sabato 23 marzo 2013

FORSE NON FACCIO TESTO

Non so perchè, ma da quando l'ho visto non riesco a pensare ad altro che a quanto sia diverso questo Papa. Dissimulazione? Tattica diversiva? Strategia psicorelicomitologica? Boh. Sta di fatto che a parte pochi rari nemici della contentezza, questo nuovo Papa sembra proprio piacere alla gente. Magari è il sollievo di scoprire che viaggia in autobus (!) e paga l’albergo come tutti (!!). Oppure è il paragone con la rigidezza teutonica del predecessore. Ma insomma: piace.

Certo, finora i giudizi si basano solo sull’anamnesi della sua vita, le premonizioni dei vaticanisti e i pochi segnali che ha cominciato a dare. E ovviamente non bisogna pretendere che risponda a tutti i nostri criteri di giudizio: è il papa dei cattolici, faccia il papa dei cattolici. Ok, non è femminista. Ok, su famiglie e anticoncezionali non lascia intravedere nessuna apertura. Ok, forse (ma forse) a un certo punto è stato vicino alla dittatura militare argentina.
Ma che deve fare un povero papa?
Lui si rivolge a un segmento di mercato che è formato dai cattolici credenti. I battezzati che credono nel magistero della Chiesa. Sì o no? Se ci credi, devi accettare quel che decide il papa, anche se non ti piace: e stop. 
Vero, anzi verissimo è che le fisime del Vaticano influenzano profondamente anche chi cattolico non è, specialmente in Italia, perchè intervengono in operazioni legislative che toccherebbero ad un parlamento che la costituzione vuole laico e quindi non sottomesso a credenze religiose particolari. 
Ma è anche vero che non si può pretendere che la Chiesa cattolica cambi sulla base dei nostri desideri.
Personalmente posso fregarmene, questo sì. Fare la mia vita a prescindere da quelli che vorrebbero prescrivermi un comportamento piuttosto che un altro.
Ma acclarata questa felice strafottenza, concedetemi di trovare papa Francesco simpatico, a pelle.
Trovo che assomigli a Stan Laurel e inoltre quel suo accento spagnolo promette divertimento. 
Chissà che all'eucaristia non si distribuisca sangria d'ora in avanti. 

venerdì 15 marzo 2013

"Un amore pronto a sudare" (da 'Lettere d'amore nel frigo' di L.Ligabue)

Un amore che comincia d’estate
è un amore in salute
è orizzontale
seminudo
si abbina all’allegria di canzoni furbe
mentre qualcun altro
porta il cane
a pisciare
sul lungomare degli astronomi
tutto quel sudore
lo fa scivoloso
ma quando cade
sa ridere di sé
si toglie gli anni
tiene aperte tutte le finestre
informa il mondo
se il sole avesse
solo un po’ di humour
gli riserverebbe l’occhiolino
del nonno al nipote sveglio
un amore che comincia d’estate
non ha paura
del cancro alla pelle
non ha paura
fa comodo anche agli altri
che possono così
chiamarlo stupido
fatuo passeggero virale
di basso profilo
di cattivo gusto
possono tenere gli specchi
dentro le federe marroni
quelli che si fingono
più a favore
lasciano che si sappia
il loro compatire
mentre dicono
una vita ce l’abbiamo tutti
non è che gli abissi cambino
nemmeno l’idea di fortuna
né del suo contrario
fa solo prima a spogliarsi
toglie un po’ di lavoro a san lorenzo
prende cura di sé
lasciandosi andare
alla barba che non si fa
al trucco che non si mette
un amore che comincia d’estate
si è perso la primavera
ma non lo si vedrà mai
pensare
all’autunno
imminente

martedì 5 marzo 2013

Lascia che la vita ti spettini!


Bardottini, vi è mai capitato di svegliarmi la mattina e non sapere come mettere in ordine i capelli che vi ritrovate in testa? Cercare di dare forma a quel cespuglio che invece durante la notte ha deciso all'unanimità di vivere una vita tutta propria infischiandosene dei vostri impegni e dei vostri bisogni? E che quando decide che deve stare ritto neanche la piastra di Moira Orfei può domarlo!
Già, lo sapevo. Siamo tutti stati vittime almeno una volta nella vita di phon e spazzola. Eppure si dice che dai capelli possiamo capire molto di una persona. Lunghi, corti, ricci, lisci, con le meches, lo shatush, rossi, verdi, azzurri, fucsia, fluenti, radi, a bonbon stile Marie Antoinette, con la coda di cavallo, lo chignon, a spazzola, oppure nulla, con tutto il cuoio capelluto che splende nelle giornate di sole. Ogni capoccia ha la sua innata personalità. C'è chi li arrotola se è nervoso, chi li mastica mentre parla durante un esame o un appuntamento e chi non è mai contento della piega che prendono. Ci sono quelli che vorrebbero nascondere il loro biondo sfolgorante quando camminano in mezzo ad un mare di neri e altri che invece i loro capelli non sono mai abbastanza corti o abbastanza lunghi per fare la differenza, altri ancora che non vogliono arrendersi all'idea che se anche non mangiano castagne la caduta dei capelli è inesorabile e neanche il parrucchiere più bravo del mondo riuscirà a farli sentire meno adeguati. Le cose non cambieranno, la tua donna ti lascerà comunque preferendoti una parrucca, perderai il lavoro e la tua identità. Ed un giorno, quando avrai fatto pace con te stesso, forse, ti guarderai allo specchio e ripeterai “Perché io valgo”. Senza essere nemmeno pagato per farlo.
Si dice anche che quando la vita cambia le donne cambiano taglio di capelli o colore. Vero o falso che sia, nel mio caso vi posso assicurare che i miei capelli sono talmente autogestiti che neanche la tinta è riuscita a indirizzare il loro flusso di cambiamento. Negli ultimi sei mesi avranno cambiato colore almeno tre volte in completa autonomia prima di decidermi di affidarmi alle mani di una "esperta". Anche lì però mi sa che fosse solo voglia di rivalsa. Avevano deciso di inviarmi un messaggio già da tempo e poichè le mie orecchie rimanevano sorde all'appello nonostante fossero molto vicine a loro geograficamente, hanno pensato bene che l'unica possibilità rimasta fosse proprio cambiar pelle e magari darsi una bella abbronzata!



