sabato 25 giugno 2011

Piccolo, brutto e cattivo. (in questo post non si fà cenno alla statura del Ministro Brunetta)

Di tutta la vicenda Brunetta vs Precari della pubblica amministrazione colpisce non tanto il diverbio in sé, quanto la replica videofilmata del ministro.
In apposite maniche di camicia, Brunetta lancia un proclama autodefinito di controinformazione che nemmeno la buonanima di Osama bin Laden avrebbe avuto il coraggio di realizzare. Risulta persino convincente, in certi momenti.
Esiste solo un problema: la realtà. E il fatto che della realtà esistano immagini filmate che sono di pubblico dominio.
Brunetta afferma di aver detto “siete la parte peggiore del paese” dopo essere stato spintonato. E invece lo dice subito, appena la donna che stava per fargli una domanda inizia a presentarsi. Brunetta parla di spintoni, e gli unici a prendere spintoni sono i suoi interlocutori.
Sarebbe questione da liquidare come puerile (Hanno cominciato loro, signora maestra), se non fosse che un intero Paese, un Paese con altri gravi problemi, invece si occupa di una tale ridicoleria.
E poi c’è un sintomo importante: non è la prima volta che la televisione smentisce la versione ministeriale della realtà. Successe anche a La Russa, quando si lamentò dei calci di un giornalista che lui aveva scalciato.
Anche lì furono le immagini televisive a ritorcersi contro la parte politica che aveva fatto della televisione il fondamento delle proprie fortune. Anche questo è un segnale.

martedì 21 giugno 2011

Riflessioni in movimento

Che io fossi una famelica di telefilm, chi mi conosce anche solo da lontano, lo sa molto bene. Fosse possibile, trasformerei questa mia passione in mestiere perché è una attività che mi rende, come la lettura, capace di "immergermi" nel circostante o di allontanarmene a dismisura quando ho bisogno di una "fuga".
Una delle mie ultime scoperte è "Being Erica", un telefilm di madre canadese dai risvolti inaspettati. Personaggio chiave della serie è Erica Strange trentenne single, con una carriera universitaria brillante ed una lavorativa che rasenta il fondo, che vive un presente opaco, che non sa immaginarsi un roseo futuro e neppure cicatrizzare le ferite del passato. Improvvisamente però diventa la paziente perfetta per una terapia che le sconvolgerà la vita. Viaggi nel tempo, per rivivere e cambiare tutti quei momenti ed errori che per Erica rappresentano un scoglio duro da superare: affrontare il passato per comprendere il presente e costruirsi un futuro migliore.
Esuberante e dall'anima fricchettona, Erica Strange diventa il riflesso di tutte le ragazze della porta accanto, di quelle ragazze che hanno ferite che non lasciano sanguinare, che conservano un sogno nel cassetto ma non si ritengono all’altezza per concretizzarlo, che talvolta parlano troppo e talvolta troppo poco, e che in fondo sperano d’incontrare un Dottor Tom che le aiuti a tirare le fila della loro vita perché «dal passato puoi scappare, oppure imparare qualcosa.»
Stamane, proprio guardando uno degli episodi, uno degli aforismi del Dottor Tom mi ha colpito e fatto riflettere. C.S Lewis diceva: la frase con cui di solito comincia un’amicizia è qualcosa del genere: “Come? Anche tu? Credevo di essere l’unica...”.
Ho realizzato che in fondo l'amicizia è – ma non lo dico in senso peggiorativo – il meno naturale degli affetti naturali, il meno istintivo, il meno organico, il meno biologico, il meno indispensabile perché quando due persone diventano amiche è come se si allontanassero, insieme, dal gregge. Eppure questa qualità, per così dire, "innaturale" è l'unica tra tutti gli affetti, a sembrare capace di innalzare l’uomo a livello degli dei, o degli angeli...
Niente è più lontano dall’amicizia di una passione amorosa. Gli innamorati si interrogano continuamente sul loro amore; gli amici non parlano quasi mai della loro amicizia.
Gli innamorati stanno quasi tutto il tempo, fianco a fianco, assorti in qualche interesse comune. Ma soprattutto, l’eros (finché dura) lega necessariamente due sole persone. Il due invece, lungi dall’essere il numero distintivo dell’amicizia, non è nemmeno il più congeniale a questo tipo di legame...
In ciascuno dei miei amici c’è qualcosa che solo un altro amico sa mettere pienamente in luce...
Da ciò consegue che l’amicizia è il meno geloso degli affetti (quando è sincera). Due amici sono ben lieti che a loro se ne unisca un terzo, e tre, che a loro se ne unisca un quarto, a patto che il nuovo venuto abbia le carte in regola per essere un vero amico. In questo senso, l’amicizia rivela una piacevole “vicinanza per somiglianza”, accresce il godimento che ciascuno ha di se stesso.
L’amicizia nasce dal semplice cameratismo quando due o più compagni scoprono di avere un’idea, un interesse o anche soltanto un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ciascuno di loro considerava un suo esclusivo tesoro (fardello).
E mi è chiaro adesso che il marchio della perfetta amicizia non è il fatto di essere pronti a prestare aiuto nel momento del bisogno (anche se questo si verificherà puntualmente), ma il fatto che, una volta dato questo aiuto, nulla cambia.
L’amicizia, quella vera, non è mai inquisitrice perché in essa ci incontriamo come sovrani di stati indipendenti, fuori del nostro paese, su di un terreno neutrale, svincolati dal nostro contesto...
Da ciò deriva il carattere squisitamente arbitrario e l’irresponsabilità di questo affetto. Non ho il dovere di essere amico verso nessuno, e nessuno ha il dovere di esserlo nei miei confronti. L’amicizia in quanto tale è superflua, pertanto quando due o più persone finiscono col rimanerne, tramite d'essa, legate quel legame è ancora più significativo.