lunedì 24 dicembre 2012

Lettera a Messer Babbo Natale


Caro Babbo Natale,
lo so, sono un po' grandicella per scriverti ancora letterine, ma sono anni ormai che non te ne inoltro una e dato che quest'anno è un anno che dimenticherei volentieri, mi sa che se ti scrivo esorcizzo gli eventi e chissà che qualche desiderio non venga anche esaudito.
Intanto, come stai caro Babbo? Hai portato il tutino rosso in lavanderia? Lo hanno inamidato per bene? Sai mi preoccupo, non vorrei mai che tirandoti giu per qualche camino, ti si stropicciasse troppo. Sei dimagrito? Fai movimento? Basta poco sai...basta solo che tre volte a settimana sia tu a trainare le renne. Ricordati che ormai hai un’età avanzata e il diabete, il colesterolo un po' troppo alto, l’altero sclerosi e la tachicardia sono sempre in agguato, per cui non ti trascurare. Solo perchè esisti ormai da millenni, non significa che tu sia immune a tutto. Ho imparato da quest'ultimo anno che nessuno rimane indenne. 
Prima di entrare nei dettagli di questa mia … faccio una premessa: io non ti ho mai messo fuori dal mio balcone…al freddo e al gelo…che tenti di arrampicarti con la corda….o con la scaletta…per un po’ di calore…con tutte quelle lucine che sembrano una base dove far atterrare un elicottero! Non ti ho mai neanche incollato sul paraurti dell'auto scorazzandoti per tutta la città…al massimo ti ho appeso dietro la porta di casa, sotto ad un pomposo "welcome", ma GIURO! mai accompagnato da suoni di campanelle da corso tibetano!
Caro Babbo Natale, vengo al dunque. Quest'anno io sono quella che non vede l’ora che il natale finisca al più presto (e ahimè non solo per far riposare te) …sia ben chiaro!
Premesso tutto ciò, come si conviene nelle migliori letterine natalizie, mi piacerebbe iniziare ad elencare le cose che vorrei da te. Non sono una difficile da accontentare, non lo sono mai stata, e sono anche abbastanza democratica…metaforicamente parlando, quindi lascio a te la scelta.
Tu che sei tanto buono…perchè, se ti rimane del tempo, non provi a far sparire in una sorta di tsunami tutti quelli che negli ultimi mesi mi hanno straziato il cuore. Oddio, lo so, adesso starai pensando: "Antonella, ma a natale dobbiamo tutti essere più buoni!". Si, d'accordo, sarà pure vero ma possibile mai che ad essere buoni si prendan solo in**late??? 
Se ti sembra, tuttavia che questo desiderio non sia facile da esaudire, ti posso dare una alternativa. Che ne pensi se per questo natale ti chiedessi in dono un bel sorriso??...non sai quanto ne avrei di bisogno. Attento però, non voglio un sorriso qualsiasi. Ne voglio uno che sia lì al mattino quando mi sveglio e che non scompaia una volta spazzato via il sonno dagli occhi, uno di quelli che mi accompagni per tutto il giorno e che sia soprattutto contagioso...già perchè lo sai bene ormai da qualche anno che se c'è una cosa che davvero mi riempie il cuore è far sorridere gli amici, vicini o lontani che siano.
Che hai un satellitare di ultimissima generazione lo sanno ormai anche i più piccoli, per cui sono sicura che prima o poi se ti metti a cercare, il tanto agognato sorriso presto o tardi lo trovi. Mi raccomando però a non correre troppo, c'è crisi e ormai gli autovelox iniziano a montarli pure sui tetti pur di far cassa. Lo saprai meglio di me che non vado ogni anno su e giù per il mondo, ma la prudenza non è mai troppa e considerato che hai pure un rimorchio, la multa poi si accoppia con gli interessi e ti partorisce in Lapponia tante altre piccole multicine che ti fanno la festa!
Ancora. Se per caso, tra un camino e l'altro, ti dovessi imbattere in qualche bel fustacchiotto dagli occhi bruni e dall'acuto ingegno, sappi che ho liberato un po' di spazio, nel cuore e nella testa, quindi se lo aggiungi agli altri doni, stai tranquillo che indietro non te lo mando affatto ;) meglio ancora se ci aggiungi un biglietto aereo di sola andata per un'isola caraibica e un buon libro da leggere durante il volo!
Come vedi la lista non è molto lunga, e in fondo non chiedo poi tanto, a dir il vero mi basterebbe anche solo una scorta annuale di mirra che dicono essere un ottimo antibiotico. Di raffreddori ne ho avuti fin troppi negli ultimi mesi...per cui faglielo sapere magari a Baldassarre.
Ora però ti devo lasciare, caro il mio Babbo Natale, per me è stata una giornata impegnativa e so che tu invece avrai una notte parecchio lunga. I regali non si consegnano certo da soli. 
Mi raccomando, fai buon viaggio e non dimenticarti di quanto ti ho chiesto. Se tuttavia non dovessi farcela a passare, ho solo un'ultima richiesta. Mi hanno detto che la felicità è dietro l'angolo. Non è che magari mi faresti sapere in quale isolato???
In fede,
Antonellina

mercoledì 19 dicembre 2012

Cià putemu fari!


Oramai il Natale si avvicina a grandi passi, ma quest'anno c'è un'altra scadenza che preoccupa in molti e che sembra, a detta dei Maya, arrivare ancora prima: esattamente il 21 dicembre 2012 e con esso la fine del mondo.
Come una pallina da golf che rotola verso la buca, la nostra vita, la nostra esistenza di genere umano, il nostro mondo sta andando incontro alla fine? Possibile mai che siamo già arrivati alla fatidica diciottesima buca e che nessuno (come invece accade nei migliori film apocalittici) ci tirerà fuori dalla buca, per iniziare poi a giocare da qualche altra parte?
Aspettavamo la fine del mondo nel 999 come narrato su “Storie dell’anno 1000″, la aspettavamo di nuovo nel 1999 e non è arrivata.

Non è che sti Maya ce stanno a pija’ per culo?

Questi antichi abitanti del attuale sud del Messico sostengono, nei loro scritti cosi come interpretati, che la fine del mondo arriverà, che loro lo sanno da un sacco di tempo, sebbene poi non manchino coloro che sostengono che per gli stessi Maya la fine, quella vera, è arrivata moooolto tempo prima.
Ma allora, siamo poi tanto sicuri che i calcoli li avessero fatti giusti?
Dicono anche (non i Maya che e’ un po’ che non scrivono cose nuove) che gli alieni un giorno ci conquisteranno con la loro flotta stellare.
Fino ad ora, gli alieni non si sono visti, e se pure si sono visti non sono stati molto convincenti. 
(Io comunque non ne ho visti…)
E se tutti voi foste il frutto della mia immaginazione e quella data fosse solo la fine del mio sogno? Si dicono un sacco di stronzate lo so, a sto punto le dico pure io.
Dicono che i numeri sono importanti e alcuni sono terribili (forse al liceo, magari un 4 puo’ essere brutto "segno" - Chi la sente la mamma??). Ricordo che qualche giorno fa il 12/12/2012 alle 12:12 doveva succedere qualcosa di incredibile o terribile. Oggi è il 19 e a parte un meteorite caduto a Brancaccio non vedo altri disastri naturali.
Il solo pensare che ci sia qualcuno che dice che il mondo finisca solo perchè un numero basato sulla nascita di un tizio (tra l’altro avvolto nel mistero e nella fantasia) è particolare rispetto ad un altro mi mette i brividi.
Io di MAYA da bambina conoscevo solo l'ape e non parlava affatto di cataclismi naturali. 
Tuttavia sono sicura di una cosa, che l’apocalisse può manifestarsi anche in altri modi. Perfino nelle statistiche dei bagagli smarriti. Pare infatti che nel 2006 le valigie che non arrivavano a destinazione - in Europa, ogni anno - fossero 36 milioni. Oggi sono raddoppiate. 
Gli aeroporti sono sempre più grandi, i dipendenti sempre di meno, e non riescono a gestire una mole di bagagli sempre più crescente. Un sacco di addetti che potrebbero occuparsi dello smistamento a monte, vengono invece adoperati a valle per monitorare lo stato dei singoli smarrimenti e recapitare le valigie fino al domicilio del passeggero. Anche senza quantificare i rimborsi, si tratta di uno spreco di risorse pazzesco da parte delle compagnie aeree. Non è una magnifica metafora della modernità? 
Siamo cresciuti troppo, non riusciamo a crescere più. Forse è questa la "vera" fine di cui quegli antichi indigeni parlavano. Siamo arrivati ad un livello di crescita così elevato che più di così c'è solo il collasso generale. E la nostra vita dopo essere molto migliorata, non può che peggiorare drasticamente. 
L’unica difesa dal cataclisma quindi, metaforicamente, diventa il bagaglio a mano. Ossia: limitarsi allo stretto necessario e portarselo dietro senza delegarlo a nessuno. Farsi bastare meno roba. 
Ecco quindi che in completa controtendenza, se avete in procinto viaggi da affrontare, mi raccomando ascoltate questo mio modesto consiglio e vedrete che la mattina del 22 dicembre, quando avremo sfangato la fatidica data, vi accorgerete desiderosi di unire le braccia in un delizioso gesto dell'ombrello!

domenica 16 dicembre 2012

Il principio del vuoto - Joseph Newton

 

Hai l'abitudine di accumulare oggetti inutili, credendo che un giorno, chissà quando, ne avrai bisogno? Hai l'abitudine di accumulare danaro, solo per non spenderlo, perchè pensi che nel futuro potrà mancarti? Hai l'abitudine di conservare vestiti, scarpe, mobili, utensili domestici ed altre cose della casa che già non usi da molto tempo? E dentro di te? Hai l'abitudine di conservare rimproveri, tristezze, risentimenti, paure ed altro? NON FARLO! 

