Ormai è una specie di riflesso condizionato: ogni volta che muore un povero cristo di soldato italiano in missione all’estero, la Lega Nord prende le distanze dallo stesso governo di cui fa parte.
Giustamente il Ministro della Difesa La Russa ormai ci ride sopra, come dovremmo fare tutti, se poi le posizioni più strampalate non si consolidassero in rendite elettorali.
La Lega di lotta e di governo in questo modo prepara il terreno alle prossime tornate elettorali, in cui potrà contemporaneamente gestire la clientela che deriva dalle cariche ministeriali e presentare le proprie credenziali di forza d’opposizione.
Il calcolo è presto fatto: Bossi non pretende certo di diventare maggioranza, nemmeno nelle regioni dove è più forte.
Ma un quindici per cento di popolazione italiana che metta assieme deficienti, razzisti, e analfabeti, anche quelli in uscita dal cosiddetto Popolo della cosiddetta Libertà: questo sì che è un obiettivo abbondantemente alla portata.
Il fatto purtroppo è che all’interno del quindici per cento di elettori, chiamoli "stronzi", che pure hanno diritto a una rappresentanza parlamentare, c’è forse un due per cento di molto stronzi che possono essere dragati grazie alla franca mascalzonaggine dei sopradetti.
giovedì 28 luglio 2011
sabato 16 luglio 2011
Un pasticcio da depasticciare: Cammarata senza "babaluci"!
Non c’è estate palermitana senza Festino di Santa Rosalia. Una tradizione che non può essere interrotta per alcuni, un inutile dispendio di denaro che sarebbe più proficuo destinare alle reali esigenze della città per altri.
Comunque vadano le cose, la Santuzza va ricordata, sempre.
E quest'anno, è stata proprio un'occasione perduta per il sindaco della città. Dopo essersi battuto per farne approvare il bilancio, Cammarata non si è presentato lasciando da sola la Santuzza dai capelli dorati. Ed è mancato poco così che non si facesse più nulla.
Alla fine invece ne è venuta fuori un’edizione stortignaccola, che però ha garantito la continuità della tradizione. I giornali hanno parlato di un festino “sotto tono”. Non importa. La gente era lì, come ogni anno. C’erano i soliti venditori di “calia e semenza” e di “babbaluci”, accompagnati dai “colleghi” palloncini e zucchero filato, che sono una delle tradizioni del 14 luglio che rendono felici i più piccoli.
Quel che non era riuscito al quasi illuminista viceré Caracciolo nel bene, è riuscito al sindaco Cammarata, nel male.
In altri tempi sarebbe avvenuta una rivolta popolare, già di fronte all’ipotesi di un Festino in tono minore. Ma, considerata la narcosi di questi anni, la vera svolta poteva essere rappresentata solo da un annullamento totale. Che non c'è stato.
Il salto del Festino sarebbe stato un evento da tramandare ai posteri. Unico trauma che potesse generare una presa di coscienza da parte della cittadinanza palermitana che sembra ormai abituata anche alle cartoline della città con la, ormai-onnipresente, monnezza.
L'elettorato di questa città sembra quasi un gatto che continua a fare la pipì dove non dovrebbe.
E l'unica soluzione sembrerebbe quella di strofinargli il muso laddove ha sporcato.
Comunque vadano le cose, la Santuzza va ricordata, sempre.
E quest'anno, è stata proprio un'occasione perduta per il sindaco della città. Dopo essersi battuto per farne approvare il bilancio, Cammarata non si è presentato lasciando da sola la Santuzza dai capelli dorati. Ed è mancato poco così che non si facesse più nulla.
Alla fine invece ne è venuta fuori un’edizione stortignaccola, che però ha garantito la continuità della tradizione. I giornali hanno parlato di un festino “sotto tono”. Non importa. La gente era lì, come ogni anno. C’erano i soliti venditori di “calia e semenza” e di “babbaluci”, accompagnati dai “colleghi” palloncini e zucchero filato, che sono una delle tradizioni del 14 luglio che rendono felici i più piccoli.
Quel che non era riuscito al quasi illuminista viceré Caracciolo nel bene, è riuscito al sindaco Cammarata, nel male.
In altri tempi sarebbe avvenuta una rivolta popolare, già di fronte all’ipotesi di un Festino in tono minore. Ma, considerata la narcosi di questi anni, la vera svolta poteva essere rappresentata solo da un annullamento totale. Che non c'è stato.