E' per questo che ho deciso di ascoltarli di più, e considerato che oggi del pettine non volevano proprio saperne mi è sorta spontanea una riflessione che già da tempo attendeva di essere accolta. Perchè non vivere la vita con maggiore intensità lasciando che ci spettini?
Il mondo e' pazzo, decisamente pazzo. Se ci pensate bene, funziona tutto al contrario. Le cose buone, ingrassano. Le cose belle, costano. Innamorarsi, spezza il cuore. Cantare sotto la pioggia, fa venire la bronchite. Il sole che ti illumina il viso, fa venire le rughe. E come se non bastasse tutte le cose veramente belle di questa vita, spettinano...volete qualche esempio?
Fare l'amore, spettina. Ridere a crepapelle, spettina. Viaggiare, volare, correre, tuffarsi in mare, spettina. Togliersi i vestiti, spettina. Baciare la persona che ami, spettina. Giocare, spettina. Cantare fino a restare senza fiato, spettina. Ballare fino a farti venire il dubbio se sia stata una buona idea metterti i tacchi alti stanotte, ti lascia i capelli irriconoscibili.
Ecco perchè ho preso una decisione. Da oggi in poi, ogni volta che mi vedrete, avrè sempre i capelli spettinati...già perchè così come la montagna andò da Maometto, voglio che la felicità venga nella mia vita. E' una legge universale di cosmogonia applicata: sarà sempre più spettinata la donna che salirà sul primo vagoncino delle montagne russe di quella che sceglierà di non salire!
Tuttavia, può essere che talvolta io mi senta tentata di essere una donna impeccabile, pettinata ed elegante dentro e fuori, perchè questo mondo esige bella presenza:
pettinati,
mettiti,
togliti,
compra,
corri,
dimagrisci,
mangia bene,
cammina diritta,
sii seria...e forse dovrei seguire le istruzioni. Il problema è che se aspetto che mi ordinino di essere felice, rischio di ingrigirmi e ritrovarmi vecchia a quarant'anni. Forse non si rendono conto che per risplendere di bellezza, bisogna sentirsi belli. Bisogna guardarsi allo specchio e lì scorgere la persona più bella che potete essere, una persona meravigliosa. 
Perciò, eccovi la mia raccomandazione, che diventa anche un po' speranza.
Abbandonatevi, mangiate le cose più buone, baciate, abbracciate, ballate, innamoratevi, rilassatevi, rilassatevi, viaggiate, saltate, andate a dormire tardi, alzatevi presto, correte, volate, cantate, fatevi belle o belli, mettetevi comodi, ammirate il paesaggio, godetevela e soprattutto lasciate che la vita vi spettini! 
Perchè il peggio che può davvero succedervi, sorridendovi allo specchio, è che dobbiate pettinarvi di nuovo!

giovedì 3 gennaio 2013

Auguri di cuore! (ancora una volta)