È necessario che lasci uno spazio, un vuoto, affinchè cose nuove arrivino nella tua vita. E' necessario che ti disfi di tutte le cose inutili che sono in te e nella tua vita, affinchè la prosperità arrivi. 

LA FORZA DI QUESTO VUOTO È QUELLO CHE ASSORBIRÀ ED ATTRARRÀ TUTTO QUELLO CHE DESIDERI. 

Finchè stai materialmente o emozionalmente caricando sentimenti vecchi e inutili, non avrai spazio per nuove opportunità. I beni devono circolare. Pulisci i cassetti, gli armadi, la stanza, gli arnesi, il garage...da quello che non usi più. Nono sono gli oggetti conservati quelli che stagnano la tua vita bensì il significato dell'atteggiamento di conservare.

Quando si conserva, si considera la possibilità di mancanza, di carenza... si crede che domani potrà mancare, e che non avrai maniera di coprire quella necessità. Con quest'idea, stai inviando due messaggi al tuo cervello e alla tua vita:

#che NON TI FIDI DEL DOMANI 

#che PENSI CHE IL NUOVO E IL MIGLIORE NON SIANO PER TE

Per questo motivo ti rallegri conservando cose vecchie ed inutili. 

DISFATI DI QUELLO CHE HA PERSO GIÀ COLORE E LUCENTEZZA. Lascia entrare il nuovo in casa tua e dentro te stesso...

giovedì 13 dicembre 2012

Arancina o arancino? That's the question!

E' una delle querelle che più animano il popolo siciliano. Dai peloritani alla conca d'oro questo prelibato manicaretto isolano appassiona più del tifo calcistico e divide in due scuole di pensiero: quella occidentale che preferisce declinarla al femminile e quella orientale che invece preferisce attribuire alla pietanza il genere maschile. 

Affascinata da questo mistero culinario ho voluto sciogliere una volta e per tutte l'enigma. 

Qualcuno pensa che non valga nemmeno la pena affrontare il problema, mentre altri si infervorano a tal punto da litigare con amici e fidanzati fuorisede per stabilire quale sia la dicitura più corretta. 
La querelle trova spazio anche su Internet: nei forum e nei blog. Su un forum un palermitano interviene sostenendo che la corretta dicitura sia 'arancina' perché la gustosa vivanda sarebbe stata inventata nel capoluogo siciliano, dove appunto prende questo nome ("Qui a Palermo è femmina e visto che l'abbiamo inventata noi abbiamo il diritto di chiamarla come vogliamo"). Spostandoci su un altro forum troviamo una risposta di un "vero catanese" (così si definisce) che scrive "arancino (a Catania è 'masculo', a Palermo, dove credono di avere inventato anche il Padreterno, lo appellano al femminile)". Insomma, ci troviamo di fronte ad uno scontro sulla paternità del termine. È quella che ho battezzato "teoria del copyright": chi l'ha inventata ha il diritto di darle il nome che vuole. C'è da chiedersi però se si possa stabilire con certezza l'origine dell'appetitoso manicaretto e in ogni caso se in principio a Palermo si chiamasse proprio 'arancina'.

Sul forum dove interviene il "vero catanese" c'è un intervento che va oltre questa spiegazione e che riportiamo per intero: "Tendo a sottolineare che si chiamano arancine perché la forma tonda e dorata ricorda l'arancia, quindi si dice arancina e non arancino (almeno fino a quando non darete all'ottima preparazione la forma di un albero)". Tutto fila liscio, catanesi e messinesi non ce ne vogliano: forma e colore sono quelle del frutto dell'arancio che in italiano si chiama 'arancia', dunque il nome corretto è 'arancina'. Questa la seconda strada che possiamo percorrere. È la "teoria dell'origine", l'abbiamo voluta chiamare così perché deriva dall'etimo della parola.

Adesso è arrivato il momento di toccare con mano, o meglio, con i denti e andare al bar a chiedere - senza paura di sbagliare - una bella arancina. Ma, proprio quando crediamo di aver risolto l'arcano, il dizionario ci contraddice. Abbiamo consultato due dizionari di siciliano: il Mortillaro e il Traina, entrambi del diciannovesimo secolo. Tutti e due riportano il termine 'arancinu', nome che dunque i nostri antenati usavano per indicare quella palla di riso fritta tanto appetitosa. In italiano diverrebbe dunque 'arancino'.
In realtà però il nostro dialetto non fa distinzione tra il frutto e l'albero, indicando entrambi col termine 'aranciu'. 'Arancinu' sta quindi per "aranciu nicu", cioè "piccola arancia", ovvero 'arancina'.

È interessante notare, tuttavia, che in nessuno dei dizionari della lingua italiana consultati sia presente il termine 'arancina' ma solo il suo corrispettivo maschile. È soprattutto curioso constatare che nello Zingarelli il secondo significato di 'arancio' è il frutto agrumato. Di conseguenza alla voce 'arancino' troviamo anche "piccola arancia".

Insomma, tirando le somme potremmo dire che, al di là di quanto scrivano i dizionari, la traduzione più esatta sarebbe 'arancina' mentre in siciliano 'arancinu' è il termine migliore. Ciononostante non crocifiggiamo chi si ostina a nominarlo 'arancino', perché anche l'italiano, come abbiamo visto, fa confusione tra il frutto e l'albero. 

Sebbene adesso ne possiamo avere una visione speriamo più chiara, sembra comunque che il nodo gordiano sia impossibile da sciogliere e sia destinato a rimanere confinato eternamente in quel luogo insondabile dove risiedono i grandi misteri dell'umanità... e della lingua italiana.

Ecco perchè, ancora incerti sulla corretta pronuncia da utilizzare, ho pensato di fare due chiacchere coi rosticceri palermitani. Il risultato non sembra sciogliere il dubbio ma chiarisce almeno la conoscenza sulle origini di quella prelibata palla di riso. 


L'impresa di trovare una risposta convincente sembra diventare più ardua ad ogni chilometro percorso e quasi esulto quando ci imbattiamo in un'insegna pubblicitaria che porta scritto "Von Arancïnen". In tedesco? Questa ci mancava, meglio entrare e chiedere ulteriori spiegazioni, magari qualcuno ne sa più di noi.
Dopo i saluti rituali con un tanto maccheronico quanto saccente "Guten tag" scopriamo che di teutonico, dentro quel locale, c'è ben poco. Il cartello è solo una trovata commerciale che fa riferimento ai mondiali di calcio in Germania. "L'arancina rappresenta un pallone calciato in rete - spiega il signor Antonino del Bar Ciro's di via Notarbartolo - per quanto riguarda il termine scelto - continua - si tratta di un tedesco maccheronico che ricorda le Sturmtruppen di Bonvi". Antonino comunque non si esime dal rispondere al quesito e ci spiega che "si chiama arancina perché ha la forma del frutto". 

Dello stesso parere è Alessandro del Bar Alba che, forte di decenni di esperienza nel settore, esclude ogni dubbio e afferma con certezza che "il termine esatto è arancina, mentre fuori dalla Sicilia la chiamano supplì". Gli fa eco il proprietario del Bar Massaro di via Ernesto Basile che afferma con orgoglio che "aldilà del nome giusto o sbagliato, le nostre arancine sono le migliori della Sicilia".

In fondo a corso Vittorio Emanuele incontro poi una simpatica statuina di circa un metro e mezzo indicante la rosticceria di "Totò u vastiddaru" che vanta un fortunato passato da ambulante. "Non ci sono discussioni, si chiamano arancine".