Il salto del Festino sarebbe stato un evento da tramandare ai posteri. Unico trauma che potesse generare una presa di coscienza da parte della cittadinanza palermitana che sembra ormai abituata anche alle cartoline della città con la, ormai-onnipresente, monnezza.
L'elettorato di questa città sembra quasi un gatto che continua a fare la pipì dove non dovrebbe.
E l'unica soluzione sembrerebbe quella di strofinargli il muso laddove ha sporcato.
giovedì 14 luglio 2011
Chi muore giace e chi vive?? Beh, si compiace!
Forse è sempre successo, ma succede con sempre maggiore frequenza, quando muore qualcuno. Un amico, una persona pubblica. Le commemorazioni non è che non siano sincere, ma appaiono fuori fuoco. Il fuoco dovrebbe essere sul morto, no?
E invece sono quasi sempre i superstiti a spostare la messa a fuoco su se stessi. Ogni memoria pubblica è sempre idealmente intitolata “IO e lui”.
In forma orale, e molto più spesso scritta, l’elogiatore funebre riesce a fare sempre una gran figura. Raccoglie il sospiro delle ultime parole, ne interpreta il senso, rievoca l'amicizia, spiega con un sorriso fra le lacrime la grandezza del defunto, ma sulla base di aneddoti di cui il narratore stesso è protagonista.
Questo è vero egocentrismo: affermare la prevalenza dell’ego sulla morte (degli altri).
Quando scoppia l’applauso alla bara, fuori dalla chiesa, il popolo dei superstiti sposta idealmente la telecamera verso di sé, esprimendo oltre al lutto, un malcelato sollievo per averla scampata anche stavolta.
L’esibizionismo che si nasconde dietro l’applauso all’uscita della bara, o certe commemorazioni funebri nelle quali si celebra soprattutto l'oratore medesimo, sono altrettanti esorcismi. Funziona un po’ come le foto incorniciate alle pareti di certe trattorie, dove il proprietario è ritratto assieme a un attore (un calciatore, un pugile) che guarda ignaro verso l’obiettivo, chiedendosi magari chi è la persona con cui lo stanno fotografando. Magari c’è anche una mano sulla spalla dell’ignaro, a evidenziare una dimestichezza che non c’è.
Più vicini dimostriamo di essere stati al morto e più possiamo idealmente ostentare la nostra valentia di scampati.
Come il torero, che sfida la morte sotto forma di bestia, lasciandosela passare a pochi centimetri dal proprio corpo. Tanto più bravo quanto più vicina mostra di averla fatta passare.
Ma tanto una cornata prima o poi arriva per tutti.
E invece sono quasi sempre i superstiti a spostare la messa a fuoco su se stessi. Ogni memoria pubblica è sempre idealmente intitolata “IO e lui”.
In forma orale, e molto più spesso scritta, l’elogiatore funebre riesce a fare sempre una gran figura. Raccoglie il sospiro delle ultime parole, ne interpreta il senso, rievoca l'amicizia, spiega con un sorriso fra le lacrime la grandezza del defunto, ma sulla base di aneddoti di cui il narratore stesso è protagonista.
Questo è vero egocentrismo: affermare la prevalenza dell’ego sulla morte (degli altri).
Quando scoppia l’applauso alla bara, fuori dalla chiesa, il popolo dei superstiti sposta idealmente la telecamera verso di sé, esprimendo oltre al lutto, un malcelato sollievo per averla scampata anche stavolta.
L’esibizionismo che si nasconde dietro l’applauso all’uscita della bara, o certe commemorazioni funebri nelle quali si celebra soprattutto l'oratore medesimo, sono altrettanti esorcismi. Funziona un po’ come le foto incorniciate alle pareti di certe trattorie, dove il proprietario è ritratto assieme a un attore (un calciatore, un pugile) che guarda ignaro verso l’obiettivo, chiedendosi magari chi è la persona con cui lo stanno fotografando. Magari c’è anche una mano sulla spalla dell’ignaro, a evidenziare una dimestichezza che non c’è.
Più vicini dimostriamo di essere stati al morto e più possiamo idealmente ostentare la nostra valentia di scampati.
Come il torero, che sfida la morte sotto forma di bestia, lasciandosela passare a pochi centimetri dal proprio corpo. Tanto più bravo quanto più vicina mostra di averla fatta passare.
Ma tanto una cornata prima o poi arriva per tutti.
E' meglio uno scilipoti oggi o uno domani??
Sono mesi, ormai, che guardo Scilipoti in televisione o nelle fotografie e non riesco a concentrarmi su ciò che dice o fa. Qualsiasi cosa mi pare genericamente grottesca, ma non riesco a indignarmene veramente.