I giornali, le strade, le case, la tv e persino i numerosi post che invadono facebook da qualche giorno brulicano di frasi del tipo “Anno nuovo, vita nuova!” oppure “Col nuovo anno…” e si spera che tutto, magicamente, in virtù di una non ben chiara e indefinita forza esterna, possa iniziare a girare in maniera differente, e ovviamente migliore. Per molti, forse involontariamente, è sufficiente questo: sperare che tutto cambi, veder evaporare le afflizioni e gli affanni della vita quotidiana, sciogliersi tutti quei nodi insoluti che da tempo ci si porta dietro. La fine dell’anno in fondo non è altro che una cesura netta e definitiva col passato, un brusco voltar pagina senza soluzioni di continuità.
La sera di San Silvestro infatti si attende la mezzanotte, speranzosi, ognuno col proprio fagotto di desideri, di illusioni, forse irrealizzabili ma che in quel momento si denudano parzialmente di quel velo di impossibilità da cui sono solitamente coperti. Inizia il conto alla rovescia: Tre, due, uno… buon anno! L’euforia è alle stelle, ma non sappiamo il motivo. Il mondo, la natura, infatti è insensibile ai capodanni, non percepisce il cambiamento che, in fin dei conti, rimane un’invenzione semplicemente umana, convenzionalmente definita: sono solo gli uomini a sentire questo mutamento, nel loro intimo.
Tant'è vero che siamo al terzo giorno dell’anno e questo non riluce più come il primo e nemmeno come il precedente: è già vecchio, passato, ordinario e introduce alla triste slavina verso la fine delle festività. Un’espressione delusa si dipinge sul nostro volto, come a seguito di un’ingiustizia subita e ci si rende conto che il cambiamento che tanto aspettiamo deve avvenire prima di tutto dentro di noi, non può scaturire da altra fonte: solo noi possiamo cambiare la nostra esistenza; se non cambiamo la vita, essa non si cambierà mai da sola. Forse proprio questo è il motivo per cui l’uomo ha deciso di segnare questi confini temporali: per poter fare ogni anno un bilancio della vita passata, tracciare una linea e ricominciare, con più vigore di prima. Abbiamo bisogno di questi momenti. Ci servono, perché viviamo nel tempo, nella storia, e necessitiamo di questi appigli (che alcuni chiamano con disprezzo “illusioni”). Non tutto dipende da noi, lo sappiamo bene; ma abbiamo il dovere di allestire quantomeno le premesse affinché le nostre speranze si realizzino.
In fondo, il passaggio da un anno all'altro non è forse la metafora di un sempre più rinnovato viaggio?
Ci siamo noi con i nostri bagagli carichi di sogni, aspettative, pensieri, progetti, gioie e perfino dolori; consapevoli che all'imbarco ci attende l'ignoto ma non possiamo fare a meno di salire a bordo. Oramai abbiamo pagato il biglietto e non c'è rimborso che tenga.
Ecco quindi che a questo punto vale la pena mettere dentro tutti noi stessi e partire perché – se non lo facessimo – non vivremmo veramente, non godremmo, non ci supereremmo, non ci innamoreremmo, a volte forse non respireremmo neanche. E non si può decidere di viaggiare leggeri o pesanti, non siamo noi - in questo viaggio - a scegliere cosa mettere in valigia, al massimo possiamo decidere, una volta che vi abbia fatto apparizione, di eliminare quello che si rivela superfluo o addirittura ingombrante.
L'importante è comunque ricordare che a prescindere da quanto "pesanti" possano essere gli anni che ci portiamo dietro non ne esiste nessuno che non abbia salutato il precedente e che non ci sono storie di vita che non nascano da altre storie di vita o amori che non siano frutto di un amore più grande. Alla fine, siamo sempre chiamati a guardarci indietro per un attimo, così come in quella fatidica mezzanotte, per ripensare a come abbiamo vissuto veramente, a ciò che ci ha aiutato a crescere, ai passi indietro fatti, alle realizzazioni raggiunte e alle sconfitte subite, alle questioni aperte e agli amici, siano essi persi o ritrovati. Badate bene, non si tratta di azioni malinconiche, né di autocompiacimento o per piangersi addosso, ma semplicemente un buon modo per fare un bilancio, sistemare l'inventario dei ricordi e ripartire con nuove energie iniziando da quanto si è costruito e, se necessario, persino dalle macerie. E' come quando camminiamo; abbiamo sempre bisogno di un piede ben saldo per terra che ci faccia da perno. Allo stesso modo i resoconti sono cartine al tornasole del nostro passato e dunque uno strumento per rilanciare il nostro futuro.
Accettato tutto questo, e dato il momento che sto vivendo, ho deciso di festeggiare questo nuovo anno proponendomi cinque propositi o sogni o impegni o per qualcun'altro follie.
Ecco il primo: Voglio conservare la capacità di commuovermi davanti alla realtà che mi circonda, accettare il mio presente aldilà del dolore che questo possa provocarmi e trovare sempre la forza di essere grata per quanto ho finora ricevuto. 
Il secondo è questo: Voglio gustarmi gli affetti a me più cari e scoprirne sempre di nuovi con i piedi per terra e lo sguardo al cielo, perchè soltanto in quei momenti in cui le nuvole ci fanno da orizzonte si può assaggiare un istante di eternità.  io sarò, saprò, vivrò, piangerò, gioirò, amerò.
Direttamente legato al precedente, il terzo è: Alzare gli occhi al cielo sempre più spesso, guardare al di là delle nuvole e cercare un bagliore che mi accechi, mi illumini e soprattutto mi trafigga! Di strappi al cuore il 2012 me ne ha dati parecchi, per cui vorrei che questo nuovo anno mi dia nuovo stupore, la capacità di conservarlo e infine di donarlo a chi mi vuole bene.
Il quarto: Crescere. Si, avete capito bene. Voglio passare dall’emozione alla meraviglia, dalla meraviglia al desiderio, dal desiderio all’affezione, dall’affezione alla comunione, dalla comunione all'amore, dall’amore al devozione…e infine non avere paura di ricominciare di nuovo come la prima volta, come ogni volta. Perchè di prime volte non ne ho da troppo tempo.
Il quinto lo tengo ben stretto per i momenti di silenzio e di riflessione: Non voglio lasciare scappare i miei sogni, non voglio farmeli strappare dalla banalità e dall’indifferenza, non voglio abbandonarli per paura o per stanchezza, non voglio sotterrarli senza averci almeno provato, non voglio tenerli solo per me ma condividerli con chi può esserne fiero e camminare insieme a me. Non voglio dimenticare che i sogni hanno le ali e che si muovono col battito del cuore, con la spinta dell’intelligenza, con la leggerezza dell’umiltà, con la dinamicità degli affetti, con la prospettiva della speranza, con il coraggio delle idee e con la certezza della fede.
Infine, sempre consapevole che nel libro della vita di ognuno di noi, vi è uno spazio bianco a lato ad ogni pagina, proprio laddove non ci è concesso scrivere, penserò sempre che non c'è modo migliore di vivere una storia che raccontarla a qualcun'altro, qualcuno che sorridente si abbandoni dolcemente e ci lasci nella sua vita essere protagonista.
Auguri di cuore! (ancora una volta)

mercoledì 2 gennaio 2013

Amor che nella mente mi ragiona

Un altro anno è iniziato. Ci aspettano altri 365 giorni pieni di eventi, persone, luci, colori e soprattutto passioni.
Qualcuno si è già dato da fare la notte di capodanno cercando l'anima gemella, altri hanno preferito rimandare a momenti sicuramente più tranquilli e meno "brilli".
Se siete uomini, e come molti dei miei amici, state cercando una donna da amare, oggi mi sono ripromessa di condividere con voi alcune tecniche elaborate dal Professor Josephson che in questo campo ha fatto storia. 
Le regole non sono molte ma tenetele bene a mente se volete che funzionino.
Innanzitutto madre di tutte è sicuramente la regola del "FREQUENTA LE DONNE". Josephson ricorda l'aneddoto del famoso ladroWillie Sutton che alla domanda sul perchè rapinasse le banche rispose: "Perché è lì che stanno i soldi". Allo stesso modo, quindi, se volete una ragazza andate nei luoghi che queste frequentano. Sembrerebbe la cosa più ovvia, ma fidatevi, molti se ne dimenticano.
"SIATE PACATI". Molte donne di fronte a uomini estremamente travolgenti tendono non soltanto a attribuirvi una buona dose di insicurezza ma finiscono per irrigidirsi e proteggersi.
"TENETE A MENTE LA DIFFERENZA TRA ATTRAZIONE E APPARENZA". Se cercate una donna che valga la pena di essere conosciuta e soprattutto se cercate una relazione stabile, distinguete bene ciò che appare da ciò che è. Come dice il buon vecchio detto "non è tutto oro ciò che luccica"!
La quarta regola, soprannominata dell'"OSSITOCINA" consiglia di non insistere mai per fare l'amore. Alle donne è meglio far capire che c'è desiderio ma lasciare che siano loro a decidere quando concludere. Vedrete, andrà tutto meglio.
Regola, secondo me, più importante di tutte è poi "AVERE BUONA MEMORIA". A noi donne piace molto, e sicuramente a ragione, essere non solo notate e osservate ma soprattutto ricordate. Nessuna prende mai sul serio uno che si ricorda perfettamente della sua migliore amica.