Non poteva mancare all'appello il Bar Touring, che il 13 settembre del 1997 per il peso record delle sue arancine (280 grammi) si è guadagnato un articolo sul Giornale di Sicilia titolato: "L'arancina-bomba", con la 'a'. La proprietaria ci invita a parlare con l''esperto', Salvo, il banconista, che ci svela alcuni particolari della storia dell'antico manicaretto. "È stata inventata dagli arabi, era una palla di riso che noi siciliani, notoriamente golosi, abbiamo condito in modo appetitoso". Riguardo alla nostra indagine ci illustra la sua personale teoria: "L'arancina, che facciamo qui a Palermo, ha il ripieno di carne e piselli, mentre a Catania, dove la chiamano arancino, al posto dei piselli c'è la mozzarella".

Dulcis in fundo, a gettarci nuovamente nel caos quando credevamo di avere intravisto un barlume di luce, ci pensa il Bar Santoro di piazza Indipendenza che, a sorpresa, reca scritto sul banco della rosticceria 'arancini'. Incuriosita chiedo spiegazioni. "Scusa se te lo dico - mi chiede a sua volta il banconista - ma con tutti i problemi che ci sono nel mondo proprio a questo vai a pensare?"... e come dagli torto!?!?!



Per dare una soluzione definitiva ai cocenti dubbi non è rimasto allora che chiedere aiuto allo storico palermitano Gaetano Basile, direttore della rivista "Il Pitrè", esperto di tradizioni popolari e cucina siciliana, che dopo aver fatto un excursus storico, ha affrontato il problema linguistico risalendo alle origini etimologiche del termine.

Per adesso non definiamo il genere, ma limitiamoci alla pietanza. Quando nasce e come è fatta?
"Si tratta di un piatto della cucina araba, fatto di riso profumato di zafferano arricchito di verdure, odori e di pezzetti di carne. Normalmente veniva servito al centro della tavola in un unico vassoio e, come era consuetudine anche dei nostri contadini, ognuno per mangiarne allungava le mani. Un giorno per renderlo da asporto gli arabi ne fecero una palla simile ad una arancia, che impanata e fritta acquistò consistenza, tanto da resistere al trasporto. Inoltre parliamo di una vivanda che non va a male rapidamente e si mangia a temperatura ambiente".
In origine era ripiena di ragù come oggi?
"Era fatta solo di riso, a quel tempo il pomodoro doveva ancora arrivare dall'America. I primi acquisti della nobiltà siciliana di pomodoro sono datati 1852. Da quella data l'ortaggio diventò un affare entrando a pieno titolo nella cucina siciliana, tanto da poter parlare di un "processo di pomodorizzazione". Infine diventò uno degli ingredienti principali del ripieno dell’arancina, ma non aveva nulla a che fare con il piatto originale".

Quindi c’era la carne ma senza pomodoro?
"Alle origini non c’era un vero e proprio 'dentro' da essere riempito. L’idea del ripieno nacque parecchio tempo dopo. Una volta ad una festa ho fatto assaggiare alla gente l’arancina primitiva che fu trovata deliziosa anche se mancava il ripieno".

Oggi tra la Sicilia occidentale e la regione orientale dell'Isola c’è differenza nella forma o nel condimento?
"Sostanzialmente no. Anche se qualcuno per risparmiare sullo zafferano, soprattutto nel Messinese e in provincia di Catania, usa il sugo del pomodoro per colorare il riso. In questo modo l’arancina assume una colorazione e un sapore leggermente diverso. Per quanto riguarda le dimensioni, non esiste una misura standard, normalmente le arancine dovrebbe pesare 200 grammi (fanno eccezione quelle del Bar Touring di Palermo che sono di 280 grammi), ma a onor del vero non è che esista una regola culinaria che ne indichi il peso".

Bene, passiamo al nòcciolo dell'intervista. 
Si chiama arancina o arancino?
"Anche se qualcuno è ancora convinto del contrario si chiama arancina. Si tratta di una palla di riso con la forma e il peso dell'arancia, quindi arancina. Se si fosse scelto il termine arancino avrebbe avuto la forma dell’arancio (l’albero) o di un ramo. L’Accademia della Crusca è stata molto chiara in proposito: il frutto va al femminile, mentre l’albero da cui ha origine va al maschile. Il pero dà la pera, il melo dà la mela, l’arancio quindi l’arancia".

Ma consultando i maggiori dizionari italiani, abbiamo scoperto che il termine corretto sembra essere arancino? 
"Ne sono al corrente, ma è comunque un errore".

Ma come mai diventa arancino, soprattutto nella regione orientale dell’Isola?
"Alcuni col termine arancino non indicano l’arancina di cui stiamo discutendo, ma quella a forma di pigna, che non si chiama arancino ma supplì. La storia di questo manicaretto è un’altra. Fu inventato dai cuochi delle grandi casate per rendere più appetibile il riso ai rampolli nobiliari che si rifiutavano di mangiarlo. Nasce dal famoso dolce che si chiama “la fava del re”, un cake che si cucina per l’Epifania dove veniva nascosta una fava secca, in seguito d’avorio, d'oro o d’argento, mentre oggi è di ceramica. Il bambino che trovava nella sua fetta la fava diventava re per un giorno. Insomma una specie di arancina con la sorpresa, questa sorpresa, surprise, da noi diventò ‘u supplì".

Ma si può dire che l’arancina è nata a Palermo o comunque nella Sicilia occidentale?
"Di questo non possiamo essere certi, è un piatto che è nato in Sicilia nel periodo saraceno, quindi che l'inventore si chiamasse Giuseppe o Pasqualino o che provenisse da Catania o Agrigento piuttosto che da Palermo ci è impossibile determinarlo. Era una pietanza popolare, e in quanto tale non possiede un unico creatore".

Sul Traina, un dizionario siciliano edito a Palermo nel 1860, troviamo arancinu. Come si spiega? 
"Preciso che il migliore dizionario siciliano è quello di Vincenzo Mortillaro, che insegnò semiologia della lingua italiana all’Università di Bologna ai tempi in cui era rettore Carducci. Qui troviamo arancinu. A quell’epoca infatti non si era chiarito che il frutto andava al femminile mentre l’albero al maschile. A questo linguaggio ottocentesco comunque bisogna fare sempre molta attenzione. Ad esempio se cerchiamo il termine 'melanzana' non lo troviamo perché a quel tempo si chiamava petronciana".


Ecco dunque che l'arcano non poteva essere svelato meglio di così. L'aiuto "scientifico" di un cultore della lingua siciliana e della nostra storia regionale chiarisce ogni possibile dubbio.
Non siate dunque timidi di fronte ad amici aldiquà e aldilà dello stretto. La palla di riso ripiena ha un genere ben definito, ed è quello femminile!!

sabato 10 novembre 2012

La vulva perfetta: mito o folclore?


