più affettuosi auguri, nella speranza ulteriore che questo nuovo anno possa portare tanta passione e tanto amore in ognuna delle nostre vite.