Per chi non lo conoscesse, sto parlando di un baldanzoso pupo di zucchero che raffigura il classico paladino del folclore panormitano, figura eroica dei mitici paladini del teatro popolare e che nella Sicilia orientale è scomparso del tutto, rimanendo invece fiero manufatto dei dolcieri palermitani.
Secondo la tradizionale, per la festa dei morti, erano proprio i cari defunti, siano essi nonni, zii, parenti prossimi o lontani, a portare doni ai più piccoli di casa. Ricordo anche con quanto entusiasmo la mattina del 2 novembre mi svegliavo sapendo che la nonna che non avevo mai conosciuto durante la notte era passata a lasciarmi un regalo.
Lo so, a molti potrà sembrare macabro. Penserete che sia una cosa stupida dire a dei bambini che nella notte i morti sarebbero passati a portare doni, tuttavia io non ho mai avuto nessuna paura, anzi vivevo quel giorno meglio del natale.
L'idea che da lontano qualcuno vegliasse su di me, e avesse a cuore che quel giorno avessi un regalo anche io, mi illuminava.
Rimanevano quindi come una sorta di trofeo, in attesa che lasciassero il posto a quelli dell'anno successivo.
A far da padroni nella pancia di adulti e bambini sono infatti da sempre, insieme alla pasta reale, i biscotti totò e i taralli, da sempre anche simbolo a mio avviso della personalità della gente di Sicilia.
La glassa esterna, che varia dalla provincia nella quale vengono realizzati, gli attribuisce l'aspetto della durezza, impressione tipica di chi conosce superficialmente un siciliano, mentre l'interno è morbido e tenero come la vera essenza della mia gente, generosa al punto di accoglierti nella propria casa, anche se ti conosce da cinque minuti, e capace di regalare un calore umano, che luoghi comuni a parte, spesso non riscontrabile in altre regioni del nostro paese.
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