"L'altra notte l'ho portata su, per compassione, e indovina un po' cosa aveva combinato quella troia svanita? Se l'era rasata... nemmeno più un pelo sopra! Hai mai avuto una donna che s'è rasata la fregna? E' repellente, no? E anche buffo. Come dire? pazzesco. Non sembra nemmeno fregna: pare un'ostrica morta, o roba del genere. [..] E mi racconta come fu che, incuriosito, scese dal letto, e andò a cercare la lampadina a pila. [..] Gliela facevo tenere aperta, e ci mandavo sopra la luce. Avresti dovuto vedermi... era comico. Mi ci misi con tanto impegno che mi ero completamente scordato di lei. In vita mia non ho guardato una fica con tanta serietà. Quasi che non ne avessi mai vista un'altra prima. E quanto più la guardavo, tanto meno mi diventava interessante. Basti questo a dimostrarti che non c'è proprio dentro nulla, specialmente quando l'hai rasata. E' il pelo che te la rende misteriosa. Ecco perché una statua ti lascia freddo. Solo una volta ho visto una fica vera in statua - era di Rodin. Vai a vederla una volta o l'altra... tiene le gambe spalancate... non credo che avesse la testa. Fica e basta, come si suol dire. Gesù, era orrenda. Il fatto è che sembrano tutte eguali. Quando le vedi coi vestiti addosso ti immagini chissà cosa; gli dai, come dire? una personalità, che naturalmente non hanno. Ha un cretto fra le gambe, e basta, e tu ti monti, per quel cretto, e invece poi non lo guardi. Sai che c'è e pensi solo a metterci dentro il piolo; par quasi che sia il pene a pensare in vece tua. E' una illusione! T'infiammi tutto per niente... per un cretto col pelo sopra, o magari senza pelo. E' così completamente privo di senso che provavo una specie di fascino a guardarlo. Credo di averlo studiato per dieci minuti, anche di più. Tutto questo mistero del sesso, e poi ti accorgi che è nulla, un vuoto e basta. Non sarebbe divertente trovarci dentro un'armonica... oppure un calendario? Invece non c'è nulla... nulla di nulla. E' schifoso. Io quasi ci diventavo matto... Senti sai cosa ho fatto dopo? L'ho scopata alla svelta e poi ho voltato la schiena. Sì, ho preso un libro e mi son messo a leggere. Da un libro si ricava qualcosa, anche da un brutto libro... ma da una fica, è proprio tempo perso..."
Con queste parole da "Tropico del Cancro" di Henry Miller, preannuncio che non sarà un post come i precedenti. Oggi mi sono voluta spingere ben più in là, affrontando un argomento che attanaglia le menti di molti, per quanto negazionisti. Esiste forse la vulva perfetta???
Vi pongo questa domanda perchè, leggendo un articolo del tutto bizzarro sulla chirurgia plastica della vagina, mi sono resa conto che una risposta ufficiale non è stata ancora data e probabilmente non esiste neanche. E' uno di quegli argomenti che vengono tirati fuori ad hoc per crearvi un business attorno. Rimane a noi poveri umani però di gentire la patata bollente. Ahaha, scusate il giro di parole!!!
Ho letto infatti che una tipa si sarebbe sottoposta ad un’operazione di chirurgia estetica nelle parti intime con lo scopo di avere una "vagina perfetta". Si, proprio così "una vagina perfetta". Immaginatevi la mia faccia a forma di punto interrogativo quando ho letto la cosa. 
Per carità non hanno iniziato ieri a parlare di chirurgia estetica dei genitali. Chi non ha mai sentito parlare di sbiancamento dell'ano, o di ricostruzione dell'imene o peggio ancora di iniezioni dell'imene per ispessire il punto G al fine di aumentare (dicono) il piacere sensoriale durante il rapporto sessuale? 
Eppure, sebbene non mi fossero nuove simili circenserie, davanti alla “vagina perfetta” rimango confusa. Forse perché,  ingenuamente, pensavo che una delle cose belle della vagina fosse proprio la capacità di essere libera di apparire "alla come viene". Esattamente come accade per il pene. Ecco, sottolineo "ingenuamente", perchè poi a riflettere più approfonditamente mi viene in mente che in fondo non tutti i peni sono fatti per essere guardati. Per cui mi sorge il dubbio che lo stesso valga per la nostra misteriosa amica. Il che implica, ed è questa la cosa che più mi lascia perplessa, che ci sia un modello a cui aspirare
L'esperto di chirurgia dei genitali Jamal Sahli affermava infatti che la mitologica vulva perfetta fosse quella dotata di "colorito roseo, pelle elastica, buon odore, nessuna ruga e pochi peli". 
Ma cos'è un organo sessuale o un bambino appena nato?? Bisognerebbe fare attenzione a che tipo di definizioni si danno, per quanto una accurata igiene personale e una "manutenzione" non siano necessariamente mostri da evitare. Anzi. 
Tuttavia, date le menti deboli che pervadono il mondo, oggi come in passato e purtroppo come in futuro, per la spasmodica ricerca di questo fantomatico santo graal vaginale, sempre più donne sono pronte a sottoporsi ad operazioni assurde "perchè non si sentono perfette", come se la perfezione esistesse davvero. 
Ma quando lo capiremo che il bello di ciascuno di noi è proprio l'insieme di tutte le nostre cosiddette imperfezioni?? 
Sull’argomento un fantastico documentario inglese del 2008 intitolato per l’appunto, The perfect vagina, affronta questo crescente fenomeno di chirurgia estetica in un modo fresco e diretto. L'autrice Lisa Rogers, mettendosi in gioco in prima persona, per venirne a capo interroga gli amici e la madre, incontra donne che si vogliono operare, chirurghi estetici e un artista che realizza opere con il calco della vulva di donne normali (vedi foto sopra). Si sottopone a tutte le esperienze fino a ricreare un gruppo di autocoscienza femminile in cui ci si osserva reciprocamente tra le cosce.  Segue perfino in sala operatoria una ragazza che si opera perché "insicura", e indovinate un po' quale sia l'idea finale dell'intero percorso??? Che ogni vagina è diversa e va bene così!!! 

lunedì 17 settembre 2012

CINQUANTA INUTILI SBAVATURE DI ROSSO

Ricompensa ricca a chi riuscirà a spiegare perchè gli aspiranti presidenti della Regione Siciliana siano così inaciditi e esacerbati gli uni con gli altri. Ma soprattutto con gli stessi candidati del proprio schieramento.

Comprensibile che ciò avvenga a Destra, dove è in ballo un sistema di potere ormai da tempo consolidato, e che di recente ha solo cambiato gestione. Ma a Sinistra? Crocetta è così diverso da Fava? Tanto da giustificare i toni che intercorrono fra i due? E Orlando, perché schifìa entrambi?
Le sfumature ideali sono talmente labili da risultare impalpabili. Almeno per me.
Di sicuro non vengono fuori dal dibattito in corso, basato sul rinfacciamento reciproco di beghe, direi quasi, da condominio.
Preoccupazione? Che un qualsiasi elettore sprovveduto e sconfortato penserebbe che dietro ci sia più egocentrismo che reale diversità.

martedì 28 agosto 2012

Born barefoot. Nati scalzi.

C'è una parte del nostro corpo che non vede quasi mai la luce: il piede. Spesso costretto in una gabbia di cuoio e plastica, vive una vita di costrizione, insofferenza, soffocato quasi fosse una punizione impossibile da alleviare. Per fortuna però, negli ultimi anni, questo mausoleo della libertà comincia ad avere la sua rivincita e un numero crescente di persone, infatti, comincia a pensare che sia il caso di cambiare abitudini, di "ritornare alle origini", di abbracciare filosofie e progetti che abbiano come obiettivo di riprendere contatto con quello che ci circonda.
La proposta è quella di recuperare un contatto permanente con il mondo, anche a questo livello. Il piede riesce a sentire quello che occhio e orecchio non sono in grado di percepire: si sente il calore, la consistenza del terreno e riassaporando questo atavico strumento del senso, si reimpara a sentire il morbido, il duro, il caldo, il fresco. Sensazioni cui non siamo più abituati. Perchè l'uso indiscriminato delle scarpe ci toglie qualcosa. E' come mettersi i tappi alle orecchie.

Certo, è dura liberarsi delle scarpe...ovviamente non dico di non usarle mai, ma di usarle quando effettivamente ne abbiamo bisogno. Usarle come usiamo i guanti: quando servono si usano, quando non servono, si può andare scalzi. In tante occasioni infatti le scarpe sono perfettamente inutili.
Camminare scalzi, però, non è solo un'abitudine da recuperare. E' soprattutto una scelta di vita.
Da bambina vivevo scalza d'estate e anche d'inverno, dopo la scuola, non vedevo l'ora di tornare a casa per "liberare i piedini". Mi sentivo bene. Da quasi adulta mi sono detta: perché mai non posso recuperare questa abitudine? Che cosa me lo impedisce? Si vociferava dei rischi, dei pericoli. Così mi sono informata: non ci sono rischi a livello igienico. I vetri? Si vedono e si evitano. 
Dobbiamo solo recuperare consapevolezza di essere dotati di piedi.
Ci sono peraltro anche dei benefici fisici: si riduce il dolore alla schiena, la postura è migliorata. Tutto il nostro corpo ne trae beneficio. E poi andare scalzi vuol dire essere collegati alla terra e a qualsiasi altro scalzo che c'è sulla terra. E' una forma di unione. E anche di rispetto verso ciò che ci circonda: a piedi nudi siamo portati a riflettere su quanto calpestiamo.

Qualche consiglio per chi volesse iniziare? Cominciate a togliere le scarpe quando non servono. Vedrete che succede spesso. Più di quanto crediate. Naturalmente bisogna procedere per gradi. Non si può certo andare per mezz'ora sull'asfalto se non abbiamo i piedi allenati, o peggio ancora in montagna o sulla ghiaia. Usare la testa per affrontare questa esperienza sensoriale è fondamentale. Bisogna dare tempo al tempo. Iniziare a piccoli passi, e ça va sans dire, senza scarpe!!!



venerdì 24 agosto 2012

Lasciarsi: l'inutile pesantezza del partecipare.