Quello che Scilipoti fa e dice adesso mi interessa fino a un certo punto. Non mi importa davvero il suo presente. Mi appassiona molto di più il suo passato. Gli odierni simpatizzanti di Scilipoti, se esistono, non leggono queste righe, e di sicuro non possono condividerle. Per quanto riguarda gli altri: convincere i già convinti è del tutto inutile.
Allora mi pare molto più costruttivo chiedermi: ma Scilipoti era Scilipoti anche prima, o è diventato improvvisamente Scilipoti da quando ha voltato gabbana?
Cioè: quando è stato messo in lista, e quindi automaticamente eletto con Italia dei Valori, era già Scilipoti? La sua stabilità mentale era stata valutata dai vertici del partito? Sul territorio non c’era nessuno che figurasse meglio, come testimonial dell’oltranzismo morale propugnato dal partito di Di Pietro?
Capisco che oggi la questione Scilipoti, nel Centrosinistra, può sembrare obsoleta. Ma siccome gli Scilipoti abbondano, mi pare il caso di sollevare il problema del reclutamento del personale politico. Guardando al passato, per evitare future stronzate.
Quello che Scilipoti fa e dice adesso mi interessa fino a un certo punto. Non mi importa davvero il suo presente. Mi appassiona molto di più il suo passato. Gli odierni simpatizzanti di Scilipoti, se esistono, non leggono queste righe, e di sicuro non possono condividerle. Per quanto riguarda gli altri: convincere i già convinti è del tutto inutile.
Allora mi pare molto più costruttivo chiedermi: ma Scilipoti era Scilipoti anche prima, o è diventato improvvisamente Scilipoti da quando ha voltato gabbana?
Cioè: quando è stato messo in lista, e quindi automaticamente eletto con Italia dei Valori, era già Scilipoti? La sua stabilità mentale era stata valutata dai vertici del partito? Sul territorio non c’era nessuno che figurasse meglio, come testimonial dell’oltranzismo morale propugnato dal partito di Di Pietro?
Capisco che oggi la questione Scilipoti, nel Centrosinistra, può sembrare obsoleta. Ma siccome gli Scilipoti abbondano, mi pare il caso di sollevare il problema del reclutamento del personale politico. Guardando al passato, per evitare future stronzate.
martedì 12 luglio 2011
La lotta dei cuscini
"Pillow fight" è il nome originale di questo gioco nato a San Francisco, ma praticato già da qualche anno, soprattutto come sport femminile, nel nord America. Si, avete capito bene, si tratta di prendersi a colpi di cuscino fino allo stremo delle proprie forze o fino a quando il partecipante non dichiara la resa incondizionata. Sicuramente un modo divertente per scaricare un po’ di stress accumulato in famiglia o sul posto di lavoro. Così, dopo avere attraversato le maggiori capitali europee il “pillow fight” è giunto anche a Roma. Dopo un “tam tam” con sms e via internet, armati di cuscini, centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze si sono dati appuntamento e giù cuscinate. Indescrivibile lo stupore dei passanti e della polizia intervenuta a mettere ordine, ma senza problemi di alcun genere. Dopo la “feroce” e innocente battaglia, i contendenti hanno lasciato la piazza ricoperta di piume che ancora svolazzavano per il cielo di Roma.
Ah, se si potessero dirimere in questo modo contese d’altro tipo. Però che bello tornare bambini per pochi minuti e scaricare la tensione. Queste iniziative dovrebbero essere più frequenti, non vi pare?
Ah, se si potessero dirimere in questo modo contese d’altro tipo. Però che bello tornare bambini per pochi minuti e scaricare la tensione. Queste iniziative dovrebbero essere più frequenti, non vi pare?
venerdì 8 luglio 2011
A bocca aperta
Quando nelle foto vieni con la bocca aperta i casi sono due: o sei molto felice, o sai che ti stanno fotografando.
È bello immaginare, quando poi le rivedi, che fossi puramente e semplicemente felice. Così come sarebbe bello immaginare le settimane più calde dell’estate come un puro e semplice sfogatoio festivo/festoso; di quelli che lasciano, appunto, a bocca aperta.
Nelle fotografie delle vacanze anche noi, come le persone famose, veniamo spesso così: a bocca aperta. Le code autostradali, le sfumature marroni del mare, i conti pompati del ristorante, il condizionatore rotto, i vicini d’ombrellone rumorosi, l’afa, le meduse, le zanzare: tutto quel che risulta di sgradevole resta sempre tagliato fuori dall’inquadratura.