Infine, ma da non sottovalutare, vi è la regola del "SAPERSI VENDERE". Non serve raccontare balle per fare colpo. Le donne, ed io ne sono un esempio vivente, hanno ottima memoria, pertanto sapranno al volo riconoscere una fesseria se non siete bravi a rimanere fedeli alla storia che avevate raccontato. E purtroppo per gli uomini, questa è una dote che non gli appartiene. Siate quindi onesti, prima ancora che con la donna che avete di fronte, con voi stessi e mostrate le vostre migliori qualità. La schiettezza è uno degli afrodisiaci più potenti al mondo.

Detto questo, se sarete capaci di seguire questi piccoli e facili consigli, sono sicura che presto troverete la donzella che fa per voi. Vi faccio quindi i miei più affettuosi auguri, nella speranza ulteriore che questo nuovo anno possa portare tanta passione e tanto amore in ognuna delle nostre vite. 

lunedì 24 dicembre 2012

Lettera a Messer Babbo Natale


Caro Babbo Natale,
lo so, sono un po' grandicella per scriverti ancora letterine, ma sono anni ormai che non te ne inoltro una e dato che quest'anno è un anno che dimenticherei volentieri, mi sa che se ti scrivo esorcizzo gli eventi e chissà che qualche desiderio non venga anche esaudito.
Intanto, come stai caro Babbo? Hai portato il tutino rosso in lavanderia? Lo hanno inamidato per bene? Sai mi preoccupo, non vorrei mai che tirandoti giu per qualche camino, ti si stropicciasse troppo. Sei dimagrito? Fai movimento? Basta poco sai...basta solo che tre volte a settimana sia tu a trainare le renne. Ricordati che ormai hai un’età avanzata e il diabete, il colesterolo un po' troppo alto, l’altero sclerosi e la tachicardia sono sempre in agguato, per cui non ti trascurare. Solo perchè esisti ormai da millenni, non significa che tu sia immune a tutto. Ho imparato da quest'ultimo anno che nessuno rimane indenne. 
Prima di entrare nei dettagli di questa mia … faccio una premessa: io non ti ho mai messo fuori dal mio balcone…al freddo e al gelo…che tenti di arrampicarti con la corda….o con la scaletta…per un po’ di calore…con tutte quelle lucine che sembrano una base dove far atterrare un elicottero! Non ti ho mai neanche incollato sul paraurti dell'auto scorazzandoti per tutta la città…al massimo ti ho appeso dietro la porta di casa, sotto ad un pomposo "welcome", ma GIURO! mai accompagnato da suoni di campanelle da corso tibetano!
Caro Babbo Natale, vengo al dunque. Quest'anno io sono quella che non vede l’ora che il natale finisca al più presto (e ahimè non solo per far riposare te) …sia ben chiaro!
Premesso tutto ciò, come si conviene nelle migliori letterine natalizie, mi piacerebbe iniziare ad elencare le cose che vorrei da te. Non sono una difficile da accontentare, non lo sono mai stata, e sono anche abbastanza democratica…metaforicamente parlando, quindi lascio a te la scelta.
Tu che sei tanto buono…perchè, se ti rimane del tempo, non provi a far sparire in una sorta di tsunami tutti quelli che negli ultimi mesi mi hanno straziato il cuore. Oddio, lo so, adesso starai pensando: "Antonella, ma a natale dobbiamo tutti essere più buoni!". Si, d'accordo, sarà pure vero ma possibile mai che ad essere buoni si prendan solo in**late??? 
Se ti sembra, tuttavia che questo desiderio non sia facile da esaudire, ti posso dare una alternativa. Che ne pensi se per questo natale ti chiedessi in dono un bel sorriso??...non sai quanto ne avrei di bisogno. Attento però, non voglio un sorriso qualsiasi. Ne voglio uno che sia lì al mattino quando mi sveglio e che non scompaia una volta spazzato via il sonno dagli occhi, uno di quelli che mi accompagni per tutto il giorno e che sia soprattutto contagioso...già perchè lo sai bene ormai da qualche anno che se c'è una cosa che davvero mi riempie il cuore è far sorridere gli amici, vicini o lontani che siano.
Che hai un satellitare di ultimissima generazione lo sanno ormai anche i più piccoli, per cui sono sicura che prima o poi se ti metti a cercare, il tanto agognato sorriso presto o tardi lo trovi. Mi raccomando però a non correre troppo, c'è crisi e ormai gli autovelox iniziano a montarli pure sui tetti pur di far cassa. Lo saprai meglio di me che non vado ogni anno su e giù per il mondo, ma la prudenza non è mai troppa e considerato che hai pure un rimorchio, la multa poi si accoppia con gli interessi e ti partorisce in Lapponia tante altre piccole multicine che ti fanno la festa!
Ancora. Se per caso, tra un camino e l'altro, ti dovessi imbattere in qualche bel fustacchiotto dagli occhi bruni e dall'acuto ingegno, sappi che ho liberato un po' di spazio, nel cuore e nella testa, quindi se lo aggiungi agli altri doni, stai tranquillo che indietro non te lo mando affatto ;) meglio ancora se ci aggiungi un biglietto aereo di sola andata per un'isola caraibica e un buon libro da leggere durante il volo!
Come vedi la lista non è molto lunga, e in fondo non chiedo poi tanto, a dir il vero mi basterebbe anche solo una scorta annuale di mirra che dicono essere un ottimo antibiotico. Di raffreddori ne ho avuti fin troppi negli ultimi mesi...per cui faglielo sapere magari a Baldassarre.
Ora però ti devo lasciare, caro il mio Babbo Natale, per me è stata una giornata impegnativa e so che tu invece avrai una notte parecchio lunga. I regali non si consegnano certo da soli. 
Mi raccomando, fai buon viaggio e non dimenticarti di quanto ti ho chiesto. Se tuttavia non dovessi farcela a passare, ho solo un'ultima richiesta. Mi hanno detto che la felicità è dietro l'angolo. Non è che magari mi faresti sapere in quale isolato???
In fede,
Antonellina

mercoledì 19 dicembre 2012

Cià putemu fari!