Lasciarsi, a quanto mi dicono, significa appunto questo: lasciarsi. E’ dura, ma è chiaro: niente più chiacchiere, niente più incontri, niente più carezze… tieni le mani a posto! E’ finita. La metà di quelli che conosco, dopo essersi lasciati, traslocano, e per me non fa una piega. Di nuovo, per lo più noi donne lo sappiamo già: non si dovrebbe andare a letto con il ragazzo che la settimana prima ci ha spezzato il cuore. Bene. E allora che cosa facciamo? Come riempiamo il tempo libero, se non provando a riconquistarlo (tentando, nel frattempo, di convincere le nostre amiche che in realtà non è quello il nostro obiettivo)? 

Bene. La prossima volta che mi ritroverò in una situazione del genere piangerò. Resterò a letto con una scatola di kleenex. Se riuscirò a raccogliere le forze, andrò in palestra. Chiamerò tutti i miei amici per ammorbarli con i miei lamenti. Dormirò all’infinito. Poi piangerò un altro po’. Andrò più spesso dallo psicoterapeuta. Mi comprerò un cucciolo. E farò tutto quello che bisogna fare per riuscire, alla fine, ad andare avanti.
Tratto da: La verità è che non gli piaci abbastanza (He’s Just Not That into You), 2009, Ken Kwapis.

mercoledì 22 agosto 2012

Mr. Grey? Ottimo direi!!!

Avete presente quegli asettici rettangoli tridimensionali che di solito riempiono gli scaffali di biblioteche, librerie e boiserie antiquate magari dimenticate da Dio? Dentro ci potete trovare tante di quelle informazioni o tanti di quei voli di fantasia che, se vi mettete d’impegno, magari potreste leggere qualche cosa che vi cambia la vita.
Non so se sia questo il caso, in particolare, sebbene nello specifico a me sia paiciuto molto, ma in una estate così calda e (almeno per me) all'insegna del risparmio, imbarcarsi in una lettura può risultare alquanto catartico.
Sicuramente ne avrete sentito parlare. E' una trilogia appena sfornata. Lettrici di tutto il mondo ne stanno divorando le pagine, non potendo divorarne il protagonista e, ahimè, io sono una di quelle.
E' stata una scoperta. Una storia che reputavo del tutto banale e della quale avevo letto solo critiche negative, è invece riuscita a stregarmi. E in positivo.
Non so, sarà che in questo periodo della mia vita, sento uno strano bisogno di avventura, o magari è l'eccessivo caldo che rende i miei neuroni più sensibili, ma io l'ho trovato davvero stimolante. La storia, per quanto in alcuni tratti abbia dell'assurdo, riesce a non scadere mai nel volgare, a trasmettere profondità, a stimolare la curiosità nei confronti di un soggetto che ha tutti i requisiti per sembrare il re dei sessualmente disturbati.
Sorpresa? Credo di parlare a nome di molti, quello che ne viene fuori è che, in fondo, siamo un po' tutti dei "disturbati", dei "complicati". Ci portiamo dietro un bagaglio così immenso di eventi, ricordi, dolori, sorrisi, delusioni, fisime e orrori che sarebbe assurdo il contrario.
Cosa conta? Trovare qualcuno che ci permetta di metabolizzarli nel migliore dei modi. Perchè alla fine dei giri di giostra, l'unico scopo di tutta questa spasmodica ricerca "d'amore" che ci stressa tutti, è solo uno: incontrare se stessi nell'incontro con l'altro!

Ovviamente, non vi svelo nulla di più delle mie impressioni perchè non vorrei mai che qualcuno interessato ai romanzi, possa venire privato della loro scoperta, tuttavia posso senza dubbio affermare che si tratta di un libro leggero per tutte le età, che ironizza con criticità sul mondo del fetish, sebbene tra le righe nasconda una storia tutta cuore.
Pertanto se siete persone curiose di sapere e senza pregiudizi, beh, ve lo consiglio proprio!
E se vi rimanesse tempo per una rielaborazione, allora non perdetevi neanche "Cinquanta sbavature di Gigio": la parodia italiana in uscita il prossimo 28 agosto. Io ne ho già prenotata una copia ;)
Buona lettura bardottini!!!



mercoledì 4 luglio 2012

Fifi Lapin ed il suo stylebook arriva in Italia!


Non tutti conoscono l'eccentrica Fifi Lapin! Se siete ancora tra quelli che ne ignorano l'esistenza, vi consiglio di correre subito ai ripari e rimediare. Scoprirete una fashion blogger che non ha nulla a che vedere con le statuarie bambole di cera che occupano la rete o con i vari mannequin che continuamente vediamo tra gli invitati agli eventi più cool del mondo della moda. Fifi è una lapina di tutto rispetto, che prende seriamente quanto di fashion trova intorno a lei e non solo; è così appassionata e piena di verve che se potesse anche solo per una volta saltar fuori dalle pagine disegnate, avrebbe di certo una parola per tutti!
Fifi Lapin è nata da carta e penna nel 2007 ed è la coniglietta più fashion al mondo. Bennie va matto per lei. Ha un guardaroba da far invidia alle più incallite shopping-dipendenti e interpreta la moda sfoggiando gli abiti più belli visti sulle passerelle di tutto il mondo. Di lei si sa poco, assolutamente niente invece della disegnatrice, figura rimasta nell’anonimato dal momento della comparsa sul web di questa creaturina batuffolosa. Numerose sono state negli anni le collaborazioni e le stampe dei suoi outfit più accattivanti apparse su t-shirt e gadget, un libro era il passo successivo e così dopo l’uscita in Cina, Corea e Stati Uniti, Fifi sbarca in Italia con il suo “Cosa mi metto oggi?” edito da Hop edizioni nella sua collana patinata “Glam Glam”.
La guida di stile che ha divertito l'Inghilterra, è vero e proprio vademecum per destreggiarsi nel mondo della moda, dotato di uno humour snob e raffinato tipicamente anglosassone.


Tra le  pagine del libro Fifi infatti consiglia, in un diario lungo una settimana, gli outfit migliori per ogni occasione, indugia con sapienza sui dettagli di struttura e texture, per aiutarci, a seconda della nostra silhouette, a non commettere insopportabili fashion-gaffe che tanto vorremmo evitare, soprattutto in pubblico. Ci propone accostamenti e mix delicati, partendo dai maestri, dagli esperti di stile, a cui si raccomanda di guardare sempre e comunque.
Non dimentica però le possibilità economiche di ognuna e pensa anche ai portafogli meno gonfi....dal momento che persino la sua carta di credito gold, un giorno, l'ha tradita senza alcun preavviso... :)
Chicca che potrà sicuramente piacere le più appassionate di stile è data dalle numerose interviste ai designer più cool come Eley Kishimoto, Emma Hill, Barbara Hulanicki, Michael van der Ham, Erdem, Anna Sui e Paul Smith, così come dalle ricette detox, le guide viaggio e i consigli per il make-up. Insomma, Fifi ci dimostra che nonostante le sue lunghe orecchie, il suo petto piatto, e il suo sederone batuffoloso, riesce ad essere sempre impeccabile ed ironica, incoraggiando anche le più scettiche a credere nell'"everyday chic"!

    “Lui e Lei. Sonny è il mio fidanzato da sempre e quando si tratta di guardaroba, mi piace prendere un sano atteggiamento della serie "ciò che è tuo, è mio". Se si lamenta, semplicemente gli spiego, "amore, è solo che i tuoi vestiti stanno molto meglio a me!". Finché la vostra metà ha una parvenza di stile (e se non ce l'ha, come potete realmente prendere sul serio questo rapporto?) dovreste essere in grado di trovare qualche cosa di interessante e appropriarvene. Scegliete le forme più maschili e accostatele a una minigonna o a un jeans skinny”.
    “Corto è meglio. Dimenticate i look seriosi, i party sono fatti per divertirsi. Optate per qualcosa di corto e lasciate quelle gambe libere sulla pista. Fifi Lapin - Licenza di flirtare”.


Fifi Lapin e “Cosa mi metto oggi?” ci aspettano in libreria!!

mercoledì 20 giugno 2012

Serve giusto un forno ventilato...