Esiste, per fortuna, una forma di edulcorazione preventiva delle vacanze, una maniera per gonfiare le aspettative e godersi intanto quelle, in attesa che si concretizzino. Specialmente in questo periodo dell’anno, quando le vacanze vere sono sul punto di cominciare, e ci troviamo a vivere un prolungato Sabato del Villaggio. Metà luglio e agosto sono una lavagna pulita dove ancora dobbiamo scrivere un sacco di cose...belle.
Poi, di ritorno dalle vacanze, faremo vedere le nostre foto agli amici per dimostrare che anche noi ci siamo divertiti, anche noi abbiamo spalancato la bocca di fronte a queste settimane di felicità collettiva. Al limite, si tratterà solo di censurare le fotografie dove la nostra dose annuale di sfrenamento non sarà venuta bene come avremmo voluto. Questo hanno di bello le vacanze: poi ognuno è libero di farne una bella copia e conservare nella memoria solo ciò che gli conviene.
È bello immaginare, quando poi le rivedi, che fossi puramente e semplicemente felice. Così come sarebbe bello immaginare le settimane più calde dell’estate come un puro e semplice sfogatoio festivo/festoso; di quelli che lasciano, appunto, a bocca aperta.
Nelle fotografie delle vacanze anche noi, come le persone famose, veniamo spesso così: a bocca aperta. Le code autostradali, le sfumature marroni del mare, i conti pompati del ristorante, il condizionatore rotto, i vicini d’ombrellone rumorosi, l’afa, le meduse, le zanzare: tutto quel che risulta di sgradevole resta sempre tagliato fuori dall’inquadratura.
Esiste, per fortuna, una forma di edulcorazione preventiva delle vacanze, una maniera per gonfiare le aspettative e godersi intanto quelle, in attesa che si concretizzino. Specialmente in questo periodo dell’anno, quando le vacanze vere sono sul punto di cominciare, e ci troviamo a vivere un prolungato Sabato del Villaggio. Metà luglio e agosto sono una lavagna pulita dove ancora dobbiamo scrivere un sacco di cose...belle.
Poi, di ritorno dalle vacanze, faremo vedere le nostre foto agli amici per dimostrare che anche noi ci siamo divertiti, anche noi abbiamo spalancato la bocca di fronte a queste settimane di felicità collettiva. Al limite, si tratterà solo di censurare le fotografie dove la nostra dose annuale di sfrenamento non sarà venuta bene come avremmo voluto. Questo hanno di bello le vacanze: poi ognuno è libero di farne una bella copia e conservare nella memoria solo ciò che gli conviene.
martedì 5 luglio 2011
Manus manum lavat ....ma lo sporco rimane!
Vi racconto una barzelletta. Sintesi stupefacente delle differenze che, a parità di corruzione, intercorrono fra Nord e Sud Italia.
Allora.
Un ministro leghista invita un suo collega PdL eletto in Sicilia. Ammirato dallo splendore della sua villa, il ministro sudista gli chiede come faccia a permettersi un tenore di vita così alto. Il leghista gli risponde:
- Vedi quell’autostrada laggiù?
- Sì.
- È costata 150 milioni di euro. L’impresa l’ha fatturata 155, e mi ha versato la differenza.
Un anno dopo il ministro meridionale ricambia l’invito. E stavolta è il leghista a rimanere esterrefatto dal lusso smodato della villa del collega.
- Non capisco. L’anno scorso ti sei sorpreso per la ricchezza della mia casa. Ma la tua è cento volte più bella. Com’è possibile?
- Vedi quell’autostrada laggiù?
- No.
- Appunto.
Allora.
Un ministro leghista invita un suo collega PdL eletto in Sicilia. Ammirato dallo splendore della sua villa, il ministro sudista gli chiede come faccia a permettersi un tenore di vita così alto. Il leghista gli risponde:
- Vedi quell’autostrada laggiù?
- Sì.
- È costata 150 milioni di euro. L’impresa l’ha fatturata 155, e mi ha versato la differenza.
Un anno dopo il ministro meridionale ricambia l’invito. E stavolta è il leghista a rimanere esterrefatto dal lusso smodato della villa del collega.
- Non capisco. L’anno scorso ti sei sorpreso per la ricchezza della mia casa. Ma la tua è cento volte più bella. Com’è possibile?
- Vedi quell’autostrada laggiù?
- No.
- Appunto.
Bus Root: l'autobus al verde!!!