Oramai il Natale si avvicina a grandi passi, ma quest'anno c'è un'altra scadenza che preoccupa in molti e che sembra, a detta dei Maya, arrivare ancora prima: esattamente il 21 dicembre 2012 e con esso la fine del mondo.
Come una pallina da golf che rotola verso la buca, la nostra vita, la nostra esistenza di genere umano, il nostro mondo sta andando incontro alla fine? Possibile mai che siamo già arrivati alla fatidica diciottesima buca e che nessuno (come invece accade nei migliori film apocalittici) ci tirerà fuori dalla buca, per iniziare poi a giocare da qualche altra parte?
Aspettavamo la fine del mondo nel 999 come narrato su “Storie dell’anno 1000″, la aspettavamo di nuovo nel 1999 e non è arrivata.

Non è che sti Maya ce stanno a pija’ per culo?

Questi antichi abitanti del attuale sud del Messico sostengono, nei loro scritti cosi come interpretati, che la fine del mondo arriverà, che loro lo sanno da un sacco di tempo, sebbene poi non manchino coloro che sostengono che per gli stessi Maya la fine, quella vera, è arrivata moooolto tempo prima.
Ma allora, siamo poi tanto sicuri che i calcoli li avessero fatti giusti?
Dicono anche (non i Maya che e’ un po’ che non scrivono cose nuove) che gli alieni un giorno ci conquisteranno con la loro flotta stellare.
Fino ad ora, gli alieni non si sono visti, e se pure si sono visti non sono stati molto convincenti. 
(Io comunque non ne ho visti…)
E se tutti voi foste il frutto della mia immaginazione e quella data fosse solo la fine del mio sogno? Si dicono un sacco di stronzate lo so, a sto punto le dico pure io.
Dicono che i numeri sono importanti e alcuni sono terribili (forse al liceo, magari un 4 puo’ essere brutto "segno" - Chi la sente la mamma??). Ricordo che qualche giorno fa il 12/12/2012 alle 12:12 doveva succedere qualcosa di incredibile o terribile. Oggi è il 19 e a parte un meteorite caduto a Brancaccio non vedo altri disastri naturali.
Il solo pensare che ci sia qualcuno che dice che il mondo finisca solo perchè un numero basato sulla nascita di un tizio (tra l’altro avvolto nel mistero e nella fantasia) è particolare rispetto ad un altro mi mette i brividi.
Io di MAYA da bambina conoscevo solo l'ape e non parlava affatto di cataclismi naturali. 
Tuttavia sono sicura di una cosa, che l’apocalisse può manifestarsi anche in altri modi. Perfino nelle statistiche dei bagagli smarriti. Pare infatti che nel 2006 le valigie che non arrivavano a destinazione - in Europa, ogni anno - fossero 36 milioni. Oggi sono raddoppiate. 
Gli aeroporti sono sempre più grandi, i dipendenti sempre di meno, e non riescono a gestire una mole di bagagli sempre più crescente. Un sacco di addetti che potrebbero occuparsi dello smistamento a monte, vengono invece adoperati a valle per monitorare lo stato dei singoli smarrimenti e recapitare le valigie fino al domicilio del passeggero. Anche senza quantificare i rimborsi, si tratta di uno spreco di risorse pazzesco da parte delle compagnie aeree. Non è una magnifica metafora della modernità? 
Siamo cresciuti troppo, non riusciamo a crescere più. Forse è questa la "vera" fine di cui quegli antichi indigeni parlavano. Siamo arrivati ad un livello di crescita così elevato che più di così c'è solo il collasso generale. E la nostra vita dopo essere molto migliorata, non può che peggiorare drasticamente. 
L’unica difesa dal cataclisma quindi, metaforicamente, diventa il bagaglio a mano. Ossia: limitarsi allo stretto necessario e portarselo dietro senza delegarlo a nessuno. Farsi bastare meno roba. 
Ecco quindi che in completa controtendenza, se avete in procinto viaggi da affrontare, mi raccomando ascoltate questo mio modesto consiglio e vedrete che la mattina del 22 dicembre, quando avremo sfangato la fatidica data, vi accorgerete desiderosi di unire le braccia in un delizioso gesto dell'ombrello!

domenica 16 dicembre 2012

Il principio del vuoto - Joseph Newton

 

Hai l'abitudine di accumulare oggetti inutili, credendo che un giorno, chissà quando, ne avrai bisogno? Hai l'abitudine di accumulare danaro, solo per non spenderlo, perchè pensi che nel futuro potrà mancarti? Hai l'abitudine di conservare vestiti, scarpe, mobili, utensili domestici ed altre cose della casa che già non usi da molto tempo? E dentro di te? Hai l'abitudine di conservare rimproveri, tristezze, risentimenti, paure ed altro? NON FARLO! 

È necessario che lasci uno spazio, un vuoto, affinchè cose nuove arrivino nella tua vita. E' necessario che ti disfi di tutte le cose inutili che sono in te e nella tua vita, affinchè la prosperità arrivi. 

LA FORZA DI QUESTO VUOTO È QUELLO CHE ASSORBIRÀ ED ATTRARRÀ TUTTO QUELLO CHE DESIDERI. 

Finchè stai materialmente o emozionalmente caricando sentimenti vecchi e inutili, non avrai spazio per nuove opportunità. I beni devono circolare. Pulisci i cassetti, gli armadi, la stanza, gli arnesi, il garage...da quello che non usi più. Nono sono gli oggetti conservati quelli che stagnano la tua vita bensì il significato dell'atteggiamento di conservare.

Quando si conserva, si considera la possibilità di mancanza, di carenza... si crede che domani potrà mancare, e che non avrai maniera di coprire quella necessità. Con quest'idea, stai inviando due messaggi al tuo cervello e alla tua vita:

#che NON TI FIDI DEL DOMANI 

#che PENSI CHE IL NUOVO E IL MIGLIORE NON SIANO PER TE

Per questo motivo ti rallegri conservando cose vecchie ed inutili. 

DISFATI DI QUELLO CHE HA PERSO GIÀ COLORE E LUCENTEZZA. Lascia entrare il nuovo in casa tua e dentro te stesso...

giovedì 13 dicembre 2012

Arancina o arancino? That's the question!

E' una delle querelle che più animano il popolo siciliano. Dai peloritani alla conca d'oro questo prelibato manicaretto isolano appassiona più del tifo calcistico e divide in due scuole di pensiero: quella occidentale che preferisce declinarla al femminile e quella orientale che invece preferisce attribuire alla pietanza il genere maschile. 