Caldo. Tanto caldo. Troppo caldo. Come non desiderare allora di essere in riva al mare a farsi coccolare dalla brezza delle onde mentre si gusta una buona "brioscia" col gelato? Impossibile non farlo.
Cosa è la brioscia? A Palermo chiamamo volgarmente così quella che nel mondo è meglio nota come "brioche", sebbene comunemente qui al nord chiamino brioche quelli che per noi meridionali sono i cornetti o croissants. 
A tal proposito ricordo che anni fa, in una gelateria del centro di Trento, chiesi una brioche con gelato e mi guardarono come fossi un alieno camuffato da terrona, mi spacchettarono un buondì e mi ci ficcarono dentro due palline di gelato. Già due palline. Solo due palline. Ma come si fa a non capire che un'arte così delicata come quella dei mastri gelatai non può, anzi non deve essere a tal punto bistrattata? Il gelato è un elisir per pancia e anima e deve RIGOROSAMENTE ESSERE SPALETTATO!!!!
Adesso, quando ci penso, mi vien da ridere perchè mi rendo conto che a quel tempo pretendevo di farmi capire pur parlando una lingua completamente diversa, ero insomma una sorta di Don Chisciotte della panza perchè andavo in cerca di mulini a vento che macinassero farina e infornassero brioscine. 
Ciononostante ancora oggi non riesco ad abituarmi all'idea che di brioche col "tuppo" è scarso il nord. Non mi basta sapere che al rientro in terra madre (la sicilia!!!) ce ne sono a centinaia che attendono in ansia il loro destino di essere tagliate e farcite, possibilmente con gelato e panna.
Ecco perchè ho deciso di dare retta a Maometto. Visto che non posso andare dalla brioscia, sarà lei a venire da me. Serve giusto un forno ventilato e poi, poco importa che sia isola o continente, di lei avrò pieno il ventre!!! :)

martedì 1 maggio 2012

Lapino docet.

Premetto. Non sono una fanatica. Non sono una di quelli che qualunque cosa facciano, devono sempre trasformarla in un'arma di autopromozione sociale. Si, amo gli animali. Si, adoro cani e cavalli. Talmente tanto che alcuni di loro sono ormai pezzi del mio cuore. Compreso un piccolo niglio che da quasi due anni convive con me e dal quale ho imparato una grande lezione. Quella dell'amarsi in silenzio. 
Forse molti di coloro che si imbatteranno in questo post, penseranno che è il classico sfogo di una "padroncina" che deve sbandierare in giro l'entusiasmo per il proprio "peloso". Beh, no. 
E' solo esigenza di rispondere a tutti quelli che puntualmente affermano che il coniglio è un animale stupido. Un mammifero che sta bene al forno con le patate perchè non è capace di dimostrare affetto o complicità. 
Ovvio, non è un cane o un gatto. Non serve mica una laurea per capirlo. Ma il fatto che abbia un modo diverso di relazionarsi non significa affatto che non sia capace di regalare affetto. Anzi. Convivere con uno di essi muta decisamente le abitudini di pensiero su questi esemplari e sul mondo animale in generale. 
Perchè? Perchè con loro non puoi dare tutto per scontato. Così come gli esseri umani, vanno prima capiti.
Vivere con un coniglio ti insegna ad avere pazienza. La pazienza di chi è costretto a rimanere in silenzio, di chi non possiede una voce. Un coniglio non può abbaiare o miagolare o ancora pigolare per attirare l'attenzione. Un coniglio attende. Attende che i tuoi occhi incrocino i suoi, che i suoi gesti non rimangano incompresi. Loro ascoltano, osservano, analizzano e scrutano. Non si impongono, chiedono. 
Chiedono che tu abbia cura, premura, voglia. Che la mattina quando ti svegli, tu capisca che anche loro iniziano con te la loro giornata e che quindi hanno diritto ad una colazione da campioni. E che anche se la nutella è decisamente una delizia, di cioccolata e patatine si può star male.
Sanno bene che messi in gabbia, mordere le sbarre non serve ad essere liberati. Che arrabbiarsi non serve. Sanno anche però che non c'è limite che non possa essere superato. Non c'è mobile troppo elevato per essere raggiunto e non c'è cavo di pc o cellulare che sia troppo duro per essere rosicchiato o divano che non possa essere conquistato. 
Per loro è d'obbligo TENTARE. Affrontare gli ostacoli con tenacia, perseverare, perchè tutti i propri sforzi alla fine saranno ripagati. 
Ti insegnano anche a gioire per le piccole cose. Un salto può essere bello anche solo per il piacere di farlo, anche se non ha uno scopo immediato come raggiungere una carota nella dispensa. 
Quel che conta è gioco, vita, emozione. E' un tappeto che scivola via sul parquet, è zigzagare sull'erba con il vento che sbatte sul muso.
Ti insegnano che l'affetto va meritato, che i sentimenti non vanno sprecati, ma che vale sempre la pena di dare un'occasione ad uno sconosciuto, di avere pazienza e aspettare prima di capire se ci si può fidare o meno. Non dare tutto subito per poi ritrovarsi delusi e distrutti. Non serve prostituirsi sentimentalmente. Essere selettivi non è una malattia ma un mezzo di sopravvivenza. E in fondo se poi non vuoi che qualcuno ti abbracci, puoi sempre sbattere la zampa, mordere o girare le spalle con grande indifferenza. Ma puoi anche invece dargli bacini sui piedi, saltargli in braccio per tenergli compagnia e solleticargli la pancia!!
Ti insegnano che anche se a volte ti sembra che il mondo intero pensa di te che sei un essere inutile ed insignificante, ci sarà sempre qualcuno che avrà voglia di tornare a casa e prendersi cura di te, e per il quale sarai la ragione del suo sorriso.
Ti insegnano che gli spazi vanno difesi, con la grinta di un leone, ma che dormire in due è decisamente meglio, ammesso che l'altro non russi.

Insomma un coniglio ti spinge ad essere la sua voce, in modo che lui possa essere il tuo cuore!!

domenica 29 aprile 2012

D'una stella vince il raggio.

Avete mai avuto l'impressione di essere tremendamente bravi a incasinarvi l'esistenza? Io, sì!
Tendo a ripetere con ostinatezza manovre che hanno come risultato quello di scombussolare del tutto la mia vita.
Ecco allora che forse servirebbe trovare una qualche strategia, una sorta di vademecum!
Innanzitutto, quello che bisogna evitare è la costante incapacità di vivere nel presente. Non possiamo vivere rimuginando continuamente sul passato o sperando in un qualche brillante futuro, perchè la vita altrimenti ci passa accanto e ci saluta da lontano. Come dice la mia mamma, il miglior tempo non è quello che viene, ma quello che passa, quindi viviti il giorno!
Immediata conseguenza sarebbe il non essere mai felici, e invece dobbiamo ricordarci sempre che abbiamo dentro di noi tutte le risorse che servono per trasformare la nostra esistenza nell'opera d'arte che merita d'essere. Bisogna solo sforzarsi di avere coraggio nel seguire i nostri reali bisogni e non quelli che risultano semplicemente più comodi da raggiungere. Credere in se stessi è una delle cose più complicate che ci sia, lo so. Io sono la regina degli insicuri. Nel trovare alibi a me stessa sono una vera campionessa. Il problema è che poi rimpiango il momento in cui mi sono lasciata convincere dall'alterego a percorrere una strada e non l'altra.
Chissà, probabilmente i dubbi ci sarebbero in ogni caso o forse sarebbe tutto più facile se sapessimo con esattezza ciò che vogliamo. Perchè per evitare di attrarre nella propria vita quello che non desideriamo affatto, è necessario chiarire cosa vogliamo ottenere e imporci di imparare come metterci a fuoco.

E ovviamente compreso questo ultimo punto, diretta conseguenza è evitare di aspettare prima di trasformare in azione ciò che si è deciso. Rimandare, procrastinare, tergiversare, tentennare o peggio ancora fuggire sono tutti comportamenti che contribuiscono a creare inevitabilmente altra confusione.
La tentazione sarà tanto più forte quanta più insicurezza ci distingue. Per questo è importante scommettere di più su se stessi. Darsi fiducia. Tenere bene a mente che è inutile cercare di essere perfetti. Troppe persone (e in questo particolare gruppo mi ci ficco a capofitto) vorrebbero fare tutto, perfettamente e subito. Respirate, metabolizzate e poi cercate di capire che è umanamente difficile se non impossibile. Bisogna dare a noi stessi lo spazio di sbagliare, perchè è proprio questo spazio che stimola evoluzione e realizzazione.
Il mondo non è fatto per le dicotomie giusto/sbagliato, bianco/nero, capace/incapace. Se la natura ci insegna che di sfumature non se ne hanno mai abbastanza, perchè decidere di imbrigliarci nel classico dilemma: valgo qualcosa o non valgo abbastanza?
Se presa una direzione, il risultato non è quello sperato, cerchiamo di domandarci se esistono alternative prima di sotterrare la testa come degli struzzi. Domandiamoci: in quale altro modo avrei potuto farlo?
Se riusciamo a fare tutto questo, è segno che l'insicurezza che spesso ci blocca può diventare nostra grande amica. Trovare alibi, autogiustificarsi per i fallimenti che creano dolore è mentire a se stessi, e in più non aiuta per niente. Perchè? Perchè ci costringe a rimanere troppo a lungo in una condizione di depotenziamento, un circolo vizioso in cui più stiamo male e più (ci teniamo) a stare male, e invece serve rompere questo cerchio autodistruttivo e imporsi di comunicare con se stessi, prestarsi attenzione e ascoltare i propri pensieri. 
Molti di voi, arrivati a questo punto della lettura, si staranno domandando come mai oggi ho deciso di ammorbarvi con questa psicologia spicciola che tutti conosciamo. Beh, perchè sono mesi che provo ad ascoltarmi di più e che faccio fatica. Scrivere quello che penso quindi potrebbe rimodulare il concetto e dargli maggiore coscienza.
La mente è spesso usata come freno e non come mezzo di accelerazione. Dobbiamo abituarci invece, ed è in questo che faccio appello a me stessa, ad utilizzarla come propulsore di ottimismo e fiducia, di entusiasmo e di gioia.
Per evitare che tutto quanto venga vanificato, infine, è assolutamente necessario abbandonare l'idea che tante regole aiutano e imparare a sfuggire i condizionamenti altrui e dell'ambiente circostante.