Bardottini cari, ve lo ricordate il post in cui raccontavo di un eccentrico cinema ecologico ricavato da una vecchia roulotte?? Beh, a quanto pare la creatività dell'uomo sembra non avere proprio confini e talvolta sa essere davvero sorprendente. Tant'è vero che i giudici della Designwala Grand Idea Competition hanno premiato sebbene col secondo posto il “Bus root“.
Di cosa stiamo parlando? Si tratta di un autobus verde, ma non per il suo colore nè per l’utilizzo di energie rinnovabili, ma per la presenza di un giardino sul tetto.
Finora l’architettura sostenibile ci ha già presentato progetti simili rivolti ai tetti degli edifici e molte città hanno accolto entusiaste la proposta, tanto che Toronto ne ha persino imposto l’obbligo per tutte le nuove costruzioni.
L’idea del Bus root nasce invece come tesi di laurea alla NY University per opera del designer messicano Marco Castro Cosio. Questi ha stimato come grazie ai 31 cm quadrati di giardino sul tettino del bus, una città come new York guadagnerebbe circa 14 ettari di verde, considerato l’elevato numero di mezzi pubblici.
Il primo prototipo denominato Biobus e coltivato a piante grasse è stato già messo in circolazione e per cinque mesi ha viaggiato fra New York e l’Ohio, circolando per fiere ed esposizioni. E’stato dotato di pannelli solari, una turbina eolica e un motore alimentato dagli olii di scarto dei ristoranti.
I benefici spaziano dall’aumento della qualità dell’aria, al miglioramento estetico dei mezzi di trasporto e della stessa città, offrendo un aspetto più green.
Tuttavia, nonostante il progetto sembri interessante e sfizioso, qualcuno non ha tardato nel far notare come la presenza di un giardino inevitabilmente determini un aumento del peso e di conseguenza un maggior consumo di carburante e quindi fuoriesca da quel circolo virtuoso che si vorrebbe attivare...
Di cosa stiamo parlando? Si tratta di un autobus verde, ma non per il suo colore nè per l’utilizzo di energie rinnovabili, ma per la presenza di un giardino sul tetto.
Finora l’architettura sostenibile ci ha già presentato progetti simili rivolti ai tetti degli edifici e molte città hanno accolto entusiaste la proposta, tanto che Toronto ne ha persino imposto l’obbligo per tutte le nuove costruzioni.
L’idea del Bus root nasce invece come tesi di laurea alla NY University per opera del designer messicano Marco Castro Cosio. Questi ha stimato come grazie ai 31 cm quadrati di giardino sul tettino del bus, una città come new York guadagnerebbe circa 14 ettari di verde, considerato l’elevato numero di mezzi pubblici.
Il primo prototipo denominato Biobus e coltivato a piante grasse è stato già messo in circolazione e per cinque mesi ha viaggiato fra New York e l’Ohio, circolando per fiere ed esposizioni. E’stato dotato di pannelli solari, una turbina eolica e un motore alimentato dagli olii di scarto dei ristoranti.
I benefici spaziano dall’aumento della qualità dell’aria, al miglioramento estetico dei mezzi di trasporto e della stessa città, offrendo un aspetto più green.
Tuttavia, nonostante il progetto sembri interessante e sfizioso, qualcuno non ha tardato nel far notare come la presenza di un giardino inevitabilmente determini un aumento del peso e di conseguenza un maggior consumo di carburante e quindi fuoriesca da quel circolo virtuoso che si vorrebbe attivare...
venerdì 1 luglio 2011
E i sentieri che si biforcano...
Alice era arrivata ad un bivio e lo Stregatto si mise soltanto a sorridere quando la vide.
"Sembra di buon umore, - ella pensò; - ma ha le unghie troppo lunghe, ed ha tanti denti," perciò si dispose a trattarlo con molto rispetto.
— Stregatto, - cominciò a parlargli con un poco di timidezza, perchè non sapeva se quel nome gli piacesse; comunque egli fece un sorriso più grande. "Ecco, gli è piaciuto," pensò Alice e continuò: Vorresti dirmi quale strada devo prendere?
— Dipende molto dal luogo dove vuoi andare, — rispose il Gatto.
— Poco m'importa dove... - disse Alice.
— Allora importa poco sapere per dove devi andare, - soggiunse il Gatto.
—...purchè giunga da qualche parte, - riprese Alice come per spiegarsi meglio.
— Oh certo vi giungerai! — disse il Gatto, non hai che da camminare.
Morale: Pochi sanno dove vogliono andare e nessuno sa dove sta andando. L'importante è imboccare una strada e percorrerla. La meta è dietro l'angolo, pronta ad essere raggiunta.
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