Affascinata da questo mistero culinario ho voluto sciogliere una volta e per tutte l'enigma. 

Qualcuno pensa che non valga nemmeno la pena affrontare il problema, mentre altri si infervorano a tal punto da litigare con amici e fidanzati fuorisede per stabilire quale sia la dicitura più corretta. 
La querelle trova spazio anche su Internet: nei forum e nei blog. Su un forum un palermitano interviene sostenendo che la corretta dicitura sia 'arancina' perché la gustosa vivanda sarebbe stata inventata nel capoluogo siciliano, dove appunto prende questo nome ("Qui a Palermo è femmina e visto che l'abbiamo inventata noi abbiamo il diritto di chiamarla come vogliamo"). Spostandoci su un altro forum troviamo una risposta di un "vero catanese" (così si definisce) che scrive "arancino (a Catania è 'masculo', a Palermo, dove credono di avere inventato anche il Padreterno, lo appellano al femminile)". Insomma, ci troviamo di fronte ad uno scontro sulla paternità del termine. È quella che ho battezzato "teoria del copyright": chi l'ha inventata ha il diritto di darle il nome che vuole. C'è da chiedersi però se si possa stabilire con certezza l'origine dell'appetitoso manicaretto e in ogni caso se in principio a Palermo si chiamasse proprio 'arancina'.

Sul forum dove interviene il "vero catanese" c'è un intervento che va oltre questa spiegazione e che riportiamo per intero: "Tendo a sottolineare che si chiamano arancine perché la forma tonda e dorata ricorda l'arancia, quindi si dice arancina e non arancino (almeno fino a quando non darete all'ottima preparazione la forma di un albero)". Tutto fila liscio, catanesi e messinesi non ce ne vogliano: forma e colore sono quelle del frutto dell'arancio che in italiano si chiama 'arancia', dunque il nome corretto è 'arancina'. Questa la seconda strada che possiamo percorrere. È la "teoria dell'origine", l'abbiamo voluta chiamare così perché deriva dall'etimo della parola.

Adesso è arrivato il momento di toccare con mano, o meglio, con i denti e andare al bar a chiedere - senza paura di sbagliare - una bella arancina. Ma, proprio quando crediamo di aver risolto l'arcano, il dizionario ci contraddice. Abbiamo consultato due dizionari di siciliano: il Mortillaro e il Traina, entrambi del diciannovesimo secolo. Tutti e due riportano il termine 'arancinu', nome che dunque i nostri antenati usavano per indicare quella palla di riso fritta tanto appetitosa. In italiano diverrebbe dunque 'arancino'.
In realtà però il nostro dialetto non fa distinzione tra il frutto e l'albero, indicando entrambi col termine 'aranciu'. 'Arancinu' sta quindi per "aranciu nicu", cioè "piccola arancia", ovvero 'arancina'.

È interessante notare, tuttavia, che in nessuno dei dizionari della lingua italiana consultati sia presente il termine 'arancina' ma solo il suo corrispettivo maschile. È soprattutto curioso constatare che nello Zingarelli il secondo significato di 'arancio' è il frutto agrumato. Di conseguenza alla voce 'arancino' troviamo anche "piccola arancia".

Insomma, tirando le somme potremmo dire che, al di là di quanto scrivano i dizionari, la traduzione più esatta sarebbe 'arancina' mentre in siciliano 'arancinu' è il termine migliore. Ciononostante non crocifiggiamo chi si ostina a nominarlo 'arancino', perché anche l'italiano, come abbiamo visto, fa confusione tra il frutto e l'albero. 

Sebbene adesso ne possiamo avere una visione speriamo più chiara, sembra comunque che il nodo gordiano sia impossibile da sciogliere e sia destinato a rimanere confinato eternamente in quel luogo insondabile dove risiedono i grandi misteri dell'umanità... e della lingua italiana.

Ecco perchè, ancora incerti sulla corretta pronuncia da utilizzare, ho pensato di fare due chiacchere coi rosticceri palermitani. Il risultato non sembra sciogliere il dubbio ma chiarisce almeno la conoscenza sulle origini di quella prelibata palla di riso. 


L'impresa di trovare una risposta convincente sembra diventare più ardua ad ogni chilometro percorso e quasi esulto quando ci imbattiamo in un'insegna pubblicitaria che porta scritto "Von Arancïnen". In tedesco? Questa ci mancava, meglio entrare e chiedere ulteriori spiegazioni, magari qualcuno ne sa più di noi.
Dopo i saluti rituali con un tanto maccheronico quanto saccente "Guten tag" scopriamo che di teutonico, dentro quel locale, c'è ben poco. Il cartello è solo una trovata commerciale che fa riferimento ai mondiali di calcio in Germania. "L'arancina rappresenta un pallone calciato in rete - spiega il signor Antonino del Bar Ciro's di via Notarbartolo - per quanto riguarda il termine scelto - continua - si tratta di un tedesco maccheronico che ricorda le Sturmtruppen di Bonvi". Antonino comunque non si esime dal rispondere al quesito e ci spiega che "si chiama arancina perché ha la forma del frutto". 

Dello stesso parere è Alessandro del Bar Alba che, forte di decenni di esperienza nel settore, esclude ogni dubbio e afferma con certezza che "il termine esatto è arancina, mentre fuori dalla Sicilia la chiamano supplì". Gli fa eco il proprietario del Bar Massaro di via Ernesto Basile che afferma con orgoglio che "aldilà del nome giusto o sbagliato, le nostre arancine sono le migliori della Sicilia".

In fondo a corso Vittorio Emanuele incontro poi una simpatica statuina di circa un metro e mezzo indicante la rosticceria di "Totò u vastiddaru" che vanta un fortunato passato da ambulante. "Non ci sono discussioni, si chiamano arancine".

Non poteva mancare all'appello il Bar Touring, che il 13 settembre del 1997 per il peso record delle sue arancine (280 grammi) si è guadagnato un articolo sul Giornale di Sicilia titolato: "L'arancina-bomba", con la 'a'. La proprietaria ci invita a parlare con l''esperto', Salvo, il banconista, che ci svela alcuni particolari della storia dell'antico manicaretto. "È stata inventata dagli arabi, era una palla di riso che noi siciliani, notoriamente golosi, abbiamo condito in modo appetitoso". Riguardo alla nostra indagine ci illustra la sua personale teoria: "L'arancina, che facciamo qui a Palermo, ha il ripieno di carne e piselli, mentre a Catania, dove la chiamano arancino, al posto dei piselli c'è la mozzarella".