Non bisogna avere paura di sbagliare perchè poi chissà gli altri che penseranno, chissà se mi appoggeranno, chissà se ci saranno ancora.
Sbagliare aiuta a crescere e ci dà la misura di noi stessi. Dimenticare i postulati viziati del "O una cosa la faccio perfetta o non la faccio affatto" è fondamentale, perchè quello che realmente conta è cercare di essere il meglio che possiamo essere e non il meglio che si possa essere. 
E fondamentale ancora è ricordarsi di sorridere perchè come disse Charlie Chaplin: "Un giorno senza un sorriso è un giorno perso" !!

martedì 24 aprile 2012

RE: Le apparenze ingannano???

Qualcuno ricorda il mio ultimo post?? Descrivevo alcuni dei miei dubbi su una candidata alle prossime elezioni per il sindaco di Palermo. Il mio è un blog del tutto personale, senza nessuno scopo propagandistico o peggio ancora denigratorio, ma per quanto lo spazio che occupa nel cyberuniverso sia infinitamente piccolo, le mie parole sono giunte alle orecchie della donna in questione, o meglio ai suoi occhioni.
Come faccio a saperlo? Perchè, evidentemente non contenta di come l'avevo descritta, ha voluto lasciarmi un commento nell'intento di mettere in luce qualità che avevo trascurato. Prima fra tutte l'autoironia.
Gioia Gange infatti rispettosa del mio diritto di opinione, mi ha semplicemente invitato a dare uno sguardo al suo programma elettorale. (http://gioiagange.wordpress.com/)
Per carità, io rimango una elettrice di sinistra, e nonostante l'invito e l'approfondimento continuo a pormi la stessa domanda: “Chi è stato l’ultimo sindaco e a quale schieramento apparteneva?”. Tuttavia non nego a nessuno la possibilità di proporsi a dispetto delle critiche a carico dei propri predecessori, anche perchè in fondo, ogni uomo o donna che abbia a cuore la res politica di una città come di una nazione, deve comunque fare i conti con il proprio mandato e presto o tardi anche con la propria coscienza. E di buone coscienze ce ne stanno sia a destra che a sinistra (così come purtroppo le cattive).
Preciso. La mia non è una posizione di ideologismo fine a se stesso. I miei valori, semplicemente, si indirizzano altrove e lì siedono pacifici.
Premesso che non credevo che quanto scritto potesse avere una eco tale da attirare l'attenzione della Signora Gange, aggiungo che mi pare da parte mia corretto dare voce al di Lei diritto di critica, nel rispetto di chi riserva a questo blog l'onore d'esser tenuto in conto, sebbene (me ne scuso) con grande ritardo, e invitare quindi i miei lettori a sbirciare anche loro nel programma elettorale portato avanti.
Rimango infatti convinta che democrazia significhi anche concedere e concedersi l'occasione di cambiare idea, e che pertanto analizzare con senso critico le proposte che la suddetta candidata ha in mente per Palermo, possa essere un ottimo metodo per ripensare a ciò che per noi maggiormente conta, a ciò che desideriamo per una città che troppo a lungo è stata abusata e dissacrata, ed eventualmente riaffermare la propria posizione o al contrario modificarla, riponendo la nostra fiducia nello schieramento e nel candidato che, fra tutti, più ci convince.
Di sicuro, devo dare atto a Gioia Gange che, nonostante tutto, nel concedermi attenzione, ha dimostrato di possedere una delle disponibilità che i politici tutti dovrebbero prendere a cuore: quella di ascoltare anche le voci più piccole.

sabato 24 marzo 2012

Le apparenze ingannano???

Sono appena trascorse le primarie per il candidato del centrosinistra e Palermo, ormai prossima alle elezioni per il nuovo sindaco, ha visto inserisci nel paesaggio inquinato della cartollonistica pubblicitaria, nuovi faccioni. Spesso così invitanti a regalare ceffoni che gli studi di Lombroso impallidirebbero al confronto.
Tra i vari candidati infatti, riuscire a scovare un qualunque anelito di bellezza è impresa assai ardua. Tra gli aspiranti al seggio in consiglio comunale, ce ne sono di davvero minacciosi.
Eppure, mi è giunta proprio stamattina la notizia che un volto interessante è apparso all'improvviso.

La sorpresa giunge ancor più inattesa. Perchè? Si chiama Gioia. Gioia Gange.
Già il nome sembrerebbe un segno preparato dall'universo per la pace dei Palermitani.
Potrebbe mai tradire la fiducia in lei riposta una donna che ha per nome uno dei sentimenti di maggiore contentezza che l'uomo conosce nella sua breve e affannata vita e per cognome un fiume divino, sacro rifugio dei poveri e disadattati d'India? Nessuno, verrebbe da rispondere. Considerato poi che si tratta di una donna bionda con gli occhi azzurri e le gote rosse. Dall'aria candida. Lo so sembra una canzone di Battisti, invece è semplicemente un grosso grasso ossimoro.
Il suo aspetto innocente infatti risalta ancora di più se la si osserva accanto alle facce dei truci che popolano il partito con il quale si presenta. Centrodestra, sì. Ma...tenetevi forti: è il partito del mitico. Già, proprio lui. Proprio quello che più di chiunque altro a Palermo aveva sponsorizzato Cammarata e la sua "prode" giunta: MICCICHE'.

Forse che allora dietro questa "dolce" principessa invitata al ballo elettorale si nasconda la strega cattiva?

sabato 10 marzo 2012

Abbiamo tutti un destino genetico (...l'uomo vittima!)

Una appassionata lettrice del nostro blog, riflettendo sulla propria esperienza personale e memore della fenomenologia che avevamo messo in piedi qualche mese fa, ha deciso di regalarci un suo piccolo contributo, descrivendo una delle tante categorie umane in cui gli uomini rimangono spesso intrappolati e che tanto fanno soffrire noi piccole donne alle prese con la ricerca del grande amore, oramai vana chimera.


L' UOMO VITTIMA. Tra tutti è il più furbo e il più subdolo. In men che non si dica, senza darvi il tempo di capire razionalmente la sua tattica vi rigira la frittata e passa da stronzo a santo incompreso trasformandovi in pochi minuti da vittima a carnefice; care donne attente perchè questa categoria è tra le peggiori in quanto può farvi improvvisamente sentire in colpa, esagerate, pesanti e insensibili e se non lo saprete riconoscere in fretta potrebbe usare la vostra accusa come pretesto per fuggire a gambe levate e da soggetti con palese ragione vi ritroverete a sentirvi sbagliati e a rincorrere il soggeto in questione pur di fa pace con lui. Non esiste una plausibile soluzione. Anche facendogli notare come la frittata da lui rigirata non sia cotta a puntino, il risultato sarà rarissimamente che questi possa sentirsi in colpa. Insomma, comunque la fate, siete voi a sbagliare e l'unica è sperare che da vittima si trasformi almeno in stronzo, perchè in questo caso, almeno smetterà di ignorarvi.

Pubblicando quanto ricevuto, colgo l'occasione per invitare chiunque abbia voglia di dilettarsi in una di queste disquisizioni o anche solo di partecipare con un suo personale contributo su uno qualunque degli argomenti che gli stanno a cuore.
Io e il mio adorato bardotto saremo più che lieti di concedervi lo spazio meritato!

Vergognarsi, talvolta, è inevitabile!

C'è un lontano spezzone del 2008 del programma AnnoZero, che se guardato nel contesto delle faccende politiche cheh stanno andando avanti a Palermo nel Centrosinistra, viene davvero voglia di vergognarsi, non solo per loro.
Se avete voglia di guardarlo, state tranquilli che soffrirete. In caso contrario, posso accennarvi che si tratta di una difesa compiuta da Ferrandelli in favore di Orlando. Già, proprio loro.
E considerata l'attualità degli ultimi giorni, sembra quasi che provenga da una specie di universo parallelo, perchè si fa davvero fatica a credere ai propri occhi e le immagini sono come un pugno nello stomaco.
Adesso, tra i due protagonisti dello spezzone di cui sopra, pare essersi scatenata una vera e propria guerra che sembra voglia una conclusione altrettanto dolorosa: la morte di uno dei contendenti, quale non importa. Basta che qualcuno venga meno insomma.
Quello che rende il tutto ancora più triste però è che il ring su cui si combatte, poggia sulle macerie dello schieramento a cui i due appartengono: il Centrosinistra. Ne viene fuori uno spettacolo penoso.
E da parte mia, per quanto mi sforzi di fare i dovuti distinguo, ormai mi vergogno di tutti. Inevitabilmente!

lunedì 5 marzo 2012

La Disney e la visione alterata delle relazioni

Vi siete mai chiesti come mai noi donne abbiamo una idea così eccessivamente romantica ed utopica delle relazioni amorose? Tutta colpa dei cartoni animati, delle principesse con i vestitini di tulle e le lunghe chiome che aspettano trepidanti e speranzose un principe azzurro che, presto o tardi, si presenta sul suo magnifico cavallo bianco, con il suo bel mantello e uno sguardo innamoratissimo. 
E noi, per anni aspettiamo il favoloso “bacio del risveglio”, quello che salva la Bella Addormentata dalla crudele strega, sebbene quel “bacio” spesso tarda ad arrivare o nelle peggiori ipotesi non arriva mai. Riceviamo, certo, un sacco di baci fisici, concreti, da uomini che crediamo essere dei veri e propri principi, ma che poi scopriamo essere solo dei ranocchi e che non ci siamo svegliate affatto, anzi, magari siamo più tristi e vuote di prima. E che l’effetto di quel bacio è poca roba in confronto a quello dato dal principe di Biancaneve. Aspettiamo a lungo che il nostro principe si presenti alla nostra porta con un bel mazzo di rose rosse e invece ce lo troviamo davanti puzzolente e infangato perché reduce da una partita di calcio. Aspettiamo che ci faccia delle sorprese magnifiche, che arrivi, un giorno, e ci porti a fare una bellissima gita, un bellissimo viaggio inaspettato ai confini del mondo, mentre è già tanto se ci accompagna al supermercato senza sbuffare davanti alla coda alla cassa. 
Cerchiamo di capire però alla base, quali sono i prototipi proposti.
Innanzitutto bisogna dire che i cartoni animati con cui sono cresciuta io, erano popolati principalmente da due tipi di donne, la fanciulla buona e bella e la strega cattiva, e questi hanno contribuito in modo particolare a cementare certi clichè oramai duri da abbattere, per quanto apparentemente innocui. 
Prendiamo l’esempio di Ariel, una sirenetta bella per quanto anche un po' svampitella, e, concedetemelo anche un po' cretina, perché ci mette un attimo a farsi ingannare. Ariel è romantica e sognatrice, attende l’amore del bel principe che ovviamente, dopo mille peripezie, riuscirà ad ottenere, spuntandoci pure un matrimonio. L’altra donna è Ursula. Brutta, vecchia, grassa e pure cattiva. Il personaggio antagonista, odiata da tutti, una stronza vera, tanto furba e sicura di sè da farsi fregare all’ultimo momento (perché, è chiaro, non può esistere un cartone senza il lieto fine).
Io, da piccola, volevo essere Ariel. La invidiavo, cantavo le sue canzoni, e, ovviamente, sognavo quel figaccione di Eric (anche lui un po’ scemo, diciamoci la verità). Crescendo, però mi allontanavo da Ariel e pensavo: “Ma cacchio, poveretta, questa Ursula, cacciata dal regno (e il gossip acquatico diceva che Ursula era stata cacciata perché aveva avuto una “liason dangereuse” con Tritone, il quale poi l’aveva mollata per un’altra), odiata da tutti, rimasta sola con due murene mica troppo furbe. Ma che doveva fare, poveretta? Ringraziare?”  
In fondo Ursula non era altro che il risultato delle favole che aveva ascoltato a sua volta e delle troppe batoste e fregature ricevute perchè si sa: quando una bella fanciulla subisce troppi colpi bassi alla fine diventa una strega. Tutte le bambine cresciute, purtroppo, lo capiscono prima o poi e lo sperimentano nella vita reale.
Citiamo adesso invece qualche esempio di ideale maschiopresentato dalla Disney, giusto per far comprendere da dove nasce l'inganno. 
1) Il principe ERIC - Lui è un ragazzo ovviamente ricco (perché, ovviamente, son quasi tutti principi, quindi pieni di soldi) che un giorno mentre passeggia col cane trova una tizia nuda sulla spiaggia. È un vero galantuomo e difatti non ne approfitta nonostante ella sia come mamma l'ha fatta, anche perché lei, che non capisce bene cosa le sia successo si sente parecchio persa. Comunque, dopo quest’atto galante, Eric invita la cara ragazza a casa sua, la veste con abiti all'ultima moda e si accorge che lei non è straniera, semplicemente non può parlare. Questa è una qualità che, in genere, è molto apprezzata e ricercata dal maschio. Lui invece non ci sta, vuole farle recuperare la voce, ma proprio quando sta finalmente per baciarla la situazione si complica, entra in scena un'altra donna, molto bella, che lo seduce. Lui, in modo tipicamente maschile, si dimentica in pochi secondi della malaugurata Ariel e si accoppia con l’altra. Salvo alla fine, dopo aver rischiato la morte, accorgersi che era tutto un inganno. Eric salva la sua bella e se la sposa anche. Vivono quindi tutti felici e contenti con il Dio del mare per suocero e un granchio e un pesce palla come testimoni a nozze.                                                     
2) Il principe BESTIA - Personaggio controverso, la Bestia, è assolutamente più appetibile quando somiglia ad un bisonte-cinghiale-nonsisaqualeanimalesia piuttosto che dopo la trasformazione in umano. Eppure l'attesa fu snervante. Il pensiero costante era: “cacchio, questo è dolcissimo, intelligentissimo, romanticissimo, chissà quando si trasforma in principe, sarà pure bellissimo!”. Poi arriva noncurante la delusione, all’apparire di un uomo biondiccio, con un capello lungo e unto. È stata una delle peggiori delusioni della mia infanzia.
    3) Il principe di BIANCANEVE - Egli intanto non ha un nome. Nel racconto ci si limita a chiamarlo Principe Azzurro e già questo lo svaluta parecchio insieme al suo look che, poverino non lo aiuta per niente. Il suo modo di conquistare le donne e conquistare Biancaneve in particolare è il canto, in particolare il canto lirico. Poi basta, il poveretto, non fa più nulla per tutto il resto del film salvo alla fine trovarsi la pappa pronta quando risveglia Biancaneve, baciandola e quindi sposandosela. 
     Alla facciazza dei poveri nani, che lavorano tutto il giorno in miniera e che devono sorbirsi tutti i giorni i gorgheggi della donzella senza avere niente in cambio.

     Ora se ci ragioniamo un attimo, sapete quali sono i personaggi che hanno più appeal? Quali sono quelli che risultano realmente più “fichi” della Disney? Gli animali. Si, loro. Pensateci bene.
Ricordate quanto era bullo Robin Hood? Romantico e macho al tempo stesso. Era perfino operante nel sociale! Una VOLPE.
E Romeo, er mejo der colosseo dove lo mettiamo? Così sensuale, affascinante e spiritoso. Era persino un musicista jazz? Un GATTO.  
Biagio, personaggio di strada, indipendente, forte, il classico tipo “che si è fatto da solo”. Ecco, Biagio, era un CANE.
E ancora Bernie, grazioso, goffo, ma anche coraggiosissimo e protettivo? Un TOPO.
 
Io dico, allora, cara la mia Disney, possibile che non fossi capace di rendere anche i principi un po’ meglio, invece di farli ricchi, stupidi e ingannabili? Perché, insomma, c'era e continua ad esserci tuttora il rischio concreto che le piccole innocenti fanciulle alle prese con simili storie si illudano che anche una volpe possa essere l'uomo ideale, e quindi rimanerne ineluttabilmente deluse alla scoperta che di volpi che parlano e aiutano anche il prossimo ce ne sono ben poche, più o meno tante quanti sono gli uomini perfetti.