Dulcis in fundo, a gettarci nuovamente nel caos quando credevamo di avere intravisto un barlume di luce, ci pensa il Bar Santoro di piazza Indipendenza che, a sorpresa, reca scritto sul banco della rosticceria 'arancini'. Incuriosita chiedo spiegazioni. "Scusa se te lo dico - mi chiede a sua volta il banconista - ma con tutti i problemi che ci sono nel mondo proprio a questo vai a pensare?"... e come dagli torto!?!?!



Per dare una soluzione definitiva ai cocenti dubbi non è rimasto allora che chiedere aiuto allo storico palermitano Gaetano Basile, direttore della rivista "Il Pitrè", esperto di tradizioni popolari e cucina siciliana, che dopo aver fatto un excursus storico, ha affrontato il problema linguistico risalendo alle origini etimologiche del termine.

Per adesso non definiamo il genere, ma limitiamoci alla pietanza. Quando nasce e come è fatta?
"Si tratta di un piatto della cucina araba, fatto di riso profumato di zafferano arricchito di verdure, odori e di pezzetti di carne. Normalmente veniva servito al centro della tavola in un unico vassoio e, come era consuetudine anche dei nostri contadini, ognuno per mangiarne allungava le mani. Un giorno per renderlo da asporto gli arabi ne fecero una palla simile ad una arancia, che impanata e fritta acquistò consistenza, tanto da resistere al trasporto. Inoltre parliamo di una vivanda che non va a male rapidamente e si mangia a temperatura ambiente".
In origine era ripiena di ragù come oggi?
"Era fatta solo di riso, a quel tempo il pomodoro doveva ancora arrivare dall'America. I primi acquisti della nobiltà siciliana di pomodoro sono datati 1852. Da quella data l'ortaggio diventò un affare entrando a pieno titolo nella cucina siciliana, tanto da poter parlare di un "processo di pomodorizzazione". Infine diventò uno degli ingredienti principali del ripieno dell’arancina, ma non aveva nulla a che fare con il piatto originale".

Quindi c’era la carne ma senza pomodoro?
"Alle origini non c’era un vero e proprio 'dentro' da essere riempito. L’idea del ripieno nacque parecchio tempo dopo. Una volta ad una festa ho fatto assaggiare alla gente l’arancina primitiva che fu trovata deliziosa anche se mancava il ripieno".

Oggi tra la Sicilia occidentale e la regione orientale dell'Isola c’è differenza nella forma o nel condimento?
"Sostanzialmente no. Anche se qualcuno per risparmiare sullo zafferano, soprattutto nel Messinese e in provincia di Catania, usa il sugo del pomodoro per colorare il riso. In questo modo l’arancina assume una colorazione e un sapore leggermente diverso. Per quanto riguarda le dimensioni, non esiste una misura standard, normalmente le arancine dovrebbe pesare 200 grammi (fanno eccezione quelle del Bar Touring di Palermo che sono di 280 grammi), ma a onor del vero non è che esista una regola culinaria che ne indichi il peso".

Bene, passiamo al nòcciolo dell'intervista. 
Si chiama arancina o arancino?
"Anche se qualcuno è ancora convinto del contrario si chiama arancina. Si tratta di una palla di riso con la forma e il peso dell'arancia, quindi arancina. Se si fosse scelto il termine arancino avrebbe avuto la forma dell’arancio (l’albero) o di un ramo. L’Accademia della Crusca è stata molto chiara in proposito: il frutto va al femminile, mentre l’albero da cui ha origine va al maschile. Il pero dà la pera, il melo dà la mela, l’arancio quindi l’arancia".

Ma consultando i maggiori dizionari italiani, abbiamo scoperto che il termine corretto sembra essere arancino? 
"Ne sono al corrente, ma è comunque un errore".

Ma come mai diventa arancino, soprattutto nella regione orientale dell’Isola?
"Alcuni col termine arancino non indicano l’arancina di cui stiamo discutendo, ma quella a forma di pigna, che non si chiama arancino ma supplì. La storia di questo manicaretto è un’altra. Fu inventato dai cuochi delle grandi casate per rendere più appetibile il riso ai rampolli nobiliari che si rifiutavano di mangiarlo. Nasce dal famoso dolce che si chiama “la fava del re”, un cake che si cucina per l’Epifania dove veniva nascosta una fava secca, in seguito d’avorio, d'oro o d’argento, mentre oggi è di ceramica. Il bambino che trovava nella sua fetta la fava diventava re per un giorno. Insomma una specie di arancina con la sorpresa, questa sorpresa, surprise, da noi diventò ‘u supplì".

Ma si può dire che l’arancina è nata a Palermo o comunque nella Sicilia occidentale?
"Di questo non possiamo essere certi, è un piatto che è nato in Sicilia nel periodo saraceno, quindi che l'inventore si chiamasse Giuseppe o Pasqualino o che provenisse da Catania o Agrigento piuttosto che da Palermo ci è impossibile determinarlo. Era una pietanza popolare, e in quanto tale non possiede un unico creatore".

Sul Traina, un dizionario siciliano edito a Palermo nel 1860, troviamo arancinu. Come si spiega? 
"Preciso che il migliore dizionario siciliano è quello di Vincenzo Mortillaro, che insegnò semiologia della lingua italiana all’Università di Bologna ai tempi in cui era rettore Carducci. Qui troviamo arancinu. A quell’epoca infatti non si era chiarito che il frutto andava al femminile mentre l’albero al maschile. A questo linguaggio ottocentesco comunque bisogna fare sempre molta attenzione. Ad esempio se cerchiamo il termine 'melanzana' non lo troviamo perché a quel tempo si chiamava petronciana".


Ecco dunque che l'arcano non poteva essere svelato meglio di così. L'aiuto "scientifico" di un cultore della lingua siciliana e della nostra storia regionale chiarisce ogni possibile dubbio.
Non siate dunque timidi di fronte ad amici aldiquà e aldilà dello stretto. La palla di riso ripiena ha un genere ben definito, ed è quello femminile!!

sabato 10 novembre 2012

La vulva perfetta: mito o folclore?


"L'altra notte l'ho portata su, per compassione, e indovina un po' cosa aveva combinato quella troia svanita? Se l'era rasata... nemmeno più un pelo sopra! Hai mai avuto una donna che s'è rasata la fregna? E' repellente, no? E anche buffo. Come dire? pazzesco. Non sembra nemmeno fregna: pare un'ostrica morta, o roba del genere. [..] E mi racconta come fu che, incuriosito, scese dal letto, e andò a cercare la lampadina a pila. [..] Gliela facevo tenere aperta, e ci mandavo sopra la luce. Avresti dovuto vedermi... era comico. Mi ci misi con tanto impegno che mi ero completamente scordato di lei. In vita mia non ho guardato una fica con tanta serietà. Quasi che non ne avessi mai vista un'altra prima. E quanto più la guardavo, tanto meno mi diventava interessante. Basti questo a dimostrarti che non c'è proprio dentro nulla, specialmente quando l'hai rasata. E' il pelo che te la rende misteriosa. Ecco perché una statua ti lascia freddo. Solo una volta ho visto una fica vera in statua - era di Rodin. Vai a vederla una volta o l'altra... tiene le gambe spalancate... non credo che avesse la testa. Fica e basta, come si suol dire. Gesù, era orrenda. Il fatto è che sembrano tutte eguali. Quando le vedi coi vestiti addosso ti immagini chissà cosa; gli dai, come dire? una personalità, che naturalmente non hanno. Ha un cretto fra le gambe, e basta, e tu ti monti, per quel cretto, e invece poi non lo guardi. Sai che c'è e pensi solo a metterci dentro il piolo; par quasi che sia il pene a pensare in vece tua. E' una illusione! T'infiammi tutto per niente... per un cretto col pelo sopra, o magari senza pelo. E' così completamente privo di senso che provavo una specie di fascino a guardarlo. Credo di averlo studiato per dieci minuti, anche di più. Tutto questo mistero del sesso, e poi ti accorgi che è nulla, un vuoto e basta. Non sarebbe divertente trovarci dentro un'armonica... oppure un calendario? Invece non c'è nulla... nulla di nulla. E' schifoso. Io quasi ci diventavo matto... Senti sai cosa ho fatto dopo? L'ho scopata alla svelta e poi ho voltato la schiena. Sì, ho preso un libro e mi son messo a leggere. Da un libro si ricava qualcosa, anche da un brutto libro... ma da una fica, è proprio tempo perso..."
Con queste parole da "Tropico del Cancro" di Henry Miller, preannuncio che non sarà un post come i precedenti. Oggi mi sono voluta spingere ben più in là, affrontando un argomento che attanaglia le menti di molti, per quanto negazionisti. Esiste forse la vulva perfetta???
Vi pongo questa domanda perchè, leggendo un articolo del tutto bizzarro sulla chirurgia plastica della vagina, mi sono resa conto che una risposta ufficiale non è stata ancora data e probabilmente non esiste neanche. E' uno di quegli argomenti che vengono tirati fuori ad hoc per crearvi un business attorno. Rimane a noi poveri umani però di gentire la patata bollente. Ahaha, scusate il giro di parole!!!
Ho letto infatti che una tipa si sarebbe sottoposta ad un’operazione di chirurgia estetica nelle parti intime con lo scopo di avere una "vagina perfetta". Si, proprio così "una vagina perfetta". Immaginatevi la mia faccia a forma di punto interrogativo quando ho letto la cosa. 
Per carità non hanno iniziato ieri a parlare di chirurgia estetica dei genitali. Chi non ha mai sentito parlare di sbiancamento dell'ano, o di ricostruzione dell'imene o peggio ancora di iniezioni dell'imene per ispessire il punto G al fine di aumentare (dicono) il piacere sensoriale durante il rapporto sessuale? 
Eppure, sebbene non mi fossero nuove simili circenserie, davanti alla “vagina perfetta” rimango confusa. Forse perché,  ingenuamente, pensavo che una delle cose belle della vagina fosse proprio la capacità di essere libera di apparire "alla come viene". Esattamente come accade per il pene. Ecco, sottolineo "ingenuamente", perchè poi a riflettere più approfonditamente mi viene in mente che in fondo non tutti i peni sono fatti per essere guardati. Per cui mi sorge il dubbio che lo stesso valga per la nostra misteriosa amica. Il che implica, ed è questa la cosa che più mi lascia perplessa, che ci sia un modello a cui aspirare
L'esperto di chirurgia dei genitali Jamal Sahli affermava infatti che la mitologica vulva perfetta fosse quella dotata di "colorito roseo, pelle elastica, buon odore, nessuna ruga e pochi peli". 
Ma cos'è un organo sessuale o un bambino appena nato?? Bisognerebbe fare attenzione a che tipo di definizioni si danno, per quanto una accurata igiene personale e una "manutenzione" non siano necessariamente mostri da evitare. Anzi. 
Tuttavia, date le menti deboli che pervadono il mondo, oggi come in passato e purtroppo come in futuro, per la spasmodica ricerca di questo fantomatico santo graal vaginale, sempre più donne sono pronte a sottoporsi ad operazioni assurde "perchè non si sentono perfette", come se la perfezione esistesse davvero. 
Ma quando lo capiremo che il bello di ciascuno di noi è proprio l'insieme di tutte le nostre cosiddette imperfezioni?? 
Sull’argomento un fantastico documentario inglese del 2008 intitolato per l’appunto, The perfect vagina, affronta questo crescente fenomeno di chirurgia estetica in un modo fresco e diretto. L'autrice Lisa Rogers, mettendosi in gioco in prima persona, per venirne a capo interroga gli amici e la madre, incontra donne che si vogliono operare, chirurghi estetici e un artista che realizza opere con il calco della vulva di donne normali (vedi foto sopra). Si sottopone a tutte le esperienze fino a ricreare un gruppo di autocoscienza femminile in cui ci si osserva reciprocamente tra le cosce.  Segue perfino in sala operatoria una ragazza che si opera perché "insicura", e indovinate un po' quale sia l'idea finale dell'intero percorso??? Che ogni vagina è diversa e va bene così